Contro il volere dei genitori dell’adolescente, una «procedura collegiale» ha messo fine alla respirazione artificiale. E alla sua vita. La ragazza era in coma da un anno
Esisteva una speranza di vederla ancora sorridere un giorno? I genitori di Inès, 14 anni, continueranno a chiederselo. Contro il loro volere, una «procedura medica collegiale», a Nancy, nell’Est francese, ha deciso di staccare la respirazione artificiale alla ragazza, in coma da un anno, provocandone la morte. Tutti respinti i ricorsi dei genitori, giunti fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Inès soffriva di una miastenia autoimmune che indeboliva i suoi tessuti muscolari. Il 22 giugno dell’anno scorso, a casa, era stata vittima di un arresto cardiaco.
Il cuore aveva ripreso a battere, ma la ragazza era rimasta in uno stato d’incoscienza. Ricoverata nel servizio di rianimazione pediatrica dell’Ospedale di Nancy, rimaneva in vita grazie a un respiratore automatico. Un mese dopo il ricovero, i medici avevano chiesto l’applicazione della legge sul fine vita del 2016 (Claeys-Leonetti), di fronte ad una «possibilità di miglioramento quasi nulla» e considerando la situazione come un caso di «ostinazione non ragionevole» delle cure, ovvero di accanimento terapeutico.
Nel quadro dei successivi ricorsi giudiziari presentati dai genitori, una perizia medica condotta lo scorso novembre aveva escluso la possibilità di un recupero di una vita relazionale.
Ma in una Francia che riflette collettivamente sulla questione del fine vita, in vista dell’imminente revisione obbligatoria della legislazione bioetica, il caso di Inès interroga ancora una volta l’opinione pubblica, ponendo la questione specifica dei limiti del potere ospedaliero nel caso di minorenni i cui genitori non vogliono chiudere le porte alla speranza.
Intanto, si attende un nuovo giudizio del Tribunale amministrativo di Châlons-en-Champagne per eventuali nuovi test medici su Vincent Lambert, il paziente tetraplegico 41enne ricoverato in stato di coscienza minima a Reims, dopo un incidente stradale giunto nel 2008. Vincent respira autonomamente, ma viene alimentato e idratato da un sondino. È anche questo un «accanimento terapeutico»? Il caso spacca il Paese. Alla battaglia dei genitori, si sono uniti numerosi specialisti, personalità della cultura e gli oltre 100mila firmatari di una petizione su Internet (www.jesoutiensvincent.com).
Fonte: Avvenire on line