I giovani, luogo di Dio – Quello dei luoghi dove praticare questo ascolto è stato un altro dei temi della seconda Congregazione Generale. E la risposta è stata che la Chiesa deve essere nei luoghi del mondo, nel proprio tempo. Il punto non è aspettare che io giovani vengano alla Chiesa, ma come portare la Chiesa ai giovani. Ai migranti, che sono giovani soprattutto. A chi si impegna nello sport. A chi è scartato. A chi cade nel pessimismo. A chi è vittima della cultura compra-usa-getta.
Le parrocchie allora diventano luoghi di incontro da rilanciare affinché non siano luoghi di “addomesticamento”, ma di incontro. Affinché anche la Chiesa, ascoltando i giovani, sappia vedere nei loro sguardi il futuro a cui dare una risposta. Per fare questo, occorre un nuovo atteggiamento della Chiesa, un atteggiamento che ispiri fiducia, vicinanza, speranza; è necessaria una pastorale dialogante e lontana dal clericalismo. Il giovane è un luogo di Dio, perché è in lui che Dio si fa presente, affermano i Padri Sinodali, esortandosi l’uno l’altro ad una testimonianza di vita e di fede più veritiera. E per questo credibile. I giovani, infatti, non devono solo fare la Chiesa, ma essere Chiesa. Il loro sguardo è rivolto verso il futuro e il futuro è illimitato: se, infatti, l’adulto custodisce, il giovane dinamizza. Di qui, l’appello ad ascoltare maggiormente sui ragazzi, decodificandone le aspirazioni più profonde, perché quando la Chiesa accetta un giovane, essa stessa cambia ed evolve, con un arricchimento reciproco. Di qui anche le scuse per non essere stati capaci come Chiesa, come Popolo di Dio, di includere; per essere sembrati, lontani, poco accoglienti, poco credibili; quasi arresi, quasi che una mentalità contraccettiva abbia portato le famiglie, le diocesi, gli ordini religiosi a rinunciare a generare vocazioni. A essere seguiti quando si chiede di seguire Gesù come discepoli, e si dice che nulla è così bello come l’avventura del Vangelo. Ma sono tantissimi i presbiteri e i battezzati che compiono la loro missione con gioia. E questo è un segno di futuro. I giovani lo sanno. E la Chiesa può dirlo a loro. Non rinunciate a Gesù per colpa nostra. Non rinunciate alla Chiesa, aiutatela ad essere più fedele.
I giovani hanno subito fatto sentire la loro voce al sinodo, accettando il dialogo proposto loro dal Papa. E nell’aula dei lavori hanno sottolineato i passi più forti degli interventi con il tipico grido di gioia che fanno quando c’è un gol allo stadio o un bel pezzo rock. Allo stesso modo, si sono commossi davanti a un pastore che non ha trattenuto le lacrime ricordando il dialogo con il figlio di un migrante, che ha riconosciuto in lui un padre che non aveva più e nella Chiesa una famiglia.
Proprio la testimonianza personale di uno degli intervenuti ha riproposto lo stile di ascolto e accoglienza che la Chiesa vuole avere con i giovani: su questo punto i primi 25 interventi dei padri sinodali sono stati concordi. E non è mancata la richiesta di perdono per i crimini degli abusi sessuali e il tradimento degli uomini di Chiesa, ma anche per tutte le mancanze, compresa quella di non essere testimoni credibili del Vangelo. Cominciata con gli auguri al Pontefice nel giorno della festa di san Francesco, la seconda congregazione generale ha avuto un prologo: il Papa è arrivato, infatti, con mezz’ora di anticipo per parlare a tu per tu con i padri sinodali e anzitutto con i giovani ospiti. Esperienza di dialogo che ha ripetuto anche nella mezz’ora di intervallo a metà mattina.
I lavori veri e propri sono stati aperti alle 9 dalla preghiera dell’ora terza, con la meditazione del cardinale presidente di turno Tsarahazana. Quindi il cardinale relatore generale da Rocha ha presentato ai 260 padri presenti i contenuti della prima parte dell’Instrumentum laboris centrata sul verbo «riconoscere» e sull’invito per la Chiesa a porsi in ascolto. Il porporato ha parlato dei rapporti intergenerazionali, basati più sulla concorrenza che sull’alleanza, e della necessità di fare i conti con il cosiddetto «continente digitale». Puntando poi il focus sui più poveri e abbandonati, vittime della cultura del «compra, usa e getta», sulle sfide antropologiche che la Chiesa deve affrontare e sull’ascolto dei giovani.
Tutti gli interventi di quattro minuti — ogni cinque interventi tre minuti vengono dedicati all’interiorizzazione dei contenuti e alla registrazione delle tante proposte — hanno confermato la volontà di dialogo a tutto campo. Ed è venuto dai giovani il riconoscimento del ruolo decisivo dei parroci, degli educatori, dei catechisti e della famiglia, nonni compresi, per un cammino di fede che dia risposte alla ricerca del senso della vita ma anche di identità. Lo ha confidato Briana Santiago, 27 anni, originaria di San Antonio nel Texas, studentessa alla Pontificia università Lateranense e pronta a consacrarsi con le apostole della vita interiore. Attraverso Briana, i giovani non stanno nascondendo ai padri sinodali di essere feriti dalla solitudine, fragili, vittime della cultura dello scarto che punta a sfruttarli e manipolarli. Ma non hanno neppure nascosto di essere una generazione in cerca di gratificazioni immediate. «Abbiamo bisogno di essere prima ascoltati e poi guidati ad entrare più profondamente in noi stessi» ha detto tra l’altro.
Da parte loro, i vescovi hanno riconosciuto che la pastorale finora non è stata all’altezza delle aspettative. E il primo passo da fare è essere dove i giovani sono, condividendone la quotidianità. Con una certezza: nessun attimo dedicato all’ascolto è sprecato. Si deve infatti imparare ad ascoltare sul serio, interpretando anche i silenzi, rompendo gli schemi preordinati, senza pregiudizi, puntando sull’autorevolezza e non sull’autorità. Per far questo serve un cambio di mentalità che riconosca gli errori compiuti in passato e consideri i giovani non un oggetto della pastorale ma «essere Chiesa» qui e ora.
È stata ricordata la passione educativa di don Bosco, sempre attuale, con la constatazione che i giovani attendono proposte evangeliche alte: non di essere coinvolti solo nello spostare sedie in parrocchia, quasi dovessero essere addomesticati e non responsabilizzati. Le questioni della bellezza della sessualità e della corporeità, come anche il ruolo dello sport, sono state affrontate in diversi interventi. Con il suggerimento di entrare anche nel linguaggio delle nuove generazioni, a cominciare da quello del web. Insomma, l’invito a tenere aperte le porte e i cuori ai giovani è stato il filo conduttore della mattinata, sostenuto anche dal racconto di pastorali locali tra dialogo interreligioso e rischi di cadere vittime dei fondamentalismi.
In aula ha fatto poi irruzione il dramma dei giovani che vivono situazioni di gravissimo disagio, come carcerati e migranti. Del resto, è stato fatto notare, i migranti sono quasi tutti giovanissimi e completamente sradicati. Sta alla Chiesa che li accoglie, arricchita anche dalla loro esperienza, farli sentire a casa dando loro opportunità educative. Oltretutto proprio i giovani migranti possono costituire un laboratorio per imparare ad accogliere sul serio. E la fede è spesso l’unica risorsa a cui aggrapparsi in situazioni di vulnerabilità.
A conclusione dei lavori della mattinata, prima dell’Angelus, il cardinale segretario generale Baldisseri ha invitato i padri sinodali a partecipare, sabato 6, nell’aula Paolo VI, a un faccia a faccia con gli studenti promosso dalla Congregazione per l’educazione cattolica, al quale sarà presente il Papa. Un’opportunità per rispondere al suggerimento di Francesco a essere aperti all’ascolto dei giovani, avendo anche il coraggio di parlare.
Nel pomeriggio di mercoledì 3, alla presenza del Pontefice, si era svolta la prima congregazione, alla quale avevano partecipato 257 padri sinodali. Dopo la recita dell’Ora nona, il cardinale Sako, presidente delegato di turno, aveva rivolto ai presenti un breve saluto, seguito dal discorso di Francesco. Quindi avevano preso la parola il segretario generale e il relatore generale, che aveva tenuto la relazione prima della discussione. Infine, si era svolta la votazione per l’elezione della Commissione per l’informazione. I cinque membri sono: i cardinali Tagle per l’Asia, Napier per l’Africa, Lacroix per l’America, Schönborn per l’Europa e l’arcivescovo Fisher per l’Oceania.
Osservatore Romano, 5 ottobre 2018
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