Una bellissima e poco conosciuta orazione a San Giuseppe..
Giuseppe, buono come il pane, noi desideriamo più un club privato per soli vip che una tavolata ospitale per tutti; la nostra lampada alogena, più che “il sole che sorge sopra i buoni e i cattivi – la nostra acqua stagnante piuttosto che – la pioggia che bagna il campo dei giusti e degli ingiusti” (Mt 5,45).
Donaci dunque di imparare da te come si segue il Figlio di Dio e come si servono i Fratelli; o, meglio, come si serve il Figlio di Dio nei fratelli e i Fratelli nel Figlio di Dio.
Aiutaci a comprendere che il nostro habitat naturale non è la disuguaglianza; che il campo di grano è comune e c’è cibo, vita e salute per tutti, se esso non diventa il luogo in cui arraffare più degli altri.
Quante volte tu, Giuseppe, hai compiuto il gesto di spezzare il pane con le mani.
Quante volte avrai detto ai convitati alla tua mensa: “Prendete e mangiatene tutti!”.
Da te educato alla condivisione, il gesto più rivoluzionario del “tuo” Gesù è stato quello di entrare nelle case di tutti (sani e malati, farisei e pubblicani, giusti e peccatori) per banchettare insieme.
Da te formato alla dura fatica per guadagnarsi il pane, non ha inventato niente di nuovo, quando nella preghiera proposta ai suoi discepoli, ha inserito l’invocazione: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Carissimo Giuseppe, uomo buono come il pane, i nostri figli respirano un clima di guerriglia permanente.
Non vengono istruiti alla beatitudine del dono di sé, ma alla tranquillità della cozza chiusa in se stessa e attaccata allo scoglio, o – peggio – al cinismo dello squalo che sembra navigare indifferente alla ricerca della preda migliore.
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Invece di vivere soli al cospetto del mondo intero, aiutaci tu a vivere in compagnia con i vicini e pochi amici.
Aiutaci tu a ripensare radicalmente il nostro stile di vita perché, mentre una volta le lotte erano per avere un tozzo di pane, oggi gli oggetti dei desideri sono innumerevoli.
Giuseppe, uomo buono come il pane, aiuta tutti noi, malati dell’apparire, a rinnamorarci dei rapporti veri, dei silenzi pieni, degli sguardi che accarezzano, di parole non urlate, di speranza indomabile che viene dall’amore, di una preghiera che ha l’odore della casa, di una paziente misericordia per la fragilità, di autentica passione per il dramma di chi il pane non ce l’ha.
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