R. – Mi è venuto alla memoria un bel ricordo che ho di questa cittadina, Al Qaryatain, che è sulla strada che da Homs va verso Palmira. Questo ricordo risale al settembre del 2010 quando fui invitato come nunzio apostolico all’inaugurazione del restauro di un’antica chiesa del VI secolo: il monastero di Mar Elian. È stata una bella festa: tutta la comunità partecipava, c’è stata sempre una bella convivenza tra la comunità cristiana e quella musulmana. E ricordo che erano presenti il parroco, padre Jacques Murad, e padre Paolo Dall’Oglio, che si è offerto di tradurre la mia omelia dal francese all’arabo. Quindi ero accompagnato da questi due carissimi padri dei quali vogliamo vedere la liberazione quanto prima… Questa cittadina era un po’ anche un simbolo di una buona convivenza, come un po’ in tutta la Siria, prima del conflitto. E allora il mio desiderio, pensando al restauro che abbiamo festeggiato qualche anno fa lì ad Al Qaryatain, e la mia speranza è quella di avere ancora la possibilità di celebrare, festeggiare, i restauri delle chiese danneggiate un po’ dappertutto in Siria, dei luoghi di culto; ma soprattutto arrivare un giorno – quanto prima – a vedere il restauro di questo mosaico vivente di etnie che era la Siria, a vederlo restaurato com’era prima…
D. – Davvero, come diceva lei, la Siria per tanto tempo è stato proprio questo: quasi un esempio anche per gli altri popoli della Regione?
R. – Sì, direi un esempio… Ricordo i discorsi del Santo Padre in occasione dello scambio delle presentazioni delle credenziali dell’ambasciatore di Siria presso la Santa Sede, veniva sottolineato quest’aspetto: questa convivenza esemplare. Direi che l’impegno dei cristiani è di fare come sempre da ponte in questo momento di divisione nel Paese, di odi, di vendette… Direi che la caratteristica dei cristiani dovrebbe essere questa, oggi e domani: fare da ponte.
D. – La vicinanza del Papa è costante, nella preghiera e anche nel mettere – come dire – in primo piano la situazione di questi popoli, purtroppo a volte dimenticati anche dalla cosiddetta “comunità internazionale”…
R. – Per mia conoscenza ed esperienza, il Santo Padre segue continuamente la situazione, si informa, è aggiornato. Nell’ultima udienza che mi ha concesso ho potuto constatare quanto sia presente questa sofferenza per quanto riguarda la Siria. Il Papa la porta nel cuore questa sofferenza di tutti, della Siria e poi del Medio Oriente naturalmente: la sofferenza dei cristiani, come quello che sta accadendo in questi giorni. Non solo il Papa prega, richiama la comunità internazionale, ma sostiene anche tutte quelle opere che è possibile sostenere, che la Chiesa ha la possibilità di sostenere. Dunque, il Santo Padre richiama la comunità internazionale: non solo prega, ma c’è anche l’opera concreta per questa povera gente.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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