E’ in corso infatti la causa di beatificazione del padre e genetista Jerôme Lejeune (1926-1994) che fu un grane promotore del rispetto che egli aveva per la santità di ogni vita umana, anche se molto giovane, malata e vulnerabile.
Il risultato più importante di Lejeune è stato rivelare nella base genetica della sindrome de Down la presenza di un cromosoma extra nel DNA del bambino.
La scoperta ha aiutato a trasformare la vita di pazienti e famiglie che per decenni avevano vissuto sotto uno stigma morale ingiustificato: si credeva che la Sindrome di Down fosse un effetto collaterale della sifilide della madre, malattia che l’immaginario popolare associava alla prostituzione.
Fu tra le altre cose un grande anticipatore dell’importanza dell’acido folio per ridurre il rischio di molti difetti della nascita.
Nel 1962 ricevette il Premio Kennedy dall’allora Presidente degli Stati Uniti d’America John F. Kennedy. La Facoltà di Medicina di Parigi, poco tempo dopo, lo nominò primo docente di Genetica Fondamentale, nel 1964. Ma il suo premio più importante fu il Premio William Allen, il più prestigioso del suo settore, che gli fu conferito dalla Società Americana di Genetica Umana.
Era solito riferirsi ai suoi pazienti affetti dalla Sindrome di Down come “i miei piccolini” e lavorava fianco a fianco con le famiglie per aiutarle a trovare opportunità educative e lavorative per i figli.
Per assistere i pazienti poveri nella sua clinica privata sacrificava intere giornate, ricevendo poco o nulla, tempo che avrebbe potuto dedicare alla ricerca, rinunciando così a incrementare le proprie entrate.
Non fare il male, servire la causa della vita e porre gli interessi dei pazienti al primo posto furono le sue bussole quotidiane.
Tra gli anni Settanta e Novanta dovette convivere con molti colleghi che respingevano di sana pianta questi principi etici abbracciando un edonismo utilitarista che non solo favoriva l’aborto ma che vedeva nei pazienti affetti dalla Sindrome di Down problemi da evitare, non da curare.
“A due mesi d’età, l’essere umano è più piccolo del nostro pollice, dalla testa all’anca. Entrerebbe in un guscio di noce, ma è già tutto lì: mani, piedi, testa, organi, cervello, tutto al suo posto. Il cuore batte già da un mese. Guardando da vicino, vedreste le pieghe dei palmi delle mani. Una cartomante potrebbe leggere la mano di quella persona minuscola! Con uno strumento ottico efficiente si potrebbero individuare le impronte digitali. Quel bambino potrebbe già avere la carta d’identità!” disse nel 1981 davanti a un sottocomitato giuridico del Senato degli Stati Uniti sulla questione relativa all’inizio della vita umana.
Furono molte le battaglie culturali e scientifiche di Lejeune. Una delle più note fu quella dove testimoniò contro il caso di “embrione congelato” (Davis versus Davis) dove il noto medico sosteneva che ogni embrione doveva essere trattato come un paziente, non come una merce.
La stessa battaglia che combattiamo anche noi oggi dove vediamo centinaia di migliaia di embrione congelati che si consumano in moltissimi laboratori medici sparsi per tutto il mondo e che gli scienziati sono avidi di usare nelle ricerche delle cellule staminali.
La sua preoccupazione per la santità della vita sommata alla sue incredibili scoperte scientifiche fecero sì che Giovanni Paolo II lo nominasse presidente della Pontificia Accademia per la Vita nel 1994. Lejeune, tuttavia, non poté mai assumere tale incarico perchè stava per morire di cancro. Dopo una lunga ed agonizzante malattia, è morto la domenica di Pasqua del 1994.
Una delle sue ultime richieste alla figlia fu quella di ricorda al suo funerale i suoi “piccolini”, ovvero, i pazienti con la Sindrome di Down che ha amato tanto fino alla fine.
Attualmente è in corso la causa di canonizzazione di Lejeune, che è già stato riconosciuto come “Servo di Dio”. Il 5 maggio del 2017 la sua positivo, ossia, tutta la documentazione della sua vita, è arrivata in Vaticano.
Il prossimo step sarà quello di dichiarare le sue virtù eroiche per proclamarlo “Venerabile”.
Credito: ChurchPop
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