Un miracolo, un colpo di fortuna insieme alla determinazione dei poliziotti dell’ufficio minori della questura di Agrigento che da quindici giorni cercano di individuare un qualsiasi familiare della piccola Oumoh, la bimba ivoriana di quattro anni giunta da sola a Lampedusa a bordo di una motovedetta della Guardia costiera intervenuta dopo un naufragio nel Canale di Sicilia.
Oumoh rivedrà presto la sua mamma, la giovane donna che l’aveva portata via dalla Costa d’Avorio per sottrarla alla terribile pratica dell’infibulazione. Zanabou Camara, 31 anni, questo il nome della mamma della piccola Oumuh, sta bene ed è a Tunisi e aspetta di sapere come e quando potrà riabbracciare la sua piccola che aveva affidato ad un’amica della sorella senza più averne notizia.
A ridare ad Oumoh la sua mamma è stata un’altra bambina, Nassade, 8 anni del Mali, giunta a Lampedusa venerdi scorso insieme a sua madre e al fratellino di sole tre settimane con un altro gruppo di profughi. Per un incredibile caso, mentre si trovava nell’ufficio della direttrice del centro di Lampedusa, Marilena Cefalà, Nassade ha visto la foto di Oumoh che in quel centro aveva passato i primi drammatici giorni dopo il suo arrivo solitario a Lampedusa. “Oumoh”, ha esclamato la bambina riconoscendola in foto e facendo saltare per aria la direttrice del centro, anche lei impegnata da giorni nel tentativo di capire con chi potesse essere arrivata la piccola ivoriana. Quando ha chiesto alla madre di Nassade se conoscesse la bimba ritratta in foto, incredibilmente la donna ha detto di ricordare il nome della madre ( che aveva conosciuto in un centro di raccolta in Tunisia) e di avere anche il suo numero di telefono. Al quale ancora più incredibilmente Zanabou ha subito risposto.
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Quando l’interprete ha spiegato alla donna che la piccola Oumoh era viva ed era a Palermo in una comunità per minori, la giovane ivoriana è scoppiata in un pianto dirotto e ha raccontato per sommi capi la loro incredibile storia. Madre e figlia erano fuggite da casa in Costa d’Avorio diverse settimane fa perché i familiari intendevano sottoporre la bambina all’infibulazione, pratica tradizionalmente diffusa in quel paese, e avevano faticosamente raggiunto la Tunisia insieme ad un’amica della sorella maggiore di Zanabou. Dopo aver trovato una sistemazione, la ragazza aveva deciso di tornare in Costa d’Avorio per prendere tutti i suoi averi e trasferirsi definitivamente in Tunisia e aveva affidato la piccola Oumoh all’amica.
Al suo paese, però, Zanabou sarebbe stata aggredita e trattenuta dai familiari, che pretendevano che riportasse la bambina a casa e che si adeguasse agli usi del paese. Nel frattempo, però, l’amica rimasta a Tunisi aveva trovato il modo di partire per l’Italia e a quel punto, non potendo abbandonare Oumoh, ha deciso di portarla con sé. Quando, dopo il naufragio nel Canale di Sicilia, la piccola fortunatamente sopravvissuta, è finita in mani sicure, la donna se n’è disinteressata. Da qui il giallo sul viaggio solitario della piccola. Nel frattempo Zanabou, tornata a Tunisi, non aveva più avuto notizie né dell’amica né della figlia.
Ieri, quando ha parlato con l’ispettore Maria Volpe che per tre giorni si era presa cura della bambina a Lampedusa e l’aveva poi consegnata, su decisione del tribunale dei minori, ad una comunità di Palermo, Zanabou non credeva alle sue orecchie. Adesso i canali diplomatici di Italia e Tunisia si sono già attivati per consentire il ricongiungimento di madre e figlia dopo che, naturalmente, l’esame del Dna avrà dato esito positivo.
Redazione Papaboys (Fonte palermo.repubblica.it/FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI)
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