TESTIMONIANZE DI FEDE – A raccontare questa bella testimonianza di fede, è il papà della piccola Benedetta, Bruno Fittipaldi.
Bruno vive con sua moglie e i suoi 3 figli (Ismaele, Manuela e Benedetta) a Francavilla in Sinni. Ha scritto un libro dal titolo “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo”, in cui racconta la malattia della piccola Benedetta dovuta alla leucemia, vissuta col sorriso e con la speranza e la fede che Dio non li avrebbe mai abbandonati.
Anche la Gazzetta del Mezzogiorno ha parlato della leucemia di Benedetta scrivendo questo titolo “Ha male a un piede – capricci di una bambina- invece era leucemia”
Successivamente Bruno Fittipaldi, ha scritto ed interpretato due cd, dedicati a Dio e alla sua famiglia.
Bruno perché ha dato questo titolo al suo libro “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo”?
Prima di iniziare questa intervista vorrei ringraziare Rita Sberna per avermi dato la possibilità di raccontare questa mia esperienza e per poterla condividere con tanta gente. Grazie di vero cuore. Ma il ringraziamento, il riconoscimento più sentito va a Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. Perché questo titolo ? Quando si ammalò mia figlia di leucemia, colpito da enorme dolore, non pensai minimamente che col tempo avrei potuto scrivere un libro. “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo” è una frase di uno scrittore contemporaneo, Umberto Galimberti, che mi colpì profondamente perché è molto significativa. Io penso che tante volte si guarda alle cose materiali e non ci si rende conto che la vera felicità è ben altra. Tante persone, secondo me, nel loro piccolo vivono momenti tristi, bui, difficili. Io dico loro di non mollare mai, di lottare sempre, anche quando si pensa di non potercela fare, perché il sacrificio porta sempre a raggiungere la meta desiderata. Secondo me, non bisogna fermarsi solo all’apparenza delle cose, ma guardare oltre in senso metafisico. La notte rappresenta il buio, porta tristezza, dolore, angoscia, ma se volgiamo il nostro sguardo oltre, riusciamo a vedere la luce della speranza che fa contemplare l’infinito nella sua pienezza. Il buio, il nero non è l’unico colore del cielo, bisogna riuscire a vedere le cose sotto altre gradazioni di colori. La speranza fa si che noi possiamo allargare il nostro orizzonte e vedere con gli occhi del cuore, fino a scorgere un nuovo mondo. Anche la foto di copertina che ho voluto scegliere è molto significativa: la luce di un tramonto rappresenta la fine di un giorno, di un passato doloroso da dimenticare e il ritorno ad una nuova vita, piena di amore e felicità. Scrivere questo libro è stato per me un viaggio interiore, unico e coinvolgente, che mi ha fatto capire la bellezza della vita, quando essa è preziosa e gioiosa, anche se tante volte ci facciamo prendere dalla quotidianetà, perdendo così i veri valori della vita.
A chi sono destinati i proventi del libro?
Parte dei proventi della vendita del libro l’ho devoluta all’associazione AGEBEO “Amici di Vincenzo” di Bari e all’associazione Gianfranco LUPO “Un sorriso alla vita” di Pomarico MT, per lo studio e la cura delle leucemie e dei linfomi infantili. Io devo molto a queste due associazioni perché mi hanno aiutato in tutti i sensi. Bari dista dal mio paese quasi due ore di macchina e non potevo permettermi di fare il pentolare tutti i giorni per stare vicino a mia figlia. Per un po’ di tempo non riuscii a trovare una sistemazione, un alloggio per dormire perché i prezzi erano troppo alti, e siccome avevo anche lasciato il lavoro non potevo affrontare altre spese. Quindi per un certo periodo decisi di dormire fuori dal Policlinico dentro la mia macchina, fino a quando ho incontrato il sig. Michele Farina, presidente dell’associazione AGEBEO che come un padre mi ha accolto in una delle case famiglie. Così anche il sig. Michele Lupo presidente dell’associazione Gianfranco Lupo “Un sorriso alla vita” mi confortava telefonicamente per quello che mi era successo dandomi forza e coraggio per andare avanti.
Circa 4 anni fa, venne diagnosticata la leucemia a sua figlia Benedetta. Cosa ricorda di quel momento in cui apprese la notizia?
Quando appresi la notizia mi ricordo che mi crollò il mondo addosso, come un fulmine a ciel sereno. Non sapevo cosa mi stava succedendo. Ricordo che ci sono voluti alcuni giorni per prendere coscienza di quello che mi era accaduto e per cercare una risposta ai mille perché che mi affollavano la mente. Mi chiesi perché tutto questo? Perché proprio a noi? Perché a mia figlia Benedetta? Avevo solamente tanta rabbia dentro, non avevo più la forza di reagire. L’immagine dell’istante in cui mi hanno comunicato che la mia bambina aveva la leucemia rimarrà per sempre nella mia mente come una fotografia. In quei momenti c’è solo il desiderio di rinunciare a tutto, perché mi sentivo impotente. Quindi presi coscienza e decisi che l’unica cosa da fare era affidarsi completamente a Gesù. In ogni istante ho sempre sentito che Dio era sempre vicino, al mio fianco, che mi donava coraggio, consolazione e gioia. Ho avuto bisogno di un fondamento che mi sostenesse nelle ore più tristi, questo fondamento è stata la Bibbia la Parola di quel Dio che è l’ancora della nostra vita. Ricordo che tutto le sere recitavamo il Santo Rosario con altri genitori nel corridoio del reparto invocavamo lo Spirito Santo affinchè da lassù proteggesse i nostri bambini. Ho scoperto durante la malattia di mia figlia, che dalla vita non si deve buttare via nulla. Ogni momento, infatti, qualunque esso sia, anche quello in cui la sofferenza sembra oscurare l’orizzonte, contiene una grazia, perché è l’occasione per compiere un passo verso il Signore, verso la pienezza della nostra vita. La malattia di mia figlia è stata sicuramente un fatto negativo che mi ha completamente stravolto la mia esistenza, ma a volte penso che, se questo non fosse successo, tante cose non le avrei fatte, tante persone meravigliose non le avrei conosciute, tante esperienze non le avrei vissute. E’ stato il segno di una nuova conversione, tutto rientrava in un progetto divino.
Prima dell’inizio di questo calvario, eravate già vicini alla fede?
Io sono stato sempre una persona credente di sani principi morali. Sin da piccolo ho sempre frequentato la chiesa non solo di domenica andando a messa, ma attivamente partecipando a tante attività parrocchiali. Sono catechista da più di 20 anni e per approfondire la mia fede mi sono diplomato in teologia in un istituto di scienze religiose. La mia vita è stata sempre piena di fede. Nelle decisioni più importanti c’è stato sempre l’affidamento al Signore con la preghiera. Con la preghiera, con la Sua presenza nella mia vita è stato possibile vedere il mondo anche sotto altre gradazioni di colore e non permettere alla malattia di vincere questa battaglia. Ho incontrato Gesù, in ogni giorno della lunga degenza di Benedetta, nell’Eucarestia, nella preghiera e nella mia famiglia che mi è stata sempre vicina.
Vi siete accorti che Benedetta era affetta da leucemia, nel momento in cui cominciò ad avere dolori ad un piede?
Ricordo che tutto iniziò nel mese di luglio 2009, quando Benedetta cominciò ad avvertire dolori al piede sinistro. Io e mia moglie la portammo in ospedale a Lagonegro, un paese vicino al nostro, dove le fecero delle radiografie, ma dagli esami radiologici non emerse nessun dato allarmante. Tornati a casa ci accorgemmo che il problema persisteva, anzi peggiorava. Più passavano i giorni e più la piccola camminava male, zoppicava e piangeva per il dolore. Dopo una quindicina di giorni tornammo di nuovo in ospedale, in ortopedia, dove fu confermata la stessa diagnosi. Ma più passava il tempo e più il dolore dal piede si estendeva alla schiena. Ritornammo ancora una volta in ospedale, dove posso dire di non aver ricevuto un trattamento umano. Ci dissero che eravamo dei genitori molto apprensivi e che la bambina aveva solamente capricci. Però, invece di tornare a casa, io e mia moglie decidemmo di portare Benedetta dal pediatra di famiglia privatamente. Il pediatra si accorse subito che qualcosa non andava e con un semplice emocromo del sangue decise di mandare la bambina all’ospedale di Matera con una diagnosi ben precisa. Quindi i valori risultarono alterati e dall’ospedale di Matera il giorno seguente Benedetta fu trasferita di urgenza al Policlinico di Bari, dove fu fatto subito l’aspirato midollare e poi……………………..
Com’era Benedetta durante il periodo della sua malattia?
Benedetta, protagonista del mio libro assieme alla sua amica-nemica leucemia, nonostante i suoi 4 anni è stata per tutti noi maestra di vita, perché anche nei momenti di sofferenza ci ha insegnato a sorridere, ci ha fatto capire che non bisogna mai scoraggiarsi e lasciarsi andare, ma continuare a lottare e guardare fiduciosi avanti. E’ stata ed è una bambina dalle capacità straordinarie perché ha accettato con molta pazienza tutte quelle difficoltà che violavano il suo essere bambina. Era lei che ci dava conforto e coraggio. Ricordo che il più delle volte , io e mia moglie, per non farci vedere piangere andavamo nei corridoi del reparto o fuori dall’ospedale e lì ci sfogavamo a vicenda. Ma lei al ritorno, guardandoci negli occhi lucenti e arrossati si accorgeva che noi avevamo pianto. Un giorno mi disse: “ Papà perché tu e la mamma piangete spesso ? Se io sono qui in ospedale è perché devo guarire, quindi non devo morire”. Sono rimasto pietrificato a sentire quelle parole, e che una bambina di solo 4 anni, nel suo dolore, ci stava confortando e ci dava la forza di andare avanti. Ha sopportato la malattia con molta serenità senza lamentarsi mai, quasi felice di conformarsi a Gesù Crocifisso. Nel suo sorriso, durante la lunga degenza, si è riflesso un amore divino che la rendeva forte e coraggiosa in ogni momento della giornata. Sin dall’inizio ha accettato il lungo ricovero in ospedale, durato 7 mesi circa, nonostante leggeva nei nostri volti l’ansia, la tristezza e a volte la disperazione. Io ringrazio sempre il Signore per avermi donato la piccola Benedetta, una creatura dolce e stupenda che ha dato un’impronta indelebile nella mia vita.
Come mai decise successivamente di incidere due cd di musica cristiana?
L’esperienza di malattia di mia figlia Benedetta, l’esperienza di sofferenza, di dolore, ha fatto nascere in me il desiderio di raccontare gli eventi fondamentali di un periodo triste della mia vita, e dopo aver scritto il libro, l’incontro con il Signore ha fatto nascere in me il desiderio di scrivere e cantare per Lui. Canti che esprimono la bellezza dell’incontro con il Signore e con la sua Parola. Sono frutto dell’esperienza di amicizia e di preghiera in un tempo di riflessione e meditazione. Avvicinarmi sempre più alla Parola di Dio, al significato di sofferenza e di morte è servito a nutrire il mio cuore, oltre che la mia mente. Con la musica si comunica in modo più vero e profondo: quando gesti, parole, silenzi vogliono trovare una capacità espressiva più intensa esigono la musica. Non che le parole cambino, ma col canto acquistano una risonanza non solo acustica, ma spirituale. Il grido di gioia e di sofferenza, l’amore e l’odio, la vita e la morte, trovano nella musica una partecipazione ed una esperienza personale adeguata e piena. La musica ha uno spessore comunicativo che non può essere disatteso. Dobbiamo convincerci che solo la musica esprime in profondità tutte le parole; le parole dette senza musica non possono dire tutto il contenuto che hanno dentro. Questo vale anche per la Parola di Dio, quanto viene celebrata, pregata e vissuta in un rito cristiano. Ho scoperto che la musica aiuta a scoprire il volto di Dio, e il canto mi fa vibrare in sintonia con la sua parola, facendola comprenderla meglio. La musica, questa incredibile evanescenza di note, mi ha fatto provare emozioni e sensazioni infinite, stupende come amore, tristezza, gioia, dolore, lacrime. Ho trovato la mia vita, il mio orgoglio, la mia dignità, il mio coraggio, la mia audacia, la mia mente. La mia vita fatta di delusioni e lacrime, di amore e felicità, ho sempre desiderato un amore eterno: in momenti tristi del mio spirito ho sentito il bisogno di scrivere musica per dedicarla a nostro Signore, unica fonte di vita e speranza. Così nascono i miei due cd: “Cerco e trovo Te Gesù” e “ Amore Indelebile”.
Chi è la persona speciale di cui parla nel libro, conosciuta nel 2009?
In un capitolo del mio libro ho voluto parlare di una persona molto “speciale”, una di quelle persone che non si dimenticano facilmente e lasciano il loro segno indelebile per sempre. Una persona che non avrei mai voluto incontrare, dal suo sguardo profondo, penetrante, coinvolgente, alta, esile, dal sorriso molto accattivante, molto severa e poco affidabile. Una persona dagli occhi tetri, scuri, sempre triste, molto longeva, i suoi occhi brillavano di una luce misteriosa. Per causa sua ho pianto tanto fino al punto di odiarla con tutto il mio cuore. Io parlavo sempre male di lei e quando le parlavo lei non mi ascoltava mai, in silenzio meditava e continuava a percorrere la sua maledetta strada, accennava sempre al suo passato glorioso, alle sue infinite vittorie, ma io pensavo in cuor mio che prima o poi anche lei doveva lasciare finalmente questo mondo ed essere dimenticata da tutti. Ovviamente la persona di cui parlo è la “leucemia”. Ho voluto personificarla perché nel mio cuore ero talmente pieno di odio nei suoi confronti e nei momenti di sfogo parlavo con lei come se fosse una persona viva e vera. Mi sono sempre sentito forte nei suoi confronti perché vicino a me sentivo sempre la presenza di Gesù Cristo che mi dava forza e coraggio con la speranza di guarigione della mia piccola Benedetta.
Alla fine dei ricoveri, una caduta accidentale causò una frattura al ginocchio di Benedetta. Cosa successe poi?
Eravamo quasi alla fine dei ricoveri ospedalieri; Benedetta terminò la fase di consolidamento come da protocollo e fu dimessa in soddisfacenti condizioni generali, per un breve periodo di riposo, prima di iniziare la fase successiva di reinduzione. Purtroppo, mentre era casa, una caduta accidentale, alquanto banale, le causò una frattura al ginocchio destro, e, in seguito ad una valutazione clinica all’ospedale di Policoro, le fu applicata una valva di contenimento sull’arto interessato. Quando tornammo a bari per continuare la terapia, i dottori presero subito in considerazione la frattura al ginocchio. In previsione della rimozione della valva di contenimento, i medici effettuarono un esame scintigrafico di controllo del femore. I risultati non dimostrarono alcuna lesione ossea, ma evidenziarono una osteolisi mal definita con infiltrazione della corticale ossea. Secondo qualche dottore si sarebbe trattato di una recidiva della malattia in atto. La notizia ci sconvolse, io e mia moglie rimanemmo pietrificati. Non era possibile una recidiva; tutto stava procedendo per il verso giusto, e adesso ? Aver trepidato, sperato, combattuto….. era stato tutto invano ? Era veramente tornata a manifestarsi la leucemia nel corpo di Benedetta ? Eppure, tutto sembrava procedere così bene fino a quel momento. Disperato, cercai di pregare e dovetti constatare che nel mio cuore non regnava più la pace. Successivamente, furono effettuati ulteriori esami alla gamba di Benedetta. Fu eseguita una TAC, poi una Risonanza magnetica fino ad arrivare alla biopsia, con l’asportazione di un frammento del tessuto osseo. I risultato finali furono incoraggianti: non risultò alcun tumore, nessuna recidiva e finalmente Benedetta passò alla fase ultima di mantenimento. Qualche giorno prima che la bambina venisse dimessa dall’ospedale, festeggiammo nel reparto, dopo quasi otto mesi di lunga degenza il ritorno a casa.
C’è stato un attimo, in cui dopo la guarigione temevate che la malattia ritornasse?
La certezza della guarigione c’è sempre stata in me, visto i tanti segni che ho avuto dall’alto. Però ho avuto anche tanta paura per una ricaduta della malattia. Tanta paura che la mia piccola Benedetta non poteva farcela. Questo perché, a Bari in quel reparto di oncoematologia-pediatrica ho visto tanti bambini che purtroppo non hanno sconfitto la “bestia”. Mi sono sempre sentito impotente di fronte all’ineluttabile; mi sono sempre impegnato per raggiungere quella pace interiore per poter accettare tutte quelle prove dolorose alla quale siamo chiamati. Di fronte alla malattia, che sembra travolgere la nostra esistenza e le nostre aspirazioni, è importante avere una grande fede in Gesù Cristo, fonte della vita.
In ospedale, avete ricevuto molti segni dal cielo. Può raccontarceli?
Era il 14 Agosto 2009, vigilia di ferragosto. Il reparto di oncoematologia- pediatrica era quasi vuoto; c’erano pochi bambini ricoverati e la maggior parte dei dottori era in ferie. Eravamo a Bari solamente da due giorni e mi sembrava un’eternità, come se il tempo si fosse fermato all’improvviso. I medici avevano fatto l’aspirato midollare, per scoprire il tipo di leucemia che aveva contratto Benedetta, però ci avrebbero comunicato l’esito solamente dopo alcuni giorni, perché avevano mandato gli esami a Padova, per ulteriore conferma dello stato di malattia. Bisognava aspettare. L’attesa era lunga, la tensione alle stelle, le lancette dell’orologio sembravano essersi fermate, non c’era nessun dottore disponibile per avere un colloquio; tutto fermo, deserto. Ricordo che quel giorno avevo tanta voglia di pregare, allora lasciai in reparto mia moglie con la bambina e uscii. Fuori dal Policlinico vi è una enorme piazza, e, situata al centro, si erge una bellissima statua di San Padre Pio. Mi sedetti vicino alla statua a incominciai a recitare il Santo Rosario. Erano le ore 13:00, la piazza era deserta, il sole di Agosto cocente picchiava sull’asfalto, nessuna anima viva circolava in quel momento; il silenzio era totale. Iniziai la recita del Santo Rosario. All’improvviso, una colomba in volo si posò ai piedi della statua. In un primo momento, assorto nella preghiera, non diedi importanza alla sua presenza. Solo dopo mi accorsi che era l’unica colomba presente in quella piazza, che era lì immobile e mi fissava negli occhi. Rimase con me fino al termine del Santo Rosario. Alla fine un’altra colomba scese in volo ed entrambe volarono via lontano da me. Rimasi ancora un po’ a riflettere su quanto era successo, cosa avrebbe voluto significare quella colomba, lì accanto a me in quel momento difficile della mia vita, ma non trovai subito una risposta. Euforico per l’accaduto, raggiunsi il reparto per raccontare tutto a mia moglie. Non appena giunsi davanti a lei per esternare la mia gioia, mi bloccò perché volle raccontare quello che le era successo nello stesso momento in cui io ero fuori a pregare. Mentre Benedetta riposava, spinta da un forte desiderio di pregare, mentre sfogliava il libro della Madonna miracolosa, aveva visto apparire tra le pagine bianche una immagine di Gesù misericordioso che giaceva sull’uscio di un enorme portone illuminato da una luce bianca immensa. La visione era durata solo alcuni secondi. Di lì a poco era passato in reparto il dott. Santoro, che non era di servizio quel giorno, e le aveva comunicato l’esito degli esami di Benedetta, trasmesso dall’èquipe dei dottori di Padova. Benedetta aveva la leucemia, ma quella linfoblastica acuta, con una alta percentuale di possibilità di guarigione. Un altro episodio risale al 26 Agosto 2009, quando Benedetta fu sottoposta ad un intervento chirurgico. Le fu applicato un catetere tipo Broviac nella parte interna del collo, collegato alla vena aorta, vena centrale del cuore, per facilitare prelievi e immissioni di medicinali chemioterapici. In quella occasione, nell’attesa dell’intervento chirurgico, tenutosi in un’altra struttura ospedaliera, mia moglie mentre sostava nel corridoio fuori della stanza di Benedetta, vide nella vetrata, che separava il corridoio dall’ingresso del reparto, una figura umana di riflesso sul vetro: rappresentava una donna con il velo in testa e con le braccia aperte. Si girò di scatto, ma dietro di lei non c’era nessuno. Solamente alcuni giorni dopo, per caso, vedendo delle vecchie foto appese nella sala infermieristica, si accorse che quell’immagine che aveva visto riproduceva la statua di una Madonna che dapprima era situata nel corridoio del reparto e che era stata tolta per lavori di ristrutturazione. Comunque, dopo una lunga attesa fatta di preghiere e meditazioni, l’intervento della piccola Benedetta si concluse e andò per il verso giusto.
Che cosa vuole dire a tutti quei genitori che in questo momento sono in ospedale a combattere con la malattia dei propri figli?
Io mi rivolgo a tutte quelle persone che vivono momenti tristi e bui e dico loro di lottare sempre per andare avanti con la consapevolezza che Gesù è sempre accanto a ognuno di noi e non ci abbandona mai. Spero di vero cuore che tutti coloro che vivono momenti difficili possono trovare la luce della fede e della speranza in Gesù Cristo nostro Signore, e di avere accanto familiari ed amici capaci di sostenerli, come è stato per me; nessuno di noi nella vita meriterebbe di soffrire e in particolar modo i bambini. In conclusione vorrei dire che molti hanno condiviso la mia sofferenza e mi hanno aiutato a superarla. Hanno fatto si che non mi sentissi mai solo, regalandomi un sorriso, una parola, un abbraccio. E’ stato un lungo viaggio quello della sofferenza. La sofferenza e la malattia provocano un dolore immenso, uniscono le persone con un legame profondo, perché di fronte a situazioni drammatiche non ci sono differenze di età, di ceti sociali, ma siamo tutti uguali, viviamo tutti sotto lo stesso cielo. La sofferenza trova un senso vero solo se condivisa amorevolmente con Gesù Cristo. Vorrei dire a tutti a gran voce : “ Apriamo il nostro cuore a Gesù, affinchè operi in ognuno di noi, non dobbiamo avere paura della sua presenza”.
Servizio di Rita Sberna