La questione fiscale: non solo denari ma democrazia

Riparte il treno delle riforme istituzionali, che, pur necessarie, non sono certo in cima alla sensibilità e all’immediato interesse dalla gran parte dei cittadini. Perché la vera, grande, fondamentale riforma istituzionale non riguarda il Senato, o le Regioni, e neppure la legge elettorale, tutte peraltro cose da fare, se possibile, presto e bene. Riguarda il fisco. Perché l’Italia è in grado di cumulare due record drammaticamente contraddittori, il livello della pressione fiscale e quello dell’evasione fiscale: entrambi altissimi, indecentemente alti. A questo si combina una vistosa sperequazione nella distribuzione fiscale. Per questo è necessario intervenire, perché, come ha sinteticamente affermato il ministro Padoan alla festa della Guardia di Finanza: “un fisco più equo aiuta i cittadini onesti”.
E questo è proprio il punto: aiutare i cittadini onesti.Le strade sono due: una, di più lunga lena, riguarda la cosiddetta delega fiscale, cioè quell’opera di ridisegno del sistema per cui il governo è stato da tempo investito dal Parlamento. È un impegno assolutamente bipartisan che non è stato realizzato proprio per uno dei nostri cronici problemi, l’instabilità e l’inconcludenza di compagini ministeriali di orizzonte temporale troppo limitato. Sembra che finalmente stia arrivando il momento. Anche per fare chiarezza sulla moltiplicazione dei livelli di tassazione, dal Comune allo Stato, che ha finito con l’aumentare senza controllo la pressione fiscale.
La seconda strada è l’ordinaria amministrazione:
banale ma fondamentale. Perché già sono vere e proprie riforme cose apparentemente semplicissime, come assicurare una corretta informazione, un calendario certo degli adempimenti e dei budget, così da evitare ricorrenti pasticci, ultimo quello della Tasi. Le iniziative di semplificazione annunciate dal governo vanno in questa direzione. Perché tutto si tiene. L’inefficienza della macchina fiscale e la sua ingiustizia portano con sé una scia di corruzione e altissimi costi nascosti che penalizzano fortemente il sistema Paese, in particolare proprio in questa difficilissima uscita dalla crisi. Nessuno nega che bisogna punire duramente evasione e corruzione, ma esiste una scuola di pensiero molto accreditata – e lungamente praticata – per cui è preferibile punire il contribuente pure fedele, che commette qualche errore materiale, infierendo con multe e sanzioni, piuttosto che impegnarsi a stanare evasori e corrotti. Che invece si combattono, oltre che con il codice penale, con la semplificazione, la chiarezza, l’efficienza dell’amministrazione. E anche utilizzando convenientemente le possibilità che si aprono dall’incrocio – nel rispetto delle garanzie per i cittadini – tra le banche dati. La questione fiscale insomma non è solo questione di denari. Finisce per essere una questione di democrazia. Su cui applicarsi con costanza. Bene gli annunci e gli impegni. Purché diventino finalmente un preciso e condiviso programma. di Francesco Bonini

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