Mi sono accorto che non c’era niente che mi convincesse di più che Gesù…
ARTICOLO TRATTO DA VOCAZIONEFRANCESCANA.ORG
Se c’è un fenomeno davvero singolare in questi nostri anni è il pellegrinare, il partire, l’andare a piedi verso mete lontane come a Santiago di Compostella, Roma o ad Assisi,
È strano vedere in un tempo ipertecnologico tantissime persone vivere questo tipo di esperienza così essenziale e povera e molto francescana!
Si parte, zaino in spalla e nulla più, alla ricerca di un senso più profondo dell’esistenza, di un contatto più immediato con se stessi e gli altri e la natura, di un incontro più vivo con Dio. Si parte anche con tante domande alla ricerca della propria strada di vita, della propria vocazione..
Al riguardo ho chiesto a fra Nico, un giovane frate (26 anni) di Padova di raccontarci la sua esperienza vocazionale, la sua ricerca di senso, che proprio sulle vie del pellegrinaggio ha trovato risposta e maturazione con la scelta di entrare in convento tra i frati francescani. Lo ringrazio di cuore invitando ciascuno a pregare per lui e suggerendovi fortemente, se siete in ricerca vocazionale, a intraprendere un cammino e un pellegrinaggio a piedi: le risposte arriveranno!! Statene certi!
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
Caro fra Alberto,
mi è capitato varie volte in questi anni di parlare della mia vocazione, ma è sempre difficile, sempre un tentativo destinato a dire solo qualcosa della sovrabbondanza vissuta e sentita sulla pelle… Comunque ci provo anche grazie alla tuo invito e alla sollecitazione di collegare la mia vicenda vocazionale al pellegrinare. Del resto, come ben sai, nella mia storia, la chiamata alla vita francescana e il pellegrinaggio sono intimamente legati.
Provengo da un piccolo paese della campagna padovana e sono cresciuto in una bella famiglia (ho due sorelle), con relazioni semplici e autentiche
. Passavo molto tempo in parrocchia, in oratorio, facendo l’animatore con il mio gruppo di amici: era un bel ambiente, si stava bene insieme, ci si divertiva, si vivevano bei valori e si cercava di trasmetterli agli altri. In tutto questo il Signore però c’entrava poco: certo, ho ricevuto la fede dai miei, ma oltre la messa domenicale non avevo un rapporto vivo con Lui…Ma, ad un certo punto, il nostro vice-parroco ci ha fatto una proposta: “ragazzi, quest’anno invece che fare il solito campo estivo in montagna, andiamo ad Assisi dai frati…!”. Detto, fatto, ci siamo ritrovati dentro un ambiente del tutto nuovo, con stimoli e proposte inedite per noi. Io avevo 17 anni, e quella settimana dell’agosto 2006 mi ha cambiato la vita. Lì infatti si sono condensate per me tante cose: le miei crisi adolescenziali, i miei desideri, le mie paure… e un notte, mentre piangevo in accappatoio nel buio della cappella, per la prima volta ho conosciuto la presenza del Signore, ho sentito che Lui era lì, che mi abbracciava, mi consolava. Ciò che mi ha sconvolto era che Lui mi voleva bene, e che voleva stare con me, senza pretendere nulla; che non mi chiedeva di cambiare, di diventare chissà che cosa, di migliorare, no no, Lui mi voleva bene così com’ero, Lui voleva solo stare con me. Io non avevo mai vissuto un amore così gratuito, incredibile…
Ecco, diciamo che da quel momento è scaturito tutto un cammino, accompagnato dai frati, che nel tempo mi ha portato in convento. Non che sia stato tutto ovvio, automatico, non che sia stata discesa! Sono tornato da Assisi senza alcuna idea, solo con il desiderio forte nel cuore di vivere ancora quell’esperienza con il Signore, di imparare a stare con Lui.
In quell’anno però la vita mi ha portato ancora altrove, ma, come si sa, il Signore non ti lascia in pace, e così il maggio successivo è tornato alla carica, ancora attraverso il don: “ragazzi, che ne dite di fare un’esperienza strana, il cammino notturno di sant’Antonio?”. Detto, fatto. Si tratta di un cammino nella notte che ripercorre l’ultimo tratto di strada (nel vero senso della parola) della vita di Antonio, quando a Camposampiero (Pd) ormai morente chiede di essere portato in città a Padova, dove morirà il 13 giugno 1231. Circa 25 chilometri dal sabato sera alla domenica mattina, con centinaia di giovani… Quella notte, camminando, sudando, ho re-incontrato alcuni dei frati che avevo conosciuto ad Assisi, ho scoperto che anche Antonio era un francescano, e così, parlando con uno di loro, è risgorgato fuori dal mio cuore tutto quel vissuto!
Accompagnato dai frati allora ho percorso le tappe del Gruppo San Damiano (il gruppo di ricerca vocazionale dei frati del Nord Italia) che mi ha portato l’anno successivo, dopo la maturità, alla scelta: ora che si fa? Seguo la mia grande passione per la matematica, mi iscrivo all’università e divento professore, oppure… Mi sono accorto che non c’era niente che mi convincesse di più che Gesù
, e che valeva la pena almeno provarci per un anno, e poi magari ritornare sui miei passi se non avesse funzionato. Così sono entrato in convento a settembre 2008, con questa sfida. E ora, fra molte peripezie, sono qui, dopo 7 anni di cammino, a festeggiare un anno di professione religiosa, e a confermare che non c’è davvero nessuno come il Signore!Ma c’è un altro passaggio che ci interessa. Come ho già raccontato con me il Signore ha usato proprio un pellegrinaggio (anche se di un solo giorno) per ri-pescarmi, ri-mettermi in cammino dietro di Lui. È proprio vero: il Signore ci parla con la nostra lingua, ci incontra attraverso quello che noi capiamo e sappiamo gustare. Il cammino, l’andare, ha sempre fatto parte di me: ricordo le lunghe escursioni in montagna fin da piccolo con i miei genitori, e poi durante l’adolescenza il mio correre in bici usato come sfogo, con scarico di tutte le tensioni che si accumulavano lungo le giornate… Insomma, per farla breve, quella notte, quel camminare, era nelle mie corde, e il Signore ha avuto gioco facile a farle suonare!
Ma, come dicevo, c’è di più. Durante la primavera del 2008, quando, come dicevo prima, stavo cercando di prendere un scelta, mi è arrivata un’altra proposta, che ho subito avvertito come un grande, enorme, regalo che il Signore mi stava facendo: “Nico, ci sono due frati che ad agosto faranno il cammino di Santiago: vuoi andare anche tu?”. Io avevo da tempo nel cuore il desiderio di fare Il Cammino (ancora oggi non so spiegarmi da dove venisse), e ricordo che ancora prima di tutti questi incontri, avevo pensato proprio all’estate dopo la maturità per andare… e ora arriva così, gratuitamente, su un piatto d’argento.
Ad oggi sono passati 7 anni, ma ho ancora nel naso i profumi e gli odori, negli occhi la bellezza, nei piedi il dolore, nella pelle il sudore e la polvere di quel mese incredibile. Non so ben descriverlo, ma è stato un passaggio chiave, come un lungo viaggio dentro di me, come un’opportunità unica per rimettere insieme tutti i pezzi dei miei 19 anni e riordinarli intorno a ciò che stavo per vivere da lì a poco con l’entrata in convento. È stata un’esperienza così forte, così centrale, che sempre poi ho cercato e cerco di vivere dei tempi di pellegrinaggio a piedi. Non ho più avuto l’occasione di dedicarvi un mese, ma qualche giorno o una settimana sì. Ho fatto un pezzo della francigena, un tratto del cammino di Francesco nella valle Reatina, poi Assisi-Roma, poi il Cammino lungo di Sant’Antonio (Bologna-Monte Paolo)… Insomma, cerco (anche se non è sempre possibile) che un tempo di pellegrinaggio caratterizzi sempre la mia estate.
Cosa significhi per me vivere un pellegrinaggio, un cammino, è difficile da spiegare. Forse è come guardare dentro la vita inforcando degli occhiali diversi. È come svolgere, dispiegare, il vissuto di ogni giorno dentro il movimento di passi che si succedono uno dopo l’altro. Percepisco la vita come un cammino, e quindi concretizzare questa metafora dentro un andare fisico, una fatica concreta, un sudare reale, permette un incontro unico con il proprio essere, il proprio cammino spirituale, la propria realtà interiore. Tantissimi aspetti di un cammino permettono di dare sostanza a ciò che viviamo simbolicamente ogni giorno, e il dare sostanza significa per l’uomo guardare in faccia, gustare, assaporare, sperimentare, conoscere davvero. È come passare dall’idea che Gesù si sia donato tutto a noi (livello conoscitivo) al mangiare, masticare, il suo corpo nel pane eucaristico (livello fisico, esperienziale).
Per questo motivo credo che per il mio cammino vocazionale e umano il pellegrinaggio sia stato veicolo insostituibile di incontro con le profondità di me stesso e le profondità di Dio. In generale perciò penso che, per chi ha il camminare nelle proprie corde, per chi parla questa lingua, il pellegrinaggio possa essere davvero un’esperienza capitale nel proprio cammino vocazionale, di ricerca della propria identità e di come Dio vi sia invischiato dentro.
Caro fra Alberto ho provato a seguire il tuo invito, raccontando la mia storia vocazionale così intimamente unita al camminare, al pellegrinaggio. Non so se sono riuscito a trasmettere qualche cosa di bello e utile anche per altri giovani. Spero almeno di avere suscitato nel cuore di altri ragazzi il desiderio di mettersi in cammino, di andare e rischiare, di partire con poche cose nello zaino, con un pò di fede e un Vangelo: sulla strada, infatti, sempre Gesù chiama e si rivela così come ha fatto con me. A presto.
fra Nico – franico@vocazionefrancescana.org
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