Entra in Duomo, consegna una donazione di 90 mila euro per il Fondo famiglia e lavoro della curia e sparisce. Non si sa praticamente nulla dell’anonimo benefattore, ma da giorni, tra arcivescovado e dintorni, il racconto dell’episodio si perpetua, arricchendosi di particolari veri o presunti, di sfumature più o meno verificate.
Di sicuro si sa che tutto quanto è accaduto lunedì scorso. Un uomo entra in Duomo, percorre l’intera navata mescolato a turisti e fedeli, e si dirige verso la sacrestia. Evidentemente sa muoversi, all’interno della cattedrale e sa a chi rivolgersi. Nella penombra, infatti, individua l’arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo. Lo ferma, lo saluta e poi gli consegna una busta. «La faccia avere al cardinale Scola» dice. E lo ripete, vuole essere sicuro che sarà consegnata proprio all’arcivescovo di Milano. Questione di pochi secondi. Quindi si allontana sussurrando qualcosa come «sono soldi miei» e lasciando nelle mani di monsignor Borgonovo una busta spiegazzata, palesemente riciclata, di quelle con la finestrella trasparente che permette di leggere il destinatario, ma senza alcuna scritta. Bianca e anonima.
La sacrestia del Duomo e gli uffici dell’arcivescovado sono separati soltanto dalla larghezza di via Cardinale Martini e collegati anche attraverso un passaggio sotterraneo. Questione di pochi minuti e, in effetti, la missiva consegnata dallo sconosciuto viene recapitata a monsignor Luciano Capra, segretario del cardinale Scola. È poi l’arcivescovo in persona ad aprire la busta e a fare la sorprendente scoperta: all’interno non c’è alcuna lettera, soltanto un assegno circolare da 90 mila euro. Non c’è il nome del donatore ma c’è quello del destinatario: il Fondo famiglia e lavoro, istituito per dare un aiuto alle famiglie in difficoltà. «La nostra gente è generosa», esclama a caldo il cardinale ancora con l’assegno in mano. Chiede notizie sul misterioso benefattore, ma non ci sono che pochi frammenti di racconto. Di certo c’è soltanto che quei 90 mila euro alimenteranno il Fondo che in poco più di un anno ha raggiunto una dotazione di 2.094.000 euro. Un milione di contributo dalla Fondazione Cariplo, 200 mila euro donati dalla diocesi attingendo ai fondi dell’ 8 per mille, il resto dalle donazioni dei privati cittadini e delle parrocchie.
In questa terza fase di vita è stato ribattezzato «Diamo lavoro», proprio perché punta sul sostegno all’inserimento lavorativo di chi si trova in difficoltà economiche. È stata allestita una rete di 67 sportelli – distribuiti presso le parrocchie – e gruppi di lavoro che coinvolgono consulenti del lavoro e rappresentanti delle imprese partner per costruire le proposte di tirocinio più adatta al profilo di chi chiede aiuto. E da maggio sono partiti i primi quattro inserimenti al lavoro. Si tratta di una donna tunisina di 46 anni in tirocinio per tre mesi in un’azienda di Milano, una donna italiana di 45 anni di Vimercate in prova per tre mesi in un’impresa di Arcore come addetta alla segreteria. E poi di due giovani senza lavoro, entrambi con un padre disoccupato: un ragazzo di 18 anni, in tirocinio per 6 mesi in uno stabilimento metalmeccanico di Castiglione Olona (Varese), e un ventenne di origine albanese in tirocinio per 3 mesi prorogabili di altri 3 in una multinazionale chimica di Bollate come addetto alle pulizie.
«Già nella seconda fase avevamo dedicato i due terzi delle risorse raccolte per finanziare le misure dell’area lavoro, sostenendo ad esempio la ricerca attiva, corsi di formazione professionale, tirocini – spiega Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana e segretario del Fondo famiglia lavoro -. Con questa terza fase investiamo tutti i nostri sforzi sulla ricollocazione. In questo modo il Fondo diventerà uno strumento più preciso e quindi ci auguriamo anche più efficace. Ovviamente non lasceremo indietro chi non avrà i requisiti per accedervi. Tutti potranno continuare a contare sull’aiuto garantito dai centri di ascolto, dai servizi, dalle strutture di accoglienza di Caritas Ambrosiana».
Fonte milano.corriere.it
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