Perché i figli trovino un nuovo equilibrio di vita dopo la separazione dei genitori ci vuole del tempo, dai due ai quattro anni in media. Così almeno dice una stima, ma i riflessi psicologici ed educativi durano molto più a lungo e si manifestano a scuola, nel lavoro, nelle scelte affettive. In ogni caso, determinante è il modo in cui la separazione avviene, come viene comunicata e gestita e come i genitori si comportano con i figli negli anni successivi.
A partire da questo rilievo, la Provincia autonoma di Bolzano – alla prese ogni anno con mille casi di separazione o divorzio, nel 40% con minori coinvolti – ha voluto realizzare un sussidio pratico per separati e divorziati. È un opuscolo vivace dal titolo “Ci separiamo ma rimaniamo genitori” che in una trentina di pagine offre indicazioni pratiche su «come accompagnare e sostenere i figli in caso di separazione» sulla base delle esperienze raccolte dai promotori: il Consultorio familiare “Ehe- und Erziehungsberatung Südtirol”, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza e l’Agenzia provinciale per la Famiglia.
«Spesso ho visto bambini così provati da separazioni conflittuali da non voler più incontrare il genitore che vive fuori casa», testimonia la Garante altoatesina dei minori, Paula Maria Ladstätter, «proprio per non arrivare a questo punto, è indispensabile che i genitori si facciano aiutare».
Non è sempre facile, ma anche la rete familiare intorno – dai nonni agli zii, a educatori e docenti – va sensibilizzata sulle dinamiche, sulle attenzioni da garantire e sulla prospettiva fiduciosa che – come dice Franz Resch, della Liga fur da Kind – «anche i figli di separati possono essere felici e diventare degli adulti soddisfatti».
È comunque sempre uno choc sapere che papà e mamma si lasciano, per cui i bambini devono poter trovare persone e modi per esprimere i loro sentimenti, anche di rabbia. Col passare delle settimane, altri passaggi: riprendere il rapporto con il genitore che è fuori casa, abituarsi a due ritmi e contesti di vita differenti, in qualche caso anche “accettare” il nuovo compagno della madre o la nuova compagna del padre e, talvolta, anche dei rispettivi figli.
L’accordo sulle scelte educative risulta sempre molto problematico. Peraltro, la corresponsabilità ispira la legge sull’affidamento condiviso del 2006, «sono ormai passati i tempi in cui l’esclusivo diritto di affidamento era assegnato alla madre, mentre il padre era solo un “padre in visita”», precisa l’avvocatessa Christine Mayr. Fonte: donboscoland
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