Si può vivere la malattia senza autocommiserazione, rendendo il dolore un grande maestro di vita e abbattendo tutte le barriere che relegano il malato in un ruolo passivo ai margini della società? Assolutamente sì.
Basta entrare in contatto con Antonella Ferrari, una vera forza della natura, una prova vivente di come caparbietà, attaccamento ai valori della famiglia e un’incrollabile fede cristiana possano trasformare la disgrazia in grazia, la sofferenza e le avversità in un’opportunità di crescita morale e spirituale.
«L’amore mi ha permesso di vivere pienamente, nonostante il male che mi ha colpito», afferma con un sorriso contagioso Antonella. «L’amore della mia famiglia innanzitutto, che per me è stato ed è tuttora un punto di riferimento inalienabile. E poi il dono della fede, che mi ha permesso di non sentirmi mai sola. Non ho mai chiesto a Dio come mai proprio a me, perché probabilmente c’è un disegno. Ho accolto questo disegno con grande dolore, ma anche come un segno, e il salto di qualità nella mia fede è avvenuto quando ho iniziato a pregare dicendo “Sia fatta non la mia ma la tua volontà!”».
«Omnia vincit amor», scriveva il poeta latino Virgilio. E «l’amore vince ogni cosa» sembra proprio essere il motto e il filo conduttore della vita di questa attrice e scrittrice milanese che, sin da bambina, ha dovuto gestire due forze opposte e contrarie. Da un lato il talento artistico, che l’ha portata a studiare danza, recitazione e a raggiungere successi teatrali e televisivi (ha fatto parte del cast di fiction come Centovetrine, La squadra e Un matrimonio). Dall’altro un assiduo, subdolo nemico sempre pronto ad attaccarla a tradimento: la malattia, per troppi anni inafferrabile, definita «ndd», ovvero di «natura da determinare». Un’infermità che le ha fatto vivere una via crucis di analisi ed esami dolorosi e reiterati (tac, elettromiografia, rachicentesi), ricoveri inutili, sintomi inquietanti (cistite emorragica, rigidità muscolare, diplopia, scosse alla schiena, contrazioni, tremolio) per poi sentirsi dire: «Lei è stressata».
Ci sono voluti vent’anni per arrivare a individuarla e a diagnosticarla: «Malattia demielinizzante ad andamento a ricadute e remissioni». La sentenza in due parole è brutale: sclerosi multipla. Ma la reazione della Ferrari è totalmente spiazzante: «Ero felice! Ero talmente stufa di questo male anonimo e di girovagare dai medici da sentirmi sollevata dalla diagnosi, perché finalmente conoscevo il nome del mio nemico e potevo iniziare a combatterlo».
E, in effetti, Antonella non solo respinge ogni forma di sconforto e vittimismo, ma riprende a lavorare, creare, vivere con ancora più gioia e pienezza, lottando contro ogni forma di discriminazione e rifiutando tutti i pregiudizi legati alla disabilità.
«Chi l’ha detto», esclama con briosa schiettezza, «che la persona disabile debba essere sciatta, triste, introversa e arrabbiata, e non possa essere invece sorridente, elegante e seducente?».
ENTUSIASTA DELLA VITA
Insomma: una ventata di energia positiva, non frutto di incoscienza ma di assoluta consapevolezza di chi non ringrazia, ovviamente, la malattia, ma alla luce della nuova situazione rivede le proprie priorità: «Ho fatto una bella pulizia nei miei armadi di vita», conferma Antonella Ferrari, «e ora sono rimaste le cose essenziali, tanti orpelli li ho buttati via».
Una parola indubbiamente caratterizza l’attrice milanese: «Entusiasmo», secondo il bellissimo significato etimologico di «Dio dentro di sé». Una spiritualità innegabile, che traspare dallo spettacolo Più forte del destino – tra camici e paillette la mia lotta alla sclerosi multipla (adattamento teatrale del suo libro, pubblicato da Mondadori e diventato un successo editoriale).
Sul palcoscenico la si vede passare con agilità dal registro brillante a quello drammatico, ballare con le sue stampelle leggiadramente variopinte, incantare e commuovere la platea con racconti autobiografici del suo calvario, che però non è mai stato inferno, bensì preludio di continue rinascite.
L’entusiasmo caratterizza anche il suo impegno sociale come ambasciatrice dell’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla). Con pari entusiasmo rievoca il suo tenero incontro con papa Francesco, il 3 aprile 2014: «Gli ho raccontato che lo avevo sognato la notte prima; guardavamo insieme la partita della mia squadra del cuore, l’Inter. Lui si è divertito molto. Gli ho chiesto preghiere per avere un figlio e lui mi ha detto di pregare san Ramon. Poi mi ha dato una benedizione speciale. Quanto è dolce questo Papa!»
Sempre con fervore, infine, ci saluta Antonella Ferrari, che ci tiene a incoraggiare chi come lei convive con questa malattia: «Anche con la sclerosi multipla si possono coronare i propri sogni, si può costruire una famiglia, si può diventare dei bravi professionisti. La sclerosi multipla non ti annienta se tu non glielo permetti. Quindi il consiglio che do sempre ai ragazzi giovani neodiagnosticati è di non lasciare che la malattia diventi protagonista della tua vita, perché il protagonista sei tu».
Testo di Michele Sciancalepore
Fonte www.credere.it