La piccola Elisa morta di leucemia a 6 anni. La mamma: «Dolore incolmabile, ma la sento vicina ogni giorno»
Sabina ha una voce di quelle che s’immagina il volto, gli occhi, i lineamenti. Parla con un accento che vagamente ti accorgi che non è italiano, parla piano ma quando inizia ad aprire il suo cuore è un fiume in piena. Forse perché negli ultimi anni non ha avuto neppure il tempo di pensare a qualcosa da dire, troppo impegnata a stare vicino alla sua bambina: Sabina Ursuleac è la mamma di Elisa, la piccola di quasi 6 anni malata di una grave forma di leucemia la cui storia ha fatto il giro del mondo, letteralmente.
Elisa è venuta a mancare lo scorso aprile dopo due trapianti finiti male. Oggi 5 settembre, Sabina, che vive a Pordenone col suo compagno e papà di Elisa, Fabio, compie 46 anni: gli ultimi 4 li ha passati al capezzale di sua figlia, di cui 3 in una stanza dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. E ha deciso per la prima volta di raccontare, per quanto possibile, quei mesi tanto duri e quel dolore ancora così devastante.
Una madre non dovrebbe sopravvivere ad un figlio. A lei è successo, dopo aver visto soffrire tanto Elisa: come sta adesso?
Non ho una risposta, perché si sta malissimo, non si vive ma si sopravvive a questo dolore. Faccio del mio meglio per riuscire a sentirla vicino con l’illusione di non averla persa. Per quattro anni ho allattato Elisa e non ho ancora perso il latte, e questo è devastante. Io la sento, Elisa, di sera, di notte, il suo profumo, la sua testolina sulla mia spalla. Mi da suoi segnali ogni giorno, in un una coccinella, una farfalla. Io sento rumori e parlo con lei la sento vicino. Vado sempre dalla mia cucciola al cimitero, per portarle i fiori… Questo mi dà la forza.
Si dice che l’istinto materno sappia capire più di qualunque analisi o esame: come ha capito che c’era qualcosa che non andava in Elisa?
Beh, all’inizio tutti mi dicevano che lei stava bene e io ero depressa, perché vedevo qualcosa che non c’era ma io sapevo che non era così. Prima ancora della malattia, ad Elisa è stato diagnosticato un problema del cuore, il cutilungo che regola l’impulso cuore-cervello. E’ asintomatica ma con un rischio di morte improvviso, la cosiddetta morte bianca. Io l’ho scoperto perché lei aveva sincopi già a 3 mesi e piccole crisi epilettiche. Da lì abbiamo scoperto poi che c’era altro. Purtroppo, a distanza di 4 anni, devo dire che all’epoca non avemmo supporto dall’ospedale Civile di Podernone, dove io lavoravo come infermiera e da cui sono tutt’ora in malattia. Poi per fortuna qualcuno ha iniziato a darmi ascolto… Io sono in malattia perché non ho camminato né dormito per 4 anni, ho ora problemi di salute. Dormivo poco, ero sempre sveglia. Avevo il congedo per 2 anni, poi tante amiche e colleghe mi hanno dato le ferie solidali. Colleghi che mi hanno voluto tanto bene, anche nel 2019. Sono stata molto fortunata. Ho avuto il sostegno di tutti, anche di chi inizialmente non mi aveva creduta. Psicologicamente non sono in grado di tornare a fare l’infermiera.
Per anni è stata accanto a sua figlia, “in silenzio”, mentre era il suo compagno, Fabio, a lanciare appelli per sensibilizzare tutti alla tipizzazione con l’obiettivo di trovare un donatore il più compatibile possibile per Elisa e a smuovere davvero il Mondo, con la pagina Facebook Pardini Fabio per Elisa.Che cosa vorrebbe dire adesso che non ha mai detto?
Io non ho avuto nemmeno il tempo di parlare, la mia attenzione era in ogni momento solo su di lei. Solo su Elisa. Non mi dedicavo a nulla altro. Io sono molto fiera di Fabio che mi ha sostenuta e capita. Lui nonostante la sua comunicazione così forte all’esterno, è molto sensibile, Elisa è stata molto male ma aveva capito che non doveva stare male davanti a lui, e lei lo sapeva e mi diceva: “Mamma quello che è successo a noi, teniamolo tra noi, quando sto male io o tu o siamo stanche, non lo diciamo perché papà non ce la fa. Gli uomini non sono così grandi ma noi siamo più forti”, mi diceva, “abbi fiducia in te, in me e noi stesse. Io non ho paura di niente, questa battaglia la vinco io”, mi ripeteva. Elisa aveva solo 5 anni ma era così forte… Come in ogni luogo, purtroppo non tutti avevano la stessa sensibilità ma ci sono state persone che per noi erano diventate di famiglia, come Stefania una volontaria che ci ha fatto conoscere un altro medico volontario, dentista, Enrico Cembran che ci è stato molto vicino in questa crescita personale grazie alla tecnica della visualizzazione della malattia…
Di cosa si tratta?
Beh, dove non potevamo essere fisicamente perché costrette in un a stanza di ospedale, ci arrivavamo con la mente: ci immaginavamo altrove, al mare, con un lenzuolo azzurro e giallo, ed Elisa sentiva il profumo dell’acqua e le onde e la sabbia. Sentiva tutto solo con il pensiero, rivivendo cose che aveva vissuto, per quel poco che lei aveva vissuto. Tanti medici che ci hanno sostenuto, come la dottoressa Raffaella Bloise, di Pavia che è stata la persona che ci ha tanto aiutato prima ancora che sapessi che Elisa avesse la leucemia.
di Nunzia Marciano per Leggo.
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