Correva l’anno 1623 ed era il 30 di aprile quando Francesco e Girolamo Genin, decisero di tornare a casa dai genitori sfuggendo dal temuto insegnante di latino, il signor Crozet. Costui, infatti, soleva punirli duramente quando non imparavano le lezioni. I piccoli Genin, dunque, partirono di nascosto e di primo mattino per lasciare Les Ollièrs, paesino a sud di Ginevra, e giunsero così davanti al fiume Fier: un freddo fiume montano che spesso, in primavera e con lo sciogliersi delle nevi, si gonfiava e straripava prima di sfociare nel Rodano.
I due fratelli, rispettivamente di tredici e di quattordici anni, fissavano sconsolati sia l’impeto del fiume in piena, sia il piccolo ponte formato da tre assi di legno, non fissate tra di loro ed alquanto insicure. Se volevano tornare a casa quel ponte era la loro unica possibilità. “Esitammo a salirvi, temendo per la nostra vita; ma la paura di ricadere nelle mani del signor Crozet ci fece superare quel timore” dichiarerà in seguito Francesco.
Sarà che il fatto accadeva a poca distanza da Annency, località in cui era stato tumulato, nel 1622, l’allora beato Francesco di Sales che in vita era stato vescovo di Ginevra; sarà che a quel tempo erano ancora vivi quegli strani sentimenti da “fanatici, ignoranti e bigotti” che fan chiedere protezione a beati e santi, fatto sta che, prima di tentare l’attraversamento, i due giovani si inginocchiarono e chiesero protezione al servo di Dio e loro conterraneo Francesco di Sales. Gli fecero persino un voto: se avessero passato indenni il fiume avrebbero visitato la sua tomba ed ascoltato la Messa nella chiesa della Visitazione ad Annency. Girolamo, il più grande dei due, salì per primo ed arrivò al centro del ponte e del fiume.
E proprio lì avvenne la disgrazia: un passo falso, il tempo di gridare “Beato Francesco di Sales, salvami!”, poi la faccia contro le assi de ponte ed infine la caduta in acqua. Subito il fratello tredicenne corse su ponte per prestare aiuto a Girolamo. Ma finì a sua volta in acqua, sebbene non distante dalla riva. Francesco invocando anch’egli e più volte l’ omonimo beato, riuscì a mettersi il salvo e, rialzatosi, corse per centinaia di metri lungo il fiume, per riuscire a scorgere Girolamo… Nulla.
Il fiume e la corrente l’avevano fatte sparire. Non rimaneva che tornare i Les Ollièrs, per avvertire il signor Puthod, parroco cui erano stati affidati dai genitori. Ma non trovando nè Puthod nè Crozet, Francesco lasciò detto al sagrestano di riferir loro della disgrazia e nel frattempo si diresse al fiume con alcuni compaesani che volevano aiutarlo.
Davanti al ponte si erano già raggruppali molti abitanti di Ornay, il vicino paese che Francesco aveva attraversato in precedenza riferendo tra le lacrime quanto era successo. Ad ormai più di quattro ore dall’accaduto, si continuò a cercare il corpo di Girolamo più per dargli cristiana sepoltura che per la speranza di ritrovarlo vivo.
Si stava per desistere, quando giunse tale Alessandro Raphin, noto ed esperto nuotatore subacqueo conosciuto nella regione come abile ripescatore di corpi annegati. Ma dopo due tentativi falliti anche Raphin voleva desistere; l’acqua era troppo fredda e lui era ormai stremato. Per oltre un’ora si cercò di trovare lungo il fiume, un’ansa od una buca dove il cadavere poteva essere rimasto impigliato. E proprio in una buca assai profonda, il signor Raphin, dopo essere stato convinto a fare un ultimo tentativo, si gettò e rinvenne il cadavere di Girolamo.
Il corpo del ragazzo appariva alla vista di tutti i numerosi presenti esanime, bluastro, gonfio, pieno di contusioni e quasi irriconoscibile. Sempre Raphin si caricò il corpo sulle spalle e lo portò a Ornay dove lo depose in un fienile.
Il parroco locale constatò, dopo accurato esame, che il ragazzo era sicuramente morto e fece scavare una tomba nel cimitero della chiesa. Per il funerale bisognava però aspettare l’arrivo del parroco tutore dei Genin. Invero non ci fu da aspettare molto, ma erano già le sei di sera e quindi si decise che la cerimonia funebre sarebbe stata celebrata l’indomani. Il parroco Puthod si fece raccontare tutta la storia sin nei dettagli e quando udì dell’invocazione al beato Francesco di Sales ebbe un sussulto.
Poco prima, infatti, mentre stava pregando nel fienile, presso la salma di Girolamo, aveva fatto il seguente voto: “se Dio si compiacerà di ridare la vita al morto per glorificare il suo vero Servo Francesco di Sales, reciterò in loro onore nove messe per nove giorni di fila sulla tomba del beato”. Durante la notte venne celebrata la veglia funebre ed al mattino seguente si preparò al funerale. Del resto, quel corpo annegato il giorno prima appariva sempre più malridotto ed irriconoscibile.
Il cadavere viene portato dal parroco di Ville e qui si fa scavare una tomba. Si decide però di non seppellirlo subito per attendere l’arrivo del sacerdote (don Puthod) dalla cui casa i due ragazzi erano scappati.
La sera stessa giunge il sacerdote. Questi è addoloratissimo perché in un certo qual modo si sente responsabile di ciò che è successo: se solo fosse stato meno severo… Il sacerdote decide di pregare a lungo vicino alla salma. Poi si fa raccontare dal sopravvissuto come fosse avvenuta la disgrazia. Il ragazzo gli confida che prima di attraversare il torrente in piena i due avevano fatto un voto a san Francesco di Sales (ancora non santo, ma la cui devozione già era molto sentita), promettendo di andare in pellegrinaggio alla sua tomba se fossero riusciti a passare all’altra riva sani e salvi.
A queste parole don Puthod rimane molto meravigliato e dice al ragazzo che vicino alla salma si è appena sentito spinto ad invocare l’aiuto di san Francesco di Sales affinché il povero Girolamo possa ritornare in vita.
Inizia la veglia funebre. Don Puthod incarica un uomo di andare a depositare sulla tomba di san Francesco di Sales, ad Annecy, un foglio sul quale è scritto che se il Santo avesse esaudito la sua preghiera, lui, don Puthod, avrebbe celebrato per nove giorni consecutivi la Santa Messa nella chiesa in cui riposava il Santo.
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Intanto la salma del povero Girolamo si è fatta sempre più brutta e deformata (sono ormai passate molte ore dal ritrovamento), ma proprio quando la si sta per deporre nella tomba, Girolamo alza un braccio. Lo si sente lamentare e pronunziare con voce flebile le parole: “O beato Francesco di Sales!”
Eppure…
Quando Girolamo Genin stava per essere sollevato e deposto nella bara, prima lo si vide alzare un braccio e, subito dopo, lo si sentì pronunciare: “O beato Francesco di Sales'”. Tutti rimasero sorpresi e meravigliati.
Alcuni dei presenti fuggirono, altri persero i sensi e solo in pochi trovarono il fiato ed il coraggio per gridare al miracolo. Girolamo venne aiutato ad alzarsi e sebbene presentasse parecchie contusioni era vivo! Bevve, si ripulì dalla sabbia del fiume, mangiò e raccontò che, prima di alzarsi, gli era apparso il Beato Francesco di Sales che l’aveva benedetto.
Il 4 maggio i fratelli Genin ed il parroco Puthod si recarono ad Annency per tener fede al proprio voto. Un altro miracolo attendeva Girolamo che, dopo essersi coricato sulla tomba del Servo di Dio, sentì sparire di colpo tutti i dolori e le contusioni di cui ancora soffriva. Nel maggio 1665 Francesco di Sales venne canonizzato e fra i presenti alla cerimonia vi era pure il risorto Girolamo.
Redazione Papaboys