“La Francia ha conosciuto ieri ciò che noi in Siria viviamo da 5 anni”
Bashar al-Assad
Son queste le parole con cui il presidente siriano, ricevendo una delegazione guidata dal parlamento francese Thierry Mariani, ha commentato gli attentati di Parigi. I siriani stanno fronteggiando da cinque anni l’assalto sanguinario di quegli integralisti islamici che, in varia misura, vengono supportati da Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Israele, Stati Uniti e Francia. E, ora, dopo aver scatenato l’inferno ed essersi sporcati le mani di sangue, taluni di quegli Stati che hanno contribuito a sostenere i terroristi nel Levante si trovano a dichiarare lo stato di emergenza. L’escamotage, che alcuni strateghi da tavolino hanno utilizzato per appoggiare i terroristi, è stato quello di dipingerli “ribelli moderati” che combattono per ristabilire i diritti umani in Siria; un trucco semantico per ottenere il consenso di un pubblico occidentale sempre più volontariamente ignorante e apatico.
Nel 2012, il presidente socialista Francois Hollande è stato tra coloro che maggiormente hanno sostenuto i “ribello moderati” che volevano scalzare Bashar al-Assad dalla presidenza siriana. In quel frangente, durante la riconquista da parte dell’Esercito di Damasco della città di Ab Amr, nel distretto di Homs, i militari siriani, una volta entrati nel santuario dei tagliagole, scoprirono che insieme ai ribelli jihadisti vi erano anche ufficiali francesi, dell’Arabia Saudita e del Qatar.
Nel 2013, Francia e Gran Bretagna fecero sforzi straordinari affinché l’Unione Europea togliesse un (presunto) embargo sulle armi da far giungere ai combattenti sul fronte siriano. Lo sforzo venne coronato e le armi arrivarono copiose ai terroristi che, in questo modo, hanno potuto prolungare le stragi di civili fino ad oggi. Nel corso dello stesso anno, la coalizione alleata, di cui era partecipe la Francia, propose di attaccare Damasco per l’uso di armi chimiche da parte delle truppe di Assad. Oggi, gli Organismi Internazionali attribuiscono unanimemente ai “ribelli moderati” l’utilizzo di tali armi. Ricordiamoci che l’intervento armato venne scongiurato solo grazie al veto della Russia, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Oggi nessuno può dire “non sapevamo”. Tutti hanno i mezzi per sapere che dietro queste orde di tagliagole, che scorrazzano in Siria e Iraq, vi è, da lungo tempo, l’Arabia Saudita e la Turchia di Erdogan attraverso copiosi finanziamenti. Proprio il giorno prima della strage di Parigi, il premier Renzi era in Arabia Saudita a ossequiare i satrapi di quel Regno feudale che è tra i massimi sponsor del terrorismo internazionale.
Che moralità vi è in tutto questo? Quale lungimiranza vi è in questo tipo di politica?
La malafede dei paesi occidentali si è manifestata pienamente quando la Russia ha deciso di intervenire militarmente, per sradicare la presenza jihadista in Siria. Invece di sostenere tale sforzo è iniziata un’opera incessante di denigrazione.
Chi e come ha espresso il proprio cordoglio per la morte di 224 passeggeri a seguito dell’esplosione dell’Airbus russo sui cieli del Sinai? Quale tipo di enfasi giornalistica è stata data all’attentato di Beirut della settimana scorsa ove hanno perso la vita 41 persone? Solo menefreghismo e disprezzo per le vittime.
Il sangue versato nelle strade di Parigi è utilizzato dalla propaganda bellica per spronare un intervento militare in Siria e Iraq, contro gli stessi “ribelli” foraggiati fino al giorno prima, oppure per introdurre una sorta di “patriot Act” in versione europea per limitare le libertà dei cittadini.
Una politica palesemente schizofrenica e suicida. Le classi dirigenti dell’Occidente si credono molto abili in questa spregiudicata politica del doppio gioco, ma si rischia di rimanere vittime del proprio bluff. Il tempo stringe e occorre che si ponga fine al più presto a questa tragica sceneggiata che lascia dietro di sé fin troppi morti.
Roma brucia! Il problema non è chi ci ha portato a questo. Questa classe politica è irrecuperabile. Il problema ora siamo noi. Tutti che non facciamo niente e cerchiamo di rimanere ai margini delle fiamme. (di Severis)