Un grande miracolo della scienza per una piccola guerriera. A Layla Richards, bimba di un anno malata di leucemia era stato detto che non c’era più nessuna speranza. Oggi, grazie a una terapia genica di frontiera prima sperimentata solo sui topi, Layla è viva, sorride in braccio a mamma e papà e non presenta più tracce del tumore del sangue che le era stato diagnosticato all’età di 3 mesi.
Il caso, primo al mondo, è stato annunciato dai medici del Great Ormond Street Hospital di Londra e sarà descritto al prossimo meeting della Società americana di ematologia (Ash), in programma dal 5 all’8 dicembre a Orlando, in Florida.
La terapia è stata utilizzata grazie alla collaborazione della compagnia biotecnologica Cellectis. La metodica dell’etiding genetico, che utilizza ‘forbici molecolari’ per modificare il Dna, è stata usata sulle cellule di un donatore sano per produrre linfociti T ‘ogm’ , geneticamente modificati per uccidere solo ed esclusivamente le cellule leucemiche e per essere ‘invisibili’ alle pesanti terapie somministrate al paziente, nonché alle sue difese immunitarie. Le cellule disegnate su misura sono state iniettate a Layla, poi sottoposta a un secondo trapianto di midollo (ne aveva già subito uno dopo che la chemioterapia iniziale era fallita) per permettere al suo organismo di riformare un sistema immunitario.
Benché sia troppo presto per definire la piccola “guarita dal cancro”, la sua ripresa viene considerata “quasi miracolosa”. “Un grande, grande passo avanti”, dichiara Paul Veys dell’ospedale londinese.
Quando Layla è nata, nel giugno 2014, sembrava tutto a posto. La piccola stava bene, ma 14 settimane dopo è cominciato l’incubo, raccontano i genitori alla stampa britannica: la mamma ha notato che il suo cuore batteva più forte, Layla piangeva sempre, si nutriva a fatica. Pochi giorni dopo, l’esito di un esame del sangue ha dato un nome al nemico da combattere: leucemia linfoblastica acuta, tumore del sangue che nella forma pediatrica, grazie ai progressi della medicina, è diventato guaribile almeno nell’85% dei casi. Ma Layla non era fra questi. La sua malattia era aggressiva e la situazione per lei è precipitata, fino a quando i medici non hanno avuto più opzioni da proporre ai genitori, se non le cure palliative per accompagnarla alla morte.
Ed è a questo punto che è scattata la voglia di non arrendersi. Il papà Ashleigh e la mamma Lisa, entrambi 30enni, hanno deciso di dire sì a “qualcosa di nuovo”. Layla “era così debole e sofferente. Dovevamo agire. Certo era spaventoso pensare che il trattamento non fosse mai stato utilizzato sull’uomo – ricorda Ashleigh – ma ho deciso di assumermi il rischio”. Un atto di forza che ha innescato una serie di fortunate coincidenze: l’ospedale stava infatti già producendo le cellule di Cellectis in vista di un trial clinico. “Le avevamo nei nostri freezer”, spiega Waseem Qasim, uno dei medici che ha trattato Layla.
Dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie per una terapia mai testata sull’uomo, è cominciato il trattamento. “Abbiamo pregato che funzionasse”, racconta Ashleigh. Poche settimane dopo la mamma di Layla era davanti alla scuola della figlia maggiore Reya, quando le arriva la telefonata del marito. “Mi ha detto: ‘Ha funzionato’. E ho pianto lacrime di gioia”, confessa. I medici, pur usando parole entusiaste per descrivere il caso, sono cauti. Veys precisa: “Siamo in uno stato meraviglioso rispetto a come eravamo 5 mesi fa, e anche solo questo è un grande passo, ma non significa ancora cura. L’unico modo per scoprire se lo è davvero, è aspettare 1-2 anni”.
Redazione Papaboys (Fonte www.ilmattino.it)
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