Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Una coppia, Sandi e Domenico, uniti dall’amore e dalla sofferenza di lei, Jennifer che ha sentito la voce della Madre che la chiamava e da allora il santuario di Ta’Pinu è la sua seconda casa, e Francesco Pio che descrive una Chiesa maltese chiamata “ad offrire un’alternativa all’indifferenza, a farsi compagna dei cuori feriti”. Sono le quattro voci che parlano a Papa Francesco e al mondo dal Santuario mariano nazionale, a Gozo, nella seconda tappa del suo breve viaggio a Malta.
Dopo la preghiera della colletta, sul sagrato del santuario mariano, si rivolge a Francesco, in sedia a rotelle, Sandi, accanto al marito Domenico Apap
, che da 25 anni soffre di sclerosi multipla. Una malattia “difficile da accettare”, ammette, che ha fatto svanire “alcuni sogni della nostra gioventù” di coppia, perché è arrivata quando aveva 23 anni, dopo solo quattro di matrimonio. “Spesso mi chiedevo perché il Signore permettesse tutto questo – racconta ancora la donna – ma qualcosa mi tratteneva dalla disperazione e dicevo, ‘Signore, tu conosci la mia storia. Lascio tutto nelle tue mani’ ”. E conclude spiegando che il segnale più grande dell’amore e della vicinanza del Signore, son0 il marito Domenico e la figlia Nicole, “che da sempre mi sono accanto e sono di grande sostegno nei momenti più difficili della mia vita”.PUOI LEGGERE ANCHE: Papa Francesco da Malta: la gente ha sete di pace, non dell’aggressività infantile di qualche potente
Domenico si avvicina al microfono e aggiunge che anche la moglie “è stata il regalo più grande di Dio per noi!”. Spiega subito che “l’esperienza di sofferenza che abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere insieme, non soltanto non ci ha distrutti o allontanati l’uno dall’altro, ma ci ha uniti ancor di più, rafforzandoci nell’amore reciproco come famiglia”. La sua domanda al Signore “perchè la nostra famiglia”, non ha trovato risposta, ma Dio ha donato a Domenico la grazia di capire un poco la volta che la sua missione era quella di “essere vicino a mia moglie e insieme a lei portare la croce”.
“Ho imparato – è la testimonianza di Domenico – che quando la sofferenza si vive con amore, non rimane tale ma diventa gioia”. E in questo cammino “ci ha molto aiutato la Parola di Dio, che io e Sandi meditavamo durante gli incontri di Lectio Divina”. Se ci sono momenti nei quali “mi sento vacillare, in qualche modo il Signore mi dona sempre la forza per continuare questa via crucis assieme a mia moglie. Dio è con noi, ci ama, e non ci lascerà soli”.
La terza testimone, Jennifer Cauchi, racconta di quando, alcuni anni fa, cercava ristoro in un periodo difficile della vita, e partì “in macchina senza alcuna meta”. “Mentre passavo davanti al santuario di Ta’ Pinu – prosegue – notai la porta aperta e qualcosa mi spingeva ad entrare: era la voce della Madre che mi chiamava, come fu 140 anni fa per Carmela Grima. Da quel giorno il suantario è rimasto la mia destinazione principale”. Da Maria, spiega “si trova la pace a cui si anela e nel suo abbraccio il tesoro che riempie di gioia: Gesù”.
In questa casa, dove “si cerca il silenzio, lontano dai rumori e dalle distrazioni”, Maria “continua a chiamare e a donare speranza ai pellegrini che vengono a visitarla: giovani, anziani, famiglie, religiose e religiosi. Qui ciascuno si sente accolto”. Jennifer racconta che “addirittura nelle prime ore della notte qui si possono incontrare persone, fra cui tanti giovani, che sostano al silenzio del sagrato del santuario per conversare con la Madre”. Tante famiglie “vengono a pregare il santo rosario davanti ai mosaici”.
Infine prende la parola Francesco Pio Attard, che sottolinea come la fede portata a Malta dall’Apostolo Paolo “è stata mantenuta accesa come una lampada dai nostri padri. Ma è anche una fede messa a dura prova dalle sfide e dalle tempeste che non solo scuotono le nostre coste ma sfidano anche la cultura nella quale siamo immersi”. Nella cattolica Malta, “con un tessuto sociale composto da tante realtà diverse – spiega Francesco – questa fede si trova oggi disorientata fra le tradizioni religiose che abbiamo ereditato e l’autenticità del discepolato cristiano”.
Così la Chiesa maltese “è chiamata ad essere profetica, ad offrire un’alternativa all’indifferenza, a farsi compagna dei cuori feriti, a dare una risposta alle domande sulla vita e sulla morte, ad essere acqua che sazia la sete dell’aridità di tanti cuori”. E conclude la sua testimonianza ammettendo che: “Non poche volte ci sentiamo sfiduciati dall’indifferenza, dalla letargia, dalle piccole divisioni fra di noi” ma dall’altro lato, lo Spirito del Signore “continua a suscitare nuove iniziative di formazione, di fraternità, di carità, fondate sulla Parola e attorno all’Eucaristia, che sono davvero un nuovo stimolo per vivere ‘la gioia del Vangelo’!”
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