“Proviamo a ricominciare a stare insieme”. È realtà. Non dice non è successo nulla, dice proviamo. Chi parla è Patrizia Silvestri la moglie di Massimo Maravalle, l’informatico di 48 anni che “in preda a un delirio paranoide e persecutorio” la notte tra il 17 e il 18 luglio dell’anno scorso, a Pescara, soffocò il figlio adottivo di 5 anni e cercò di ammazzare la moglie.
Patrizia dice: quando è successo non era mio marito, ma non azzera. Non dice “non è successo nulla”. Dice, si riparte da dove si sta. Con un uomo che sta sotto farmaci e che ha compiuto un atto gravissimo. Ma quell’uomo non è quel fatto.
Credo che quello che sto raccontando sia l’unico modo possibile e vero di perdonare. Esiste solo un perdono: quello che fa ricominciare sperando.
Non è perdono se si dimentica tutto: quella è rimozione. Si forma una cisti e stai peggio di prima, senza nemmeno sapere perché. Come se in una stanza piena di chiodi si stesse a piedi nudi e si decidesse di spegnere la luce per soffrire di meno.
Non è perdono se ricominci “come prima”. Non ce la farai perché le cose che fanno male cambiano sia le persone che le loro relazioni e tu, dopo quella cosa, sei cambiato, sei cambiata. Perdonare, per rimanere nella metafora, è sapere di essere in una stanza piena di chiodi ma accendere le luci e camminare mettendosi le scarpe.
Patrizia sa bene cosa è successo, chiama i fatti con il loro nome e ricomincia. A provarci. A riprovarci insieme. Cioè si ricomincia non partendo dal via come nel gioco dell’Oca, ma ripartendo “da qui”. E qui, dopo che hai ammazzato nostro figlio e tentato di ammazzare me, non è come prima. E puoi solo provarci, cioè sperarci.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L‘Huffingtonpost