Vi proponiamo questa bellissima lettera di un carcerato al direttore di Avvenire; parole cariche di fede, speranza e riscatto grazie anche ai gesti e alle parole del Santo Padre Francesco.
Caro direttore,
mi chiamo Mario, ho 30 anni e ho trascorso quasi metà della mia vita in una prigione. Ho vissuto le sbarre della mia cella in svariati modi, dapprima le ho odiate come il più acerrimo dei nemici, poi col tempo le ho apprezzate perché mi hanno protetto da me stesso, infine le ho accettate come parte della mia esistenza. Sbarre che sembrano saldate direttamente sulle mie retine e che mi costringono ad avere persino ricordi anch’essi reclusi. Eppure, per quanto negli ultimi anni la mia fervida immaginazione si potesse sforzare, mai avrei pensato alla porta della mia cella come a una “porta santa”.
IL DIRETTORE RISPONDE:
E io, caro amico, porterò con me anche le sue parole mentre continuerò a cercare luoghi, volti, orecchie e voci per provare a vivere compiutamente questo Anno Santo straordinario che già s’annuncia. L’indizione, prima, e le modalità del Giubileo della Misericordia, poi, hanno sorpreso anche me come un dono inatteso eppure provvidenziale in questo tempo comune e in questa fase della mia propria vita, nella quale “doveri” e “tentazioni” (figli direttamente o indirettamente del lavoro che faccio) si sono moltiplicati e approfonditi, inducendomi a esami di coscienza quotidiani. Ma subito dopo ho sentito con chiarezza che questo Giubileo, nel cuore e nei giorni di tantissimi, me compreso, era in realtà cominciato il 13 marzo 2013, quando Francesco si è messo in cammino “davanti, in mezzo e dietro al gregge” e ci ha consegnato il nome che si era dato per servire da Vescovo di Roma. E però avevamo bisogno di sentircelo dire che, nel nome di Gesù Cristo, il tempo della misericordia è pienamente possibile proprio ora, proprio qui, e anche in situazioni inimmaginabili. Lei ha saputo dirlo con bella forza.
Grazie.
Marco Tarquinio
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it)
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Mi viene da piangere!!!!! ?????????