Medjugorje

La storia di Andrea: stava per morire ma poi Dio e la Madonna gli hanno stravolto la vita

Dio e la Madonna hanno cambiato la vita di Andrea

Una storia che merita di essere letta fino all’ultimo rigo…

LA TESTIMONIANZA – Mi accingo per l’ennesima volta a narrare ciò che è accaduto nella mia vita, non per perdere tempo o per concentrare su di me le attenzioni, ma per lodare, benedire ed esaltare l’infinita Misericordia del Signore.

La mia famiglia d’origine è sempre stata affiatata e a mio fratello e a me non ha mai fatto mancare nulla di ciò che desiderassimo o avessimo bisogno. Tutto ciò che era materiale, ma, purtroppo, le basi della vita spirituale non ci sono mai state indicate.

Giunto all’età degli studi superiori mi sono fidanzato con Lara. Avevo tutto: la macchina, la ragazza, la possibilità di viaggiare, la salute, soldi in tasca…

A 19 anni mi sono iscritto a Trento alla facoltà di Economia e Commercio. Sinceramente non avevo una gran voglia di studiare: facevo il minimo indispensabile, contando molto sugli appunti degli altri, sulla fortuna a… Tutto sommato mi ero fatto bene i miei calcoli: in un anno e mezzo avevo fatto 10 esami.

A marzo del 91, dopo un esame, Lara ed io decidiamo di trascorrere alcuni giorni in montagna per riposare. Al termine di quella breve pausa accade l’imprevisto.

Sulla via del ritorno, alla guida della mia Peugeot 205, mi immetto su un lungo rettilineo. E’ tutto libero: la strada davanti a me è sgombera se non fosse per un camion che procede lentamente. Schiaccio l’acceleratore e comincio la manovra per superare il mezzo. A metà, quando sono all’altezza della cabina di comando del guidatore, il camion curva improvvisamente, senza preavviso, a sinistra e ci viene addosso. Tento di evitare l’impatto dando una brusca accelerata, ma non è sufficiente. Veniamo urtati e spinti violentemente contro un platano. L’impatto è devastante.

La macchina è ridotta ad un cumulo di ferraglia. Lara grida nel vedere le mie condizioni: sono completamente distrutto e giaccio in un mare di sangue. Esce dal vetro anteriore, ormai inesistente, e mi urla di non morire. L’autista del camion ha nascosto l’automezzo nel tentativo di celare le prove. Lara corre in mezzo alla strada nel tentativo di fermare qualche macchina per chiedere aiuto. Gli automobilisti, per non avere problemi, la schivano e procedono la loro marcia. Da notare che a quell’epoca non esistevano i cellulari, o almeno non erano ancora diffusi.

Finalmente, dopo circa mezz’ora, arriva un’ambulanza. Si fa vivo l’autista del camion che sostiene che probabilmente ero drogato o ubriaco. Lara viene condotta in un ospedale vicino. Dopo due ore giungono i pompieri che mi estraggono aprendo la portiera con le pinze idrauliche e un’elicottero della Croce Bianca che mi porterà all’ospedale di Bolzano.

Sorvolando Merano ho un arresto cardiaco e mi viene praticato il massaggio cardiaco. Rianimato giungo a destinazione. Si cerca di farmi qualche esame, ma la situazione è disperata. Dato che all’epoca c’era una statistica che indicava come ospedale migliore quello in cui morivano meno persone, si decide di mandarmi a morire in un altro luogo. A Innsbruck non si può, perché in tali condizioni non avrei potuto sorvolare le Alpi, quindi si opta per Verona. Qui cominciano le “coincidenze”.

E’ giovedì santo, quindi il personale ospedaliero è già ridotto per le ferie, ma… Giunto in sala operatoria si presenta quella che si sarebbe dimostrata l’equipe migliore. Vengo sottoposto ad un intervento di oltre 6 ore in cui vengo intubato, vengono bloccate le varie emorragie e e messo mano ad alcune fratture. Mi sono dimenticato di dire che avevo edema ed ematoma cerebrale, frattura della scatola cranica, del setto nasale, degli zigomi, del mento e palato, delle costole, schiacciamento polmonare, frattura del femore sinistro e dei malleoli, schiacciamento del nervo sciatico e rottura della giugulare.

Al termine dell’intervento i miei genitori chiedono al medico come sarei uscito dalla sala di rianimazione e la risposta è stata agghiacciante: “Non sappiamo. Non esistono statistiche. Normalmente non si sopravvive ad un incidente del genere”.

Dopo 20 giorni di coma esco finalmente dalla rianimazione: sono l’unico uscito vivo da quella sala.

Il medico che mi ha operato instaura con me un rapporto particolare: ha perso da un mese il fratello in un incidente automobilistico e identifica me come suo fratello. Mi viene a trovare in ogni momento libero e per questo viene anche rimproverato dal capo reparto che gli rinfaccia di essere troppo umano e di non trattarmi come un numero.

L’ematoma e l’edema mi hanno schiacciato i nervi ottici e non si sa se e come avrei recuperato la vista. Devo dire che, nonostante ciò, non ho avuto grandi momenti di sconforto, forse anche grazie alla vicinanza della mia famiglia.

Comincia un lungo periodo di riabilitazione e una serie di operazioni volte a ristabilirmi al meglio.

Ad ottobre ci rechiamo a Boston dove c’è un ospedale specializzato per la cura della vista. Qui il medico mi dice, con una freddezza incredibile, la cruda verità: non avrei più recuperato la vista. La motivazione? “Ci sono persone con i nervi ottici migliori dei suoi che non vedono niente e ci sono persone con i nervi ottici peggiori che vedono tutto”. Cosa vuol dire?

Tornati a casa ci rechiamo diverse volte in Svizzera a fare delle cure da un medico che, con medicine alternative (che disastro!), dice di guarire molte persone dalla cecità. Dopo alcuni cicli di cura mi rifiuto, nonostante la rabbia dei miei genitori, di recarmi nuovamente da lui, perché per me è palese che desidera sfruttare l’occasione per fare un bel guadagno.

Nel frattempo Lara prosegue gli studi ritagliando il tempo tra un mio ricovero e l’altro.

In ospedale mi viene a trovare una conoscente dei miei genitori che non avevo mai incontrato. Più che altro le viene concesso di venire a farmi visita, non per simpatia o per convinzione, ma perché insistente all’inverosimile. Il ragionamento è: “Facciamola venire così ce la togliamo dai piedi”.

Questa persona comincia a parlarci di preghiera e di miracoli. Sinceramente la preghiera non mi interessa, ma la prospettiva di guarire mi piace molto.

Ogni tanto passa a farmi visita in ospedale un anziano padre Carmelitano che mi dice: “Che fortuna che hai ad avere la croce!”. Tra me e me penso: “Beh… Facciamo cambio”.

Di tanto in tanto quella signora, con altre persone di un gruppo di preghiera, mi viene a trovare al mio rientro a casa e pregano il rosario.

Si parla continuamente di miracoli e guarigioni insperate…

Piano piano, con un desiderio di puro interesse, comincio anche da solo a far seguire dieci Ave Maria al Padre Nostro. Per intanto faccio così, perché i misteri non li conosco ancora.

Anche Lara, di famiglia ostile per ideologia alla Chiesa, mi accompagna in questo tentativo.

Ogni tanto suona al campanello padre Giovanni, il Carmelitano, ma faccio dire a mia madre che sono indaffarato, perché non ho voglia di prediche o di discorsi poco interessanti.

Impariamo, grazie a quelle persone, i misteri e il rosario diventa più familiare. Passa il tempo e ci accorgiamo che in noi nasce il desiderio forte di riconciliarci con il Signore attraverso la confessione. Ma come si fa?

Ci rechiamo in chiesa e chi ci viene incontro a braccia spalancate? Padre Giovanni: quello che era stato il nostro incubo. Con pazienza e carità ci aiuta a confessarci: ormai non sapevamo neppure più come si faceva. Ponendoci domande precise il padre scava nel profondo e permette al Signore di ripulire i nostri cuori.

Ricomincia la frequenza ai sacramenti e nasce in me un altro bisogno: al tempo dovuto non avevo fatto la cresima, perché, anche se non lo avevo mai ammesso, non mi interessava. Ora era giunto il momento. Dopo aver parlato col parroco inizio una serie di incontri che culminerà con l’amministrazione di questo sacramento.

A casa le cassette di musica leggera cominciano a fare spazio a quelle di canti religiosi; i libri più o meno frivoli lasciano il posto a biografie di santi.

Da tante persone veniamo abbandonati. Molti non ci capiscono e spesso anche le nostre famiglie non approvano: la mia non comprende, quella di Lara ostacola apertamente.

Per un anno, per evitare scontri, ci diamo l’appuntamento serale e al telefono preghiamo insieme le orazioni di santa Brigida.

A casa di Lara la situazione raggiunge limiti insostenibili: i genitori disapprovano questo cammino dicendo che siamo matti, fanatici, plagiati e creano difficoltà al corso di studi universitari. In più ora vedono male il fidanzamento con me, perché, non vedendo sarei una mezza persona.

Lara ed io ci amiamo e decidiamo di sposarci in maniera tale di riuscire a ritagliare un po’ di autonomia. Scoppia la Guerra! La sua famiglia minaccia di non venire alle nozze o di venire solamente per fare guai durante la cerimonia.

Ci sposa padre Giovanni e durante l’omelia, per sottolineare il cammino di conversione intrapreso, racconta della fidanzata di D’Annunzio che da nemica della Chiesa diventa monaca di clausura. A molti tale predica risulta scomoda e sbuffano più o meno vistosamente.

In viaggio di nozze andiamo a Roma, a San Giovanni Rotondo e a Loreto. All’udienza generale del mercoledì abbiamo la grazia di incontrare personalmente Papa Giovanni Paolo II che ci pone alcune domande, ci benedice sulla fronte e regala due rosari.

Al ritorno ci attende un’altra sorpresa. Ci accorgiamo che ciò che viene predicato al gruppo di preghiera da noi frequentato non coincide sempre con l’insegnamento della Chiesa. Cosa fare? Urge una decisione. Abbandoniamo immediatamente il gruppo. Come il Signore ha trovato il modo di farci uscire dal fango, così ora troverà il modo di farci proseguire.

Sentiamo parlare di don Cornelio, un salesiano di particolare fama. Lo andiamo a trovare e rimaniamo entusiasti nell’ascoltare mentre parla dei suoi incontri con padre Pio, di cui era figlio spirituale, o delle sue avventure in Terra Santa, dove era rimasto per 22 anni.

Andiamo con lui vicino a Brescia a fare gli esercizi spirituali e capiamo che è la persona adatta per farci da padre spirituale.

La storia di conversione di Andrea

Nel frattempo Lara si laurea ed io comincio un corso per diventare centralinista. Non ho studiato una vita per questo, ma allo stato attuale è l’unica possibilità di lavoro. Anche questa è una scuola di umiltà.

Mi devo scontrare con una vita lavorativa che non è quella che immaginavo: non si lavora per amore e dedizione, ma solamente per dovere, sospirando la pensione e invocando i sindacati ogni volta che ritengo di avere diritti. Il più bravo è chi lavora di meno e si “destreggia” meglio. Per mesi torno a casa con il mal di stomaco dal nervoso, ma alla fine giungo ad una triste conclusione: loro continuino pure a comportarsi così, io mi comporterò in un altro modo.

Il lavoro è pochissimo, ma con il tempo mi sono accorto che anche questa posso interpretarla come grazia: mi viene offerta la possibilità di pregare molto.

Assieme a Lara decidiamo che lei rimanga a casa e non lavori per curare la famiglia ed i figli che il Signore, nella Sua infinita Bontà, ci avrebbe potuto dare.

Grande importanza hanno nella nostra formazione i pellegrinaggi. In ogni luogo dove ci rechiamo pare che il Signore ci offra una porzione diversa del Suo Amore. Pare di ricevere continuamente un tassello per poter formare un fantastico mosaico.
Nel 1998 è la volta di Medjugorje. Abbiamo impiegato lungo tempo a deciderci, perché, purtroppo, si sentivano varie opinioni. Al momento giusto, però, dentro di noi abbiamo sentito come un vulcano pronto ad esplodere. Non c’era più da titubare.

In un modo meraviglioso, con una serie di “coincidenze”, la Madonna ha preparato i partecipanti.

Devo ammettere che la prima volta sono rimasto quasi deluso. Pensavo: “Tutto il mondo parla di Medjugorje ed è solo questo?” Ma la Madonna aveva organizzato tutto alla perfezione: tornati a casa ci siamo accorti di tutte le grazie che Ella ci aveva elargito in quei pochi giorni. Era come se ci avesse messo nella valigia dei regali e aprendola li avessimo trovati e spacchettati.

Lara, purtroppo, non ci è più tornata, perché, avendo adesso tre bambini e attendendo il quarto, ha sempre da fare con la famiglia, ma io faccio da ambasciatore. Prima mi sono recato con un bravo organizzatore di Bolzano: ho pregato, studiato, cercato di capire. Dal 2003, assieme al nostro amico Loris, organizziamo noi il pellegrinaggio due volte l’anno. Esso nasce con uno spirito diverso dal solito: era nato come un gruppetto piccolo in modo tale da poter curare bene i rapporti personali, conoscersi e condividere l’esperienza, i problemi e la preghiera. Per poter contenere i costi abbiamo dovuto allargare e adesso partiamo con pullman da 50 pur cercando di mantenere l’impronta iniziale. Curiamo particolarmente l’aspetto spirituale. Devo ammettere che per preparare ogni aspetto ci vogliono mesi e mesi di lavoro. Ogni pellegrinaggio è messo sotto la protezione di san Giuseppe. Santa Teresa diceva che nessuna grazia è negata a Lui e noi possiamo garantire che ci ha risolto enormi problemi che con le nostre forze non avremmo mai potuto affrontare.

E’ fantastico vedere persone che giungono “per caso” a Medjugorje, che di vita spirituale sono completamente digiune, che tornano a casa cambiate. Sembra che la Madonna passi il tempo a studiarsi tranelli per far cadere i Suoi figli nella trappola del Suo Amore.

Nel 2000 ho cominciato a fare le corone del santo Rosario e, solo Dio sa come, fino ad ora ne ho fatto e distribuito più di 10000.

Da quattro anni mi hanno chiamato a cercare di ricostruire il Movimento Apostolico Ciechi di Bolzano, perché era morto. La nostra situazione è molto particolare: c’è il gruppo italiano e quello tedesco e non collaborano. Ho cercato di far capire che siamo tutti sulla stessa barca, ma invano. Quindi ci troviamo ad essere in otto o nove persone, tutte anziane e spesso demotivate.Grazie a Dio abbiamo scelto come assistente spirituale un Legionario di Cristo che spesso, con pazienza e simpatia, riesce a far passare degli insegnamenti.

Mia moglie, infine, è diventata ministro straordinario dell’Eucarestia. La nostra parrocchia ne ha numerosi, ma in passato Lara ha dovuto portare il Santo Sacramento a diversi malati.

Ecco… mi sono accorto di essere andato molto oltre e quindi alla fine ho cercato di stringere.

Allora, posso dire che il nostro è il Dio delle meraviglie? Non è tutto straordinario? Secondo la medicina da 16 anni dovevo già essere arrivato alla resa dei conti ed invece sono ancora qua a combattere per cercare di stare sul cammino.

Dio sia lodato e benedetto.

Andrea

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