Un fenomeno drammatico quanto sommerso. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, oggi 21 milioni di persone nel mondo sono vittime dell’impiego forzato e dello sfruttamento sessuale, nonché del traffico illegale di migranti. Ma questi sono solo alcuni aspetti della tratta, una realtà che tocca situazioni anche più inquietanti quali il traffico di organi.
È quanto denuncia l’Onu alla vigilia della Giornata mondiale voluta dalle Nazioni Unite il 30 luglio di ogni anno per rilanciare la lotta alla tratta. E anche quest’anno si conferma che vittime ne sono, in un caso su cinque, minori.
In Europa gli ultimi dati ufficiali disponibili parlano di 15.846 vittime di tratta accertate o presunte, di cui il 15 per cento è un minore. In Italia, sono 1125 le persone inserite in programmi di protezione e il 7 per cento di loro ha meno di 18 anni. Si parla in particolare di Italia perché è uno dei Paesi più esposti alle recenti ondate di flussi migratori che alimentano le occasioni di sfruttamento. Colpisce il dato fornito dalla polizia del Regno Unito, Paese che non è tra quelli più direttamente interessati dai flussi. Oltremanica sono state più di 3200 le vittime potenziali di tratta accertate lo scorso anno e soprattutto le autorità denunciano un aumento del 40 per cento rispetto ai 12 mesi precedenti. Non si deve confondere il fenomeno della tratta con il traffico da un Paese all’altro di migranti illegali, anche perché la tratta può nascere e attuarsi, senza alcuno spostamento, nel Paese di origine della vittima. Sono fenomeni di per sé distinti, ma in realtà strettamente connessi, perché uno alimenta l’altro. Di certo, la tratta di esseri umani frutta miliardi ai trafficanti e fa riferimento a una criminalità organizzata di livello transnazionale. Lo assicura Robert Crepinko, direttore di Europol, l’agenzia Ue finalizzata alla lotta al crimine. Crepinko denuncia «un autentico esercito di almeno 30.000 persone di molteplici nazionalità coinvolte, a vario titolo, nel traffico di esseri umani».
In particolare, per la forma di sfruttamento più frequente, quella a sfondo sessuale, Europol fotografa una «vera e propria rete di agenti collocati a livello internazionale che fungono da intermediari tra clienti e trafficanti da un Paese all’altro». In Italia, tra gennaio e giugno, sono arrivate via mare 70.222 persone in fuga da guerre, fame e violenze, e di queste 11.608 sono minori. Inoltre, il 90 per cento di questi minori, risultano non accompagnati. Si tratta di un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4410 da gennaio a giugno 2015). Sono cifre contenute nel rapporto di Save the Children, intitolato «Piccoli schiavi invisibili. I minori vittime di tratta e sfruttamento: chi sono, da dove vengono e chi lucra su di loro». Il profilo dei minori vittima di tratta e sfruttamento in Italia vede una presenza significativa di ragazze nigeriane, rumene e di altri Paesi dell’est Europa, sempre più giovani, costrette alla prostituzione su strada o in luoghi chiusi.
Tristemente elevato anche il numero di minori egiziani, bengalesi e albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo, costretti a fornire prestazioni sessuali, spacciare droga o commettere altre attività illegali. Aumentano eritrei e somali che, una volta sbarcati su coste europee, si allontanano dai centri di accoglienza, diventando facili prede degli sfruttatori. Nel caso di traffico di ragazze, spesso la condizione di assoggettamento viene messa in atto da una persona con cui la vittima ha una relazione di parentela o un vincolo sentimentale. Ma ci sono anche reti che lavorano come una sorta di terribile agenzia di viaggio.
Redazione Papaboys (Fonte L’Osservatore Romano, 30 luglio 2016)
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