La nostra gente. Il nostro popolo

Li lasciano morire di fame senza tendere una mano. Un giorno, due, dieci. Alla fine questa gente sbaglia. Non ne hanno il diritto. Nessuno ha mai il diritto di fare male a un altro. Però la fame è fame e non vuol saper ragioni. E i figli che piangono fanno tanta rabbia e tenerezza. Un piccolo cuore in petto lo abbiamo tutti. Anche i disoccupati. Anche i licenziati. Anche chi, da mesi, non può più permettersi il lusso di pagare il fitto. Essere sfrattati: un incubo. E poi? Finire sotto i ponti? Chiedere l’elemosina? Andare a rubare? Che cosa fare? Qualcuno dovrà pur rispondere a queste domande elementari e fondamentali. Che deve fare chi oggi un uomo che non può portare il pane a casa? Tanti sbagliano. Imboccano strade senza uscite. Rubano. E vengono presi con le mani nel sacco, perché non lo sanno fare. Non lo hanno fatto mai. Ladri occasionali. Ladri di polli, si diceva un tempo. Naturalmente non vanno a rapinare banche, ma persone fragili e indifese. E per questo sembrano ancora più cattivi e senza cuore. Frodare una vecchietta, rapinare una coppietta, portare via l ‘auto a un giovane che non ha finito ancora di pagarla è deprimente. Ma lo fanno. La guerra dei poveri è sempre la più triste delle guerre. Soffrono tutti. Le vittime e i carnefici. Soffre la società che non riesce più a mettere al sicuro i cittadini. La rabbia avanza. Così come la sete di giustizia e, in tanti, di vendetta. Il cuore si fa duro. Stiamo un po’ tutti indurendo il cuore. Si diventa diffidenti e, qualche volta, indifferenti. È venuto l’altro giorno in chiesa: “ Padre, sono stato operato di cancro al cervello qualche anno fa. Percepisco una pensione di nemmeno 300 euro. Sembrava di aver vinto la battaglia, l’ultima risonanza magnetica è stata una mazzata in testa. Il lupo è ritornato. Ricomincia il calvario e io non ho la forza di affrontarlo. Sono venuto a presentarti mia moglie. Abbiamo dei figlioli a casa. Padre, domani mi ricovero, ti prego, a loro pensaci tu…”.

Se fossero solamente due, tre, dieci famiglie da accudire ce la potrei fare. Il numero, purtroppo, è veramente alto. Non vogliono morire. Non vogliono finire in galera. Non vogliono scoraggiare i figli. Non vogliono perdere la dignità.

Che debbono fare? Qualche ricchissimo rampollo di una importantissima famiglia italiana in questi giorni ha detto – cito a memoria – che i nostri giovani non vogliono lavorare perché preferiscono rimanere a casa. Che tristezza queste analisi superficiali, inutili e stupide. Almeno si avesse il pudore di tacere. Perché lo fanno? Da noi c’è un detto che dice: “ Chi è sazio non crede a chi sta digiuno”. È vero. Chi è sazio, invece, ha il dovere di tendere la mano a chi non mangia. Il Papa ce lo sta dicendo in tutti i modi in questo periodo. La scena politica di questi ultimi giorni fa sperare alcuni e scoraggiare altri. Che cosa succederà è ancora tutta da vedere. Le parole di chi ci governa non sempre trovano riscontro. Non sempre si onora la parola data. L’Italia vive un momento di crisi terribile. La famiglia rimane l’ultimo baluardo a cui aggrapparsi. Occorre fermarsi e chiedersi seriamente che cosa si vuol fare di tanti giovani. Luisa e Mario aspettano un bambino. Si è affacciato alla vita senza preavviso. Loro vorrebbero accoglierlo, ma la paura è tanta. Il loro ragionamento non fa una grinza: “ Padre, se non abbiamo di che mangiare oggi, come faremo con il nuovo nato?”. Unica soluzione che intravvedono: l’aborto. Gli aborti dei poveri. Tanto diversi dagli aborti dei ricchi. Figli visti come un lusso. “ Non c’era posto per loro nell’albergo”, dice il vangelo di Giuseppe e Maria. Non c’è più posto per i figli dei poveri nella nostra società? Occorre un cambiamento. Una vera conversione. Conversione del cuore e conversione politica. Conversione individuale e conversione collettiva. Sabato mattina a un convegno sulla “ terra dei fuochi” un professionista, pensoso, si chiedeva come fanno certuni a bruciare rifiuti tossici per soli 50 euro. Eppure la risposta c’era. Era proprio a portata di mano. Tanto semplice e tanto triste. Chi ha fame è disposto a tutto. Andiamo incontro a questi nuovi poveri. Aiutiamoli a superare questo terribile fossato. Ridiamo loro un minimo di speranza. Alla fine ci avremo guadagnati tutti. Padre Maurizio PATRICIELLO

 

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