La dodicenne che ha colpito ed emozionato anche Papa Francesco…
Fonte Vatican News – Alessandro Di Bussolo
LA STORIA – Con il suo splendido e contagioso sorriso Sara Vargetto, romana di dodici anni e una malattia invalidante che la costringe spesso in sedia a rotelle, ricorda che sport è uguale a libertà.
Da quando faccio basket (in carrozzina, n.d.r.) e corsa (spinta da papà Paolo e dagli amici runner di Athletica Vaticana), ci dice, “mi sento più libera, sto più con gli altri. Sto meglio anche con me stessa. È più bello vivere nel mondo dello sport”.
E agli altri giovani che hanno quel pezzo di ferro, ruote e tela come compagno di vita, dice: “Non ci sono cose che puoi fare o non puoi fare. I limiti te li dai tu e neanche ci sono. È più una cosa mentale”.
C’è tanta forza e gioia di vivere, dietro quel sorriso, che ha colpito anche Papa Francesco, quando, il 20 maggio, ha ricevuto la squadra di Athletica Vaticana e alcuni dei protagonisti dell’asta benefica “We run together”. Il Papa si è fermato a parlare con lei e poi, nel discorso, ha sottolineato che la squadra vaticana testimonia concretamente “il volto solidale dello sport”, accogliendo “come atleti ‘onorari’ alcuni giovani migranti e una bambina con una grave malattia neurodegenerativa”.
A Sara questo ruolo di “mascotte” dei runner biancogialli piace, e non si perde una corsa, insistendo per arrivare al traguardo spingendo da sola, con tutta la forza che ha nelle braccia, le ruotone della sua carrozzina da gara. Ma per l’asta di questa settimana ha scelto di donare la sua canottiera da gara di “Giovani e Tenaci”, la squadra di basket in carrozzina della Fondazione Santa Lucia di Roma, usata nel campionato italiano giovanile. Ci spiega perché in questa intervista, nella quale vuole prima di tutto raccontare il suo incontro con Papa Francesco.
R.- Ci siamo salutati e mi ha stretto la mano. E’ stato molto bello, emozionante. Mi ha riconosciuto e mi ha detto che sono anche un po’ la mascotte di Athletica Vaticana e mi ha reso molto felice. Nel suo discorso ha detto che c’era una bambina, che ero io, con una malattia, che era la più piccola del gruppo.
R.- Mi piacciono entrambi, perché il basket è più uno sport di squadra, ed esci dallo spogliatoio con l’intento di vincere come squadra. Anche nella corsa stai comunque con gli amici, con la tua squadra. Però è diverso. Poi corro con papà… Sono sport che mi regalano gioie diverse.
R.– Ho scelto la maglietta perché con quella ho fatto il mio primo canestro in partita, e ci sono anche abbastanza affezionata. Ma di caschetto ho solo quello, lo uso per tutte le corse, e mi serve!
R.– Era il derby, perché noi “Giovani e Tenaci” siamo la squadra di Roma, gli altri sono di Roma ma sono la Lazio: E’ stato bello perché poi mi hanno anche fatto fallo. Ho preso palla in attacco, sono andata diretta, l’ho lanciata ed è entrata! Purtroppo però il tiro libero per il fallo l’ho sbagliato.
R. – In difesa, perché sono piccolina e mi intrufolo in tutti i buchini e dò tanto fastidio agli attaccanti avversari. Penso di più a passare la palla agli altri compagni, ma se c’è da tirare, tiro!
R.– Cinque, ma poi si è interrotto il campionato per il Covid-19. E le avevamo vinte tutte!
R.– Significa molto, perché può fare la differenza. A chi l’acquisterà vorrei dire che sono molto contenta, perché ha fatto un atto di beneficenza molto bello, soprattutto in questo periodo.
R.- Ero più piccola. Ho iniziato il basket a 6 anni e mezzo e invece la corsa a 8 anni. Eh, non avevo tutta questa libertà che ho adesso. Adesso mi sento più libera, sto più con gli altri. Sto meglio anche con me stessa. È più bello vivere nel mondo dello sport.
R.– Che uno sport ti libera tanto, non particolarmente il basket o la corsa, ma uno sport che vi piace. Perché non ci sono cose che puoi fare o non puoi fare. I limiti te li dai tu e neanche ci sono. E’ più una cosa mentale. Quindi da provare assolutamente.
R.– Durante i mesi di quarantena forzata sono stata sempre a casa, non sono mai uscita. Appena si è potuto, sono andata a fare qualche passeggiata e qualche settimana dopo siamo andati anche a correre con papà. Però è stata dura, molto dura! Stare sempre in casa, anche per noi ragazzi, è complicato. Da uscire tutti i giorni a non uscire più, non è facile. Studiavo e facevo anche fisioterapia, al telefono col Santa Lucia e poi mi riposavo.
R.– Sì, infatti mi è dispiaciuto molto che non si è fatto, per l’emergenza coronavirus, ma è giusto così. Avrei corso con papà ma anche con tutti gli altri amici del Vaticano e mi sarei anche spinta.
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