Un percorso di pace non può prescindere dal disarmo, inteso non in senso restrittivo di “non utilizzo dell’armamentario bellico”, ma esteso anche al non acquisto e alla non produzione di oggetti offendenti la vita e la dignità dell’uomo. Le armi, infatti, creano lutti e divisioni spesso insanabili anche quando non vengono usate direttamente per uccidere. Inoltre, un approfondito studio americano ha evidenziato quanto la pace non solo sia eticamente giusta ma anche economicamente conveniente. I risultati della ricerca statunitense sono sorprendenti: per ogni milione di dollari investiti nel settore militare si creano infatti solo 8 posti di lavoro, mentre se si investe in costruzioni e strutture se ne hanno 11, in tecnologie rinnovabili 12, in cure sanitarie 14 e in educazione pubblica ben 15, vale a dire quasi il doppio. È evidente che dietro alle scelte di finanziare la corsa agli armamenti non ci siano esclusivamente motivazioni economiche, ma le forti spinte delle lobby capitanate dai potentissimi “signori della guerra”, interessati solo al proprio profitto e ciechi alle reali necessità della gente comune. Sarebbe invece opportuno, come suggerito da don Oreste Benzi e dalla Comunità Papa Giovanni XXIII da lui fondata, istituire nel Governo la figura di “Ministro della Pace”, vale a dire una persona realmente motivata e preparata che lavori affinché la pace risulti, quanto prima, tra i diritti fondamentali dell’uomo e che promuova un modello di difesa basato sulla non-violenza, investimenti da destinare al servizio civile e l’istituzione dei corpi civili di pace italiani ed europei.
L’arma della diplomazia, del perdono, della rinuncia all’uso della forza sono i principali strumenti per conseguire stabili risultati. Lo ha ribadito Papa Francesco dal balcone di Piazza san Pietro di fronte ai recenti e drammatici episodi di rivolta in Ucraina tra parte della cittadinanza e i poteri politici locali, scontri che hanno già provocato la fuga del Presidente e centinaia di morti. Il Santo Padre ha auspicato che si sviluppi un dialogo costruttivo tra le istituzioni e la collettività e, “evitando ogni ricorso ad azioni violente, prevalgano nel cuore di ciascuno lo spirito di pace e la ricerca del bene comune”. Solo una società basata su una pace duratura può infatti definirsi veramente progredita e rispondente ai reali bisogni dell’uomo; la pace non può essere considerata solo il traguardo di un lungo e faticoso cammino verso il benessere sociale, ma il presupposto affinché tale ricchezza possa realizzarsi e concretamente arrivare a tutti.
Don Aldo Bonaiuto
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