Si celebra oggi la seconda Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Un’iniziativa fortemente voluta da papa Francesco e promossa alle Unioni dei Superiori e delle Superiore Generali che quest’anno si inserisce nell’ambito delle celebrazioni del «Giubileo della Misericordia per la liberazione degli schiavi di oggi».
Un tema particolarmente caro a Francesco che, in diverse occasioni, ha denunciato il traffico di esseri umani definendolo crimine contro l’umanità: «Un’attività ignobile e una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio», aveva dichiarato nell’agosto 2013. Anche la data scelta per questa ricorrenza è stata scelta con particolare attenzione. L’8 febbraio infatti si festeggia santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese liberata e divenuta successivamente religiosa canossiana, canonizzata nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II.
Ragazze nigeriane, albanesi e romene costrette a vendersi. Donne asiatiche schiavizzate nelle case di ricchi libanesi. Uomini costretti ai lavori forzati nei cantieri edili dei Paesi del Golfo. Uomini e donne che spariscono nel nulla per alimentare il mercato clandestino di organi.
Sono numerosi e diversi i volti della tratta di esseri umani. Così tanti che è molto difficile avere dati precisi: l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e l’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) calcolano che le vittime di tratta siano circa 21 milioni di persone. Una moderna schiavitù che – sempre secondo le stime più accreditate – muove un giro d’affari pari a 32 miliardi di dollari l’anno. Le vittime sono soprattutto donne e bambini (il 70% del totale). Lo sfruttamento a fini sessuali resta la principale causa di trafficking a livello globale (coinvolge circa il 53% delle vittime) ma negli ultimi anni è cresciuta in maniera significativa la tratta ai fini di sfruttamento lavorativo (40%). Inoltre, evidenzia l’Unodc, sempre più spesso le vittime sono bambini che rappresentano circa un terzo di tutte le vittime di tratta che vengono individuate. Tra queste, due su tre sono di sesso femminile».
PER APPROFONDIRE
I Santi di oggi – 8 Febbraio Santa Giuseppina Bakhita
L’Europa rappresenta una delle mete privilegiate per il traffico di esseri umani, soprattutto per quanto riguarda le giovani donne, destinate al mercato del sesso a pagamento. Di nuovo, è difficile avere dati attendibili sulle reali dimensioni del fenomeno, che resta in buona parte sommerso. Ma il più recente rapporto dell’Unione Europea parla di oltre 9.500 vittime di tratta accertate nel 2010, di cui il 15% rappresentato da minori.
L’Italia, in questo fosco scenario, rappresenta uno dei principali Paesi di destinazione e di transito. Secondo le stime dell’associazione “Slaves no more”, nel nostro Paese ci sarebbero tra le 50 e le 70mila donne vittime di tratta per lo sfruttamento sessuale. «Oltre la metà nigeriane e moltissime le minorenni», denuncia l’associazione. Ma lungo le strade e negli appartamenti di tante città italiane ci sono anche migliaia di giovani donne romene, albanesi, moldave e cinesi. A preoccupare gli osservatori, negli ultimi mesi, è il significativo aumento di giovani donne nigeriane. «A partire da settembre, abbiamo iniziato a notare un numero sempre crescente di nigeriane per le strade», spiega Lisa Bertini, operatrice della Cooperativa CAT di Firenze. «Dal 2010 a oggi le nigeriane a Milano sono praticamente raddoppiate. Nel 2015 è stata un’escalation. E sono sempre più giovani», aggiunge suor Claudia Biondi di Caritas Ambrosiana.
Un incremento significativo che si lega a doppio filo con gli sbarchi di profughi sulle coste italiane. I trafficanti nigeriani, infatti, usano i barconi in partenza dalla Libia come “vettore” per far giungere in Italia le loro vittime. Che prima di finire in strada transitano per i centri di accoglienza dei profughi e – in molti casi – presentano anche richiesta d’asilo.
Un fenomeno esploso nel 2015, come evidenzia l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) con un dettagliato report: nel corso del 2015 sono arrivate in Italia 5.633 donne nigeriane, mentre nel 2014 erano state in tutto 1.454 e solo poco più di 400 nel 2013. Sulle loro spalle gravano debiti esorbitanti (tra i 30 e i 50mila euro) che le incatenano ragazze alle maman, le loro sfruttatrici.
Ma non tutte le ragazze restano in Italia: le medie e grandi città come Roma, Bologna, Napoli, Palermo e Catania restano le mete privilegiate. «Ultimamente però alcune donne hanno dichiarato di dover raggiungere dei connazionali in Francia, Spagna, Austria e Germania. Segno che anche la tratta intra-europea è in grande crescita», denuncia l’Oim.
di Redazione Papaboys fonte Avvenire on line
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