Sorpresa alla notte degli Oscar 2020. A Los Angeles, a dispetto della maggior parte dei pronostici, è stato incoronato come miglior film “Parasite” del sudcoreano Bong Joon-ho, già Palma d’oro a Cannes. Il film ha vinto la statuetta anche come miglior film straniero e miglior regia. Migliori attori protagonisti Joaquin Phoenix e Renee Zellweger, attori non protagonisti Brad Pitt e Laura Dern.
E’ davvero un Oscar storico quello conquistato da “Parasite” come miglior film. Per la prima volta, infatti, un film in lingua non inglese conquista la statuetta più importante di Hollywood, quella per il miglior film, nei 92 anni di storia del premio assegnato dall’Academy. L’opera del sudcoreano Bong Joon-ho porta a casa in totale quattro Oscar
, aggiungendo a quelli per la regia e per il miglior film anche quello per la miglior sceneggiatura originale.
Tra l’altro in questa vittoria c’è anche un pezzetto di Italia, dal momento che nella colonna sonora del film c’è “In ginocchio da te” di Gianni Morandi, che infatti faceva il tifo per il film sudcoreano.
Renee Zellweger con il ruolo di Judy Garland in “Judy” di Rupert Goold ha portato a casa il secondo Oscar della carriera, dopo quello ottenuto per “Ritorno a Cold Mountain”. Si è detta “orgogliosa di aver potuto celebrare Judy Garland. Sono i migliori di noi a ispirarci, donne e uomini coraggiosi, eroi non sempre celebrati”, ha detto. “Judy non ha ricevuto questo onore – ha aggiunto guardando la statuetta dell’Academy stretta tra le mani – e sono sicura che questo momento e’ un’estensione della sua eredità, un modo per celebrare unicità ed eccezionalità che sono ciò che ci ha lasciato e che va al di là di ogni singolo successo”.
Discorso più politico invece per Joaquin Phoenix, premiato per “Joker“. “Dobbiamo lottare contro l’idea che una razza, un’idea sia dominante rispetto a qualcuno impunemente – ha affermato -. Il dono più grande che mi ha dato il cinema è quello di poter dare voce a chi voce non ce l’ha. E’ arrivato il momento di iniziare a farci portavoce di altre cause”. L’attore ha ammesso di aver “fatto cose brutte nella vita, sono stato egoista, cattivo e crudele. Un collega difficile con cui lavorare. Molti di voi qui seduti in platea mi hanno dato una seconda possibilità – ha concluso -, ed è lì che viene il meglio dell’umanità”. Prima di lasciare il palco accompagnato da una standing ovation, ha citato una frase del fratello quando aveva 17 anni: “corri verso il rifugio con amore e la pace seguirà”.
IL BILANCIO DEI FAVORITI – Nel bilancio finale: due statuette per Quentin Tarantino e “C’era una volta a… Hollywood” che aveva 10 nomination e due su 11 per “Joker” di Todd Phillips. A “1917”, il favorito della vigilia, sono andati due premi tecnici (sonoro ed effetti speciali) e la miglior fotografia di Roger Deakins. Fuori dai premi, nonostante le 10 candidature, “The Irishman” di Martin Scorsese: il regista è stato citato più volte dai premiati, in particolare dal regista sudcoreano.
GLI ALTRI PREMIATI – Elton John ha vinto per la miglior canzone originale di “Rocketman”, Jacqueline Durran per i costumi di “Piccole Donne”, il film di Greta Gerwig snobbato alle nomination per la miglior regia.
DONNE E GENDER GAP – Sullo sfondo durante tutta la cerimonia il tema delle donne e del gender gap ad Hollywood. Sigourney Weaver con Brie Larson e Gal Gadot hanno parlato delle “donne super eroine, in questa serata in particolare. Dopo lo show facciamo un Fight Club, tutti gli uomini sono invitati: chi perde deve rispondere alle domande dei giornalisti su come si sente una donna ad Hollywood”, presentando la prima donna direttrice d’orchestra in 92 anni di Notte degli Oscar: Eimear Noone. A vincere per la colonna sonora e’ stata giusto appunto una donna: l’islandese Hildur Guonadottir per Joker. Per lei standig ovation dalla platea: “abbiamo bisogno di far sentire la nostra voce” ha detto rivolta alle donne.
NETFLIX – Nonostante le 24 candidature, Netflix ha incassato una delusione: oltre alla Dern, il colosso dello streaming ha vinto con il documentario “American Factory” prodotto da Michelle e Barack Obama (in italiano “Made in Usa – Una fabbrica in Ohio”). Il film è il primo sfornato da Higher Ground, la societa’ dell’ex presidente e della moglie che
si sono congratulati con i registi “per aver raccontato una storia cosi’ complessa e commovente sulle conseguenze molto umane del difficile cambiamento economica”.
Credito: TgCom24
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