Papa Francesco – scrive Benedetta Capelli su Vaticannews – si siede in quarta fila per ascoltare la prima meditazione del monaco benedettino Bernardo Francesco Maria Gianni, abate di San Miniato al Monte, che apre ad Ariccia, nella Casa del Divin Maestro, gli Esercizi Spirituali per la Quaresima, scegliendo di lasciarsi ispirare da una poesia di Mario Luzi del 1997: “Siamo qui per questo”. La riflessione dell’abate parte dal suo mondo, dalla sua casa, dalla collina sopra Firenze, “un luogo della geografia della grazia” per Giorgio La Pira, “il sindaco santo” come lo ha definito il benedettino. E’ da lì che il Papa e i suoi confratelli sono invitati ad andare per guardare Firenze, per scrutare “una traccia, un indizio di come Dio abiti la città”.
Da qui l’esortazione ad assumere uno sguardo “di grazia, di gratitudine, di mistero su Firenze”, “uno sguardo di fede” su una città che spesso offre “la cenere, polverosa, inerte, senza più vita di un fuoco che sembra non bruciare più, non ardere più”.
Dunque, uno sguardo dall’alto: non certo per cadere sulle tentazioni del maligno che vorrebbe quasi farci possedere le cose di questo mondo, dominarle, condizionarle; ma viceversa, lo sguardo suscitato dallo Spirito Santo, dalla Parola del Signore, uno sguardo di contemplazione, di gratitudine, di vigilanza se necessario, di profezia. Ed è uno sguardo che non fatica a riconoscere come tante volte – troppe volte! – davvero le nostre città sono un deserto.
Uno sguardo – spiega il monaco Bernardo Francesco Maria Gianni – che è sprone per riaccendere un fuoco, per ridonare vita vera in Cristo, nel Vangelo:
Una città che, con l’amore della Chiesa – come tutte le città di questo mondo – con la santità della Chiesa può tornare, deve tornare ad accendersi del fuoco dell’amore. Questo è il modestissimo contributo che dal cuore vorrei consegnare a ciascuno di voi: uno sguardo di mistero su Firenze, perché il nostro agire pastorale, il nostro prenderci cura delle persone che ci sono affidate, del popolo che ci è affidato ma direi dell’umanità che ci è affidata dal Signore, possa essere davvero di nuovo fiamma viva di ardente desiderio, e tornare ad essere un giardino di bellezza, di pace, di giustizia, di misura, di armonia.
Citando il mistico del Medio Evo Riccardo di San Vittore, “dove c’è amore, lì c’è uno sguardo”, l’abate di San Miniato al Monte ricorda la necessità di riconoscere “le tracce e gli indizi che il Signore non si stanca di lasciare nel suo passaggio in questa nostra storia, in questa nostra vita”. E’ in quell’amore che bisogna leggere lo sguardo di La Pira su Firenze, di Gesù su Gerusalemme e su tutti quelli che incontrava. Una prospettiva che immette “una dinamica pasquale” rendendoci consapevoli che “il momento storico è grave” perché “il respiro universale della fraternità appare molto indebolito”. E’ la forza della fraternità – afferma – la nuova frontiera del cristianesimo.
Ogni dettaglio della vita del corpo e dell’anima, in cui lampeggiano l’amore e il riscatto della nuova creatura che si va formando in noi – mi piace moltissimo questo lampeggiare dell’amore: di nuovo la luce, il fuoco – sorprende come il vero e proprio miracolo di una risurrezione già in atto.
Ricordando che l’umanesimo, come ha evidenziato Papa Francesco, è tale a partire da Cristo, l’abate invita a scorgere “il volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita o segnata dal peccato”. E’ l’immagine del misericordiae vultus.
Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo: facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: “Voi, chi dite che io sia?”. Lasciamoci guardare da Lui per imparare – direi – a guardare come Lui guardava. Il giovane ricco, fissatolo, lo amò; l’incontro degli sguardi di Zaccheo che sale su un albero pur di guardare quel Signore Gesù che alza lo sguardo per andargli incontro.
Uno sguardo che spazza via anche la paura di non riconoscere il Signore che viene, come confessava Sant’Agostino. Lo sguardo che però ha già ha cambiato il cuore.
“Se tu non stai attento al tuo cuore, mai saprai se Gesù ti sta visitando o no”, alludendo ad Agostino, ad una cura del cuore, che è uno degli obiettivi importanti di questi giorni: un cuore attento, in conversione che faccia memoria e facendo memoria si apra a riconoscere la presenza di Dio in questa nostra Storia e come essa si apra a speranze ardenti, inedite e inaudite.
Il richiamo del monaco benedettino Bernardo Francesco Maria Gianni è alla missione dei consacrati chiamati ad “una vita semplice e profetica nella sua semplicità, dove si tiene il Signore davanti agli occhi e fra le mani e non serve altro”.
La vita è Lui, la speranza è Lui, il futuro è Lui. “La vita consacrata è questa visione profetica nella Chiesa, è sguardo che vede Dio presente nel mondo, anche se tanti non se ne accorgono”. Così ci ha detto Papa Francesco il 2 febbraio 2019, parlando a noi consacrati. Ma sono parole che credo possano risuonare qui per tutti noi.
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