Un sacerdote, due minatori e uno studente. Sono i quattro martiri uccisi nella diocesi di Oviedo durante la guerra civile spagnola. Si chiamavano Genaro Fueyo Castañón, prete diocesano, Isidro Fernández Cordero, sposato e padre di sette figli, Segundo Alonso González, che di figli ne aveva dodici, e il giovane Antonio González Alonso.
Noti come i martiri di Nembra, dal nome della parrocchia in cui prestavano il turno notturno di adorazione eucaristica, vengono beatificati dal cardinale Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza del Papa, sabato 8 ottobre, nella cattedrale di Oviedo.
Ed era sempre ottobre, di ottant’anni prima, il giorno in cui don Fueyo Castañón, parroco di Santiago apostolo a Nembra, venne incarcerato. Aveva settantadue anni e dal 1899 svolgeva ministero pastorale in questo paese molto religioso, situato nelle Asturie. In quei luoghi, nell’ottobre 1934, erano sorti i primi movimenti rivoluzionari che poi sfociarono nella guerra civile. Quella di Nembra era una parrocchia viva, dalla quale erano uscite numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Il parroco aveva promosso una sezione dell’adorazione eucaristica notturna, alla quale partecipava in prima persona. Erano almeno un centinaio gli iscritti: minatori e contadini, che venivano pure dai paesi vicini, camminando anche per quattro ore per arrivare a Nembra. Dove c’erano anche i “tarcisi”, i ragazzi che si riunivano una volta al mese. Ma tanto zelo e tanta presa sulla popolazione davano fastidio agli anarchici.
Il parroco, dopo l’arresto, venne condotto nella sala della guardia dell’adorazione eucaristica, al secondo piano di un edificio attiguo alla chiesa parrocchiale. In quel luogo adibito a carcere si trovava anche il minatore Fernández Cordero. Era sposato con Celsa e dei suoi sette figli, tre sarebbero diventati religiosi. Invitato alla fuga da un vicino, rispose che non voleva farlo, perché si sarebbero vendicati sulla famiglia. «Ci hanno sempre accusato — disse — di essere gente di preghiera e retrogradi, per cui l’unico delitto di cui siamo accusati è essere cattolici».
Alonso González era falegname e lavorava anche lui nella miniera. Il 21 ottobre venne arrestato e incarcerato nella chiesa di Nembra. Ai suoi compagni di cella diceva: «Molte volte abbiamo trascorso qui la notte per il turno di veglia davanti al Santissimo Sacramento, dato che ora non possiamo farlo, recitiamo il rosario e facciamo un sincero atto di contrizione mettendoci nella mani di Dio, dato che qualcuno di noi può avere i giorni contati».
Anche il ventiquattrenne González Alonso Quería era stato incarcerato per il suo impegno cristiano. Voleva entrare nell’ordine domenicano, seguendo suo fratello, ma a causa della tubercolosi dovette rinunciare. Studiava alla scuola di magistero e anche lui era adoratore notturno. I suoi aguzzini gli proposero di salvarsi se avesse rotto un quadro del Sacro Cuore e distrutto la mensa dell’altare della parrocchia. Rifiutatosi, venne percosso e gli tagliarono la lingua per poi gettarlo in un pozzo.
Anche i due minatori e il parroco vennero uccisi. Don Genaro volle essere l’ultimo per far coraggio agli altri. Era il 21 ottobre 1936.
Fonte: L’Osservatore Romano