(…) Padre Svet si fermò dietro la canonica mentre io parcheggiavo il più vicino possibile, sapendo che quello era, un’altra volta, il mio ultimo giorno a Medjugorje. Scendendo dall’auto disse: «Prima facciamo colazione, poi andiamo da Marija».
Ci raggiunse un certo padre Nicholas, un giovane francescano dal fare calmo, a Medjugorje da pochi mesi. Era ansioso di raccontare a padre Svet qualcosa che era appena successo. Iniziò a parlare in croato e subito Svet gli fece cenno di fermarsi. Poi, voltandosi verso di me, disse: «Prendi qualche appunto: sembra qualcosa di interessante per il tuo libro. Ti tradurrò quello che dice».
Cominciai a scrivere freneticamente mentre padre Nicholas gli raccontava la storia di Mira (non è il vero nome), una donna di poco più di trent’anni proveniente da un paesino della Jugoslavia del Nord.
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Mira era cresciuta in una famiglia cattolica molto praticante, ma, innamoratasi di un giovane attivamente impegnato nel partito comunista, aveva lasciato la Chiesa. Il suo parroco l’aveva avvertita che si era messa su una strada che poteva portare solo dolori a lei e alla sua famiglia; ma lei non volle ascoltare e i due si sposarono. Dato il coinvolgimento del marito nel partito, Mira non se la sentì di continuare a frequentare la chiesa. Come il prete le aveva predetto, si estraniò dalla famiglia, e tale situazione si protrasse anche dopo la nascita del primo figlio, storpio per una forma di distrofia muscolare. Nei successivi cinque anni questa tragedia e le quotidiane avversità della vita ridussero Mira in condizioni disastrose. Soffriva di una forma acuta di ansia che curava prendendo medicinali in dosi sempre più massicce finché fu colpita da epilessia. A fine autunno 1986, vittima ormai di trenta e più attacchi al giorno, fu necessario ricoverarla all’ospedale di Zagabria.
Per diciassette giorni i dottori tentarono ogni cura senza alcun risultato. Le sue condizioni peggioravano costantemente, finché, forse a causa delle terapie cui era sottoposta, divenne cieca. I medici ammisero la loro impotenza, e il marito fu autorizzato a riportarla a casa: non c’era speranza di salvezza.
Ormai Mira attendeva solo l’inevitabile. Un giorno, però, accadde una cosa straordinaria: le sembrò di sentire una voce che diceva: «Devi tornare a Dio e pregare».
Il marito credeva si trattasse di delirio dovuto alla malattia e alle medicine e cercava di calmarla. Ma lei non si arrendeva; cominciò anzi a sostenere che la voce le chiedeva di uscir fuori. Egli si oppose energicamente: i medici avevano detto che doveva stare a letto e, nel timore che ogni sforzo potesse anticiparne la fine, continuava a sorvegliarla per essere sicuro che non si alzasse.
Alla fine, però, dovette assentarsi da casa. Appena fu uscito, Mira riuscì a lasciare il letto. Lentamente si trascinò fino alla porta d’ingresso e uscì fuori.
Mira cadde in ginocchio: «Madre santa», singhiozzò, «ti prego, guarisci mio figlio; ha solo cinque anni!».
«Tuo figlio non è responsabile della sua malattia, ma la sua sofferenza sarà fonte di salvezza e conversione per molti. Non chiedere per lui; chiedi per te stessa. Va’ a Medjugorje e sarai guarita ».
Fu tutto. Mira tornò cieca e, carponi, rientrò in camera da letto. Al ritorno del marito cercò di spiegargli che cosa era successo, ma egli non le credette; anzi, fu rattristato dal fatto che quello che egli definiva delirio sembrava peggiorare. Mira gli chiese di portarla a Medjugorje, ma questo, disse lui, era assolutamente fuori discussione.
La Madonna le apparve di nuovo nella sua camera da letto. «Madre Santa», disse Mira piangendo, «mio marito non vuole portarmi a Medjugorje!».
«Conosci qualcuno in questo paese che possa pregare per te?»
«No», rispose la donna, «si sono allontanati tutti da Dio.»
«Neppure io ne conosco. Va’ a Medjugorje», e scomparve.
Mira non pensava ad altro: l’unica cosa di cui parlava era Medjugorje. Quando suo marito, disperato, decise che l’unica cosa da fare era riportarla all’ospedale di Zagabria, divenne isterica. Finalmente, per tranquillizzarla, acconsentì a condurla a Medjugorje. L’8 novembre presero il treno per Mostar e il 9 arrivarono a Medjugorje (lo stesso giorno del mio arrivo). Suo marito la portò direttamente in chiesa e, appena entrati, notò che era più calma di quanto non fosse da mesi; stranamente, durante il viaggio aveva avuto solo pochi attacchi epilettici. La chiesa era vuota, ed egli la condusse nella prima panca della navata di destra (sentendo questo, ricordai di averla vista quando ero entrato in chiesa quella domenica pomeriggio).
Mira pregò tutto il pomeriggio e a un tratto non poté resistere all’impulso di guardare in alto. Rimase sbigottita quando si rese conto che poteva vedere la statua della Vergine di fronte a lei. Le era ritornata la vista!
Il marito la guardò, inebetito. Lei si alzò e uscì fuori; vide un sacerdote, giunto con un pellegrinaggio che stava confessando. Ancora in preda all’emozione, fece una lunga confessione, poi lo informò di quanto era appena accaduto. Egli la incoraggiò a tornare in chiesa e a continuare a pregare; il giorno dopo avrebbe trovato uno dei frati della parrocchia cui riferire ogni cosa. Ma il giorno seguente erano tutti assenti per precedenti impegni. Finalmente il martedì mattina raccontò la sua storia a padre Pervan e a padre Nicholas. La sua vista era perfetta e da oltre ventiquattr’ore non aveva avuto il più piccolo attacco di epilessia! Era fiduciosa di essere completamente guarita.
Era una storia sbalorditiva, ed ero colpito specialmente dal particolare del figlio sofferente per la redenzione di altri. Quanta gente si domanda il perché di tanta sofferenza nel mondo…: ecco un esempio di sofferenza direttamente legata a quella di Cristo, che subì una morte orribile perché noi potessimo essere perdonati e redenti.
Il giovane francescano ci aveva raccontato la storia esattamente come veniva riportata dal giornalino parrocchiale. Era come ascoltare una nuova parabola.
Ringraziammo padre Nicholas e partimmo alla volta della casa di Marija. Era una giornata di sole e decidemmo di andarci a piedi per la strada dei campi.
Ci sarebbero voluti venti minuti, ma, dopo la storia di Mira, un po’ di tempo per meditarla era proprio quello che ci voleva.
Fonte: Tratto da MEDJUGORJE Il Messaggio di Wayne Weible
Tratto da medjugorje.altervista.org
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