Nel primo impegno a Québec, incontrando le autorità civili nella Citadelle, residenza ufficiale del governatore generale del Canada, Francesco esorta a trarre ispirazione dalla saggezza e dalla cultura delle popolazioni autoctone avversata in passato dalle politiche di assimilazione.
Il male sofferto sia monito perché i diritti della famiglia non vengano messi da parte in nome di esigenze produttive e interessi individuali
Alle riflessioni sul doloroso passato delle popolazioni indigene, il Papa affianca, poi, lo sguardo sul presente e sull’“insensata follia della guerra”, di fronte alla quale c’è “bisogno di lenire gli estremismi della contrapposizione e di curare le ferite dell’odio”. Cita Edith Bruck – “la pace ha un suo segreto: non odiare mai nessuno. Se si vuole vivere non si deve mai odiare.” – e spiega che pace e sicurezza non si raggiungono con una corsa agli armamenti e strategie di deterrenza.
Non c’è bisogno di chiedersi come proseguire le guerre, ma come fermarle. E di impedire che i popoli siano tenuti nuovamente in ostaggio dalla morsa di spaventose guerre fredde allargate. C’è bisogno di politiche creative e lungimiranti, che sappiano uscire dagli schemi delle parti per dare risposte alle sfide globali.
A proposito della salvaguardia della terra, Francesco richiama l’armoniosa visione del creato delle popolazioni indigene, dalla quale imparare a “porsi in ascolto di Dio, delle persone, della natura”. Un ascolto di cui c’è particolarmente bisogno “nella vorticosa frenesia del mondo odierno”, aggiunge il Papa, dove è “arduo uno sviluppo realmente umano, sostenibile e integrale” e si genera una “‘società della stanchezza e della disillusione’ che fatica a ritrovare il gusto della contemplazione, il sapore genuino delle relazioni, la mistica dell’insieme”.
Quanto bisogno abbiamo di ascoltarci e di dialogare, per allontanarci dall’individualismo imperante, dai giudizi affrettati, dall’aggressività dilagante, dalla tentazione di dividere il mondo in buoni e cattivi!
Per il Pontefice i “salutari valori presenti nelle culture indigene” possono essere d’ispirazione per chiunque “e possono contribuire a risanare le nocive abitudini di sfruttare il creato, le relazioni e il tempo, e di basarsi solo sull’utile e il profitto.
Ma tali insegnamenti “sono stati violentemente avversati in passato”, soprattutto dalle “politiche di assimilazione e di affrancamento” e dal “sistema scolastico residenziale, che ha danneggiato molte famiglie indigene, minandone la lingua, la cultura e la visione del mondo”. Un “sistema deprecabile”, lo definisce Francesco, che, “promosso dalle autorità governative dell’epoca”, “ha separato tanti bambini dalle loro famiglie”, con il coinvolgimento di “diverse istituzioni cattoliche locali”.
Per questo esprimo vergogna e dolore e, insieme ai Vescovi di questo Paese, rinnovo la mia richiesta di perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene. Per tutto questo chiedo perdono. È tragico quando dei credenti, come accaduto in quel periodo storico, si adeguano alle convenienze del mondo piuttosto che al Vangelo.
Ora è tempo di “impegnarsi insieme”, rimarca il Papa, per “promuovere i legittimi diritti delle popolazioni native e favorire processi di guarigione e di riconciliazione tra loro e i non indigeni del Paese”. Da qui l’invito alle autorità civili “a rispondere in modo adeguato agli appelli della Commissione per la verità e la riconciliazione”.
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