VATICAN NEWS
Francesco presiede la Messa a Casa Santa Marta nel giovedì della III settimana di Pasqua. Nell’introduzione ha rivolto il suo pensiero alle vittime del nuovo coronavirus:
Preghiamo oggi per i defunti, coloro che sono morti per la pandemia; e anche in modo speciale per i defunti – diciamo così – anonimi: abbiamo visto le fotografie delle fosse comuni. Tanti …
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Nell’omelia, il Papa commenta il passo odierno degli Atti degli Apostoli (At 8, 26-40) che racconta l’incontro di Filippo con un etíope eunùco, funzionario di Candàce, desideroso di comprendere chi fosse quanto descritto dal profeta Isaìa: “Come una pecora egli fu condotto al macello”. Dopo che Filippo gli spiega che si tratta di Gesù, l’etiope si lascia battezzare.
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È il Padre – afferma Francesco ricordando il Vangelo di oggi (Gv 6, 44-51) – che attira alla conoscenza del Figlio: senza questo intervento non si può conoscere il mistero di Cristo. È quello che è successo al funzionario etiope, che nel leggere il profeta Isaia aveva una inquietudine messa nel suo cuore dal Padre. Questo – osserva il Papa – vale anche per la missione: noi non convertiamo nessuno, è il Padre che attira. Noi possiamo semplicemente dare una testimonianza di fede. Il Padre attira attraverso la testimonianza di fede. Occorre pregare che il Padre attiri la gente a Gesù: sono necessarie la testimonianza e la preghiera. Questo è il centro del nostro apostolato.
Domandiamoci: do testimonianza col mio stile di vita, prego perché il Padre attiri le persone a Gesù? Andare in missione non è fare proselitismo, è testimoniare. Noi non convertiamo nessuno, è Dio che tocca il cuore della gente. Chiediamo al Signore – è la preghiera conclusiva del Papa – la grazia di vivere il nostro lavoro con la testimonianza e con la preghiera perché Lui possa attirare la gente a Gesù.