Nelle ultime due settimane il governatore cattolico della California ha fatto passare l’eutanasia e ha bloccato una norma che permette di sperimetnare su di sé farmaci salva-vita.
È davvero difficile comprendere la logica che si nasconde dietro alle scelte compiute da Jerry Brown, il governatore cattolico della California, nelle ultime due settimane. Per l’ex seminarista, se un malato non riesce più a sopportare la malattia e vuole morire, è giusto che lo Stato lo aiuti a porre fine alla sua vita. Invece, se un malato vuole provarle tutte pur di continuare a vivere, anche a rischio di farsi del male, deve essere fermato.
DIRITTO DI PROVARE. Il governatore ha il potere di porre il veto e respingere al mittente le leggi approvate dai parlamentari. Lo scorso 11 ottobre ha deciso di usare questo potere per bloccare una legge che avrebbe concesso ai malati terminali di chiedere alle compagnie farmaceutiche di sperimentare su di sé farmaci non ancora approvati dall’autorità competente (Fda, il corrispettivo americano dell’Aifa), ma in grado potenzialmente di guarirli. Il cosiddetto “diritto di provare” era stato votato all’unanimità ma il governatore l’ha respinto.
DIGNITÀ DEL MALATO. Già 12 Stati americani hanno approvato leggi simili e quella di Brown è una scelta coraggiosa e condivisibile. Una vita, anche se colpita dalla malattia, non ha meno valore delle altre. Permettere ai malati di provare “il tutto per tutto”, accettando che si riducano anche a cavie sotto la spinta della disperazione, lede la dignità della persona stessa. L’Italia ci è già passata con il caso Stamina e alla fine ha scelto di non avallare il pensiero secondo cui “tanto non c’è niente da perdere”, riconoscendo che in questo atteggiamento non si nasconde alcuna compassione, ma solo un grande business.
DIRITTO DI MORIRE. Il governatore Brown, però, ha utilizzato un ragionamento molto diverso quando ha firmato a inizio mese la legge che ha legalizzato l’eutanasia in California. In questo caso, invece di riconoscere che una vita è degna di essere vissuta anche quando viene colpita da malattia, come nel caso precedente, ha avallato un inedito diritto di morire, riponendo la dignità della vita nella sua eliminazione.
VIVERE O MORIRE. Quasi nella stessa settimana, dunque, il governatore Brown (come tanti anche in Italia che sostengono le campagne salutiste, da una parte, e la “buona morte” dall’altra) è sembrato vittima di una strana forma di schizofrenia nichilista: no al diritto di provare e vivere, sì al diritto di morire. No a chi vuole provare il tutto per tutto pur di vivere, anche a costo di farsi del male, sì a chi vuole farsi del male fino in fondo, pur di morire. Entrambe le categorie di persone chiedevano il riconoscimento di un diritto, entrambe ponevano alla base delle loro richieste un valore assoluto: la libertà. L’unica differenza è lo scopo: per vivere, i primi, per morire, i secondi. Chiara anche la scelta, per quanto incomprensibile, dell’ex seminarista: morire va sempre bene, lottare per vivere no.
Redazione Papaboys (Fonte www.tempi.it/Leone Grotti)
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