La correzione fraterna spesso è un modo soltanto per far emergere noi stessi a scapito degli altri, dicendo loro una verità che è sì verità; ma il modo con il quale la diciamo è una morte e una pietra che poniamo sull’altro a piedestallo delle nostre affermazioni, e quindi di noi stessi.
Gesù dice che bisogna misurare con la misura con la quale misuriamo noi stessi: cominciamo a misurare il giudizio che daremo agli altri partendo con noi stessi, su di noi: allora, il giudizio sarà una vera correzione fraterna e un valido aiuto…prima di tutto per noi, e poi anche per il prossimo.
Partire dalla “trave” che giace a ostacolo nel rapporto con l’altro e anche con Dio, per poter togliere gli ostacoli e le “pagliuzze” dagli occhi degli altri.
Il giudizio sull’altro deve avere lo stile della vita, e non invece quello della morte.
Spesso invece noi giudichiamo l’altro per mortificarlo, per farlo morire moralmente, per essere noi potenti a tutto campo e su ogni realtà.
Questo stile però giudica anche noi come “ipocriti”.
Se uno fa il male, è giudicato come colui che fa il male.
Se uno fa il bene, appare giudicato come facente il bene.
NON E’ LA CORREZIONE FRATERNA A GIUDICARE, MA LO STILE.
di Don Luciano Sanvito