Non c’è futuro senza passato. “Amatrice non ha una piazza dalla fine del 1.400. Lo Stato Pontificio la sconfisse e impose il divieto di avere un luogo d’assembramento. Noi ripartiremo da lì, dalla piazza al centro del paese, sotto la Torre Campanaria. Sarà quella la nostra rinascita”.
Il borgo che sorgerà al posto della cittadina simbolo del terremoto del 24 agosto per ora è solo un plastico in scala 1/100 che vedrà la luce a fine settembre: ma l’idea della nuova Amatrice sta già prendendo forma e sostanza.
Ci lavora da mesi Filippo Palombini, il tecnico dell’ufficio urbanistica del Comune al quale il sindaco Sergio Pirozzi ha dato l’incarico di immaginare quel che sarà, con una premessa: “questa deve diventare una smartcity, con le più moderne tecnologie. Ma non deve dimenticare cosa era”. E cosa era, Amatrice? “Ripartiamo dalla pianta urbanistica medievale – spiega Palombini – che ruotava attorno a tre ordini di frati: San Francesco, Sant’Agostino e Sant’Egidio, che prima del terremoto era il Museo Civico. Al centro di questo triangolo c’era la Torre Campanaria, che si trova sulla direttiva principale della cosiddetta ‘graticola’, tre strade che tagliavano il paese per tutta la lunghezza e a loro volta si intersecavano con una serie di altre strade più piccole. E questo sarà l’impianto che seguiremo per ricostruire”.
Un progetto definitivo ancora non c’è e il plastico servirà proprio a quello. “Abbiamo di fatto ricostruito l’intero borgo di Amatrice, con tutti gli edifici e gli immobili storici. Ma ognuno di questi potrà essere tolto e sostituito con una nuova costruzione, una scelta che ci consentirà non solo di immaginare ma anche di ‘vedere’ la nuova città”.
Quel che però è già certo, sono i criteri con cui si andranno a sostituire gli edifici: niente più palazzi di 3 o più piani, come ad esempio era l’edificio proprio di fronte alla Torre Campanaria; niente più abitazioni che non rispettano quella che era l’impostazione originaria del borgo. “Ricostruiremo – conferma Palombini – come era prima della guerra, delocalizzando tutto quello che non ci doveva stare e che invece è stato costruito dopo il 1930”.
Il primo edificio a ‘saltare’ sarà proprio quello del Comune, al posto del quale sorgerà la piazza che lo Stato Pontificio negò oltre 500 anni fa. E poi si procederà con palazzi di due piani al massimo e il recupero delle mura e dei bastioni costruiti dai francesi. “Non ci saranno simboli di morte – dicono sia Palombini sia Pirozzi – cercheremo di recuperare quel che sarà possibile degli immobili storici, ma non faremo copie né lasceremo macerie”. Quanto tutto questo sarà realtà, è un altro discorso. Dal momento in cui il plastico sarà pronto, ci vorranno almeno due anni per la progettazione. E almeno il doppio per la realizzazione.
Ma prima di tutto bisognerà togliere la gigantesca distesa di macerie che è ormai il vecchio centro di Amatrice: non solo quelle prodotte dal terremoto ma anche quelle delle altre epoche, su cui erano stati costruiti gli edifici crollati. Perché solo così si potrà fare uno studio accurato del suolo e ricostruire senza temere una nuova apocalisse.
Fonte www.ansa.it
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