Brescia, nemmeno i cani molecolari trovano tracce della 12enne autistica scomparsa sei giorni fa
Continuano senza soste le ricerche di Iuschra, la 12enne autistica scomparsa a Serle in provincia di Brescia giovedì all’ora di pranzo mentre era in gita con altri ragazzi disabili. Nella vasta area dove da sei giorni sono in corso le ricerche sono arrivati anche i cani molecolari di un’unità di salvataggio olandese, giunti nei giorni scorsi a Pacengo, nel veronese, per le ricerche un giovane diciassettenne olandese poi trovato morto ieri pomeriggio. Il prefettto Annunziato Vardè ha intanto annunciato il proseguimento delle ricerche.
I RINGRAZIAMENTI
«Fobap Onlus e Anffas Brescia Onlus esprimono il più sentito ringraziamento alle donne e agli uomini delle istituzioni statali, regionali e del territorio, ai volontari, agli abitanti di Serle che si stanno impegnando generosamente e senza sosta nella ricerca di Iuschra Gazi»: lo scrivono, in una nota, gli operatori della Fondazione che erano con la ragazzina. «Riteniamo che in questo momento il silenzio sia una forma di rispetto verso la famiglia con cui condividiamo il dolore e la speranza. Ringraziamo anche gli operatori dei media che, salvo poche eccezioni – viene scritto – stanno trattando la vicenda con correttezza e sensibilità»
LA SPELEOLOGA
«La mia storia chiaramente è molto diversa da quella della ragazzina, se è finita davvero in una grotta immagino la sua paura – dice la donna – Anche solo facendo una passeggiata, ci si può perdere, ma ci sono tanti punti dove ci si può riparare». «Non conosco bene i dettagli – continua – posso solo augurare che la trovino in fretta e suggerisco a tutti di avere una grande fiducia».
Nel novembre del 2011, Anna, allora 36enne, stava facendo una spedizione con un gruppo di amici e rimase bloccata a 250 metri di profondità, perché ferita, nell’Omber del bus del zel, in dialetto bresciano grotta vicino al buco del gelo, un antro che si sviluppa per 20 km con un dislivello di 400 metri. Era scivolata fratturandosi una caviglia, impossibile per lei muoversi, pericoloso per gli amici cercare di portarla fuori a braccia. «Quello è sicuramente uno dei percorsi più affascinanti e impegnativi – ricorda – ma vi sono tanti crepacci meno profondi e quindi meno pericolosi».
Uno degli amici uscì a dare l’allarme. Si mosse la macchina dei soccorsi. La notizia diventò di livello nazionale e in tanti scoprirono un angolo d’Italia poco conosciuto, un altopiano carsico dove l’acqua nella roccia ha creato morfologie del tutto particolari, con cavità percorribili dagli speleologi spesso costituite da veri e propri pozzi verticali. Per raggiungere Anna e poi portarla fuori in barella, lavorarono diverse squadre del soccorso alpino e speleologico, dandosi il cambio, negli stretti passaggi. Con una media di 10 ore per fare 100 metri. «Sono stati i miei eroi, con loro non ho mai avuto paura», disse Anna appena portata in superficie, alle 7 del mattino del 15 novembre. «Spero davvero – conclude ora – che anche la disavventura per quella bimba abbia lo stesso lieto fine».
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