«Siamo provate e abbiamo bisogno di raccoglimento», risponde dispiaciuta la suora dall’altra parte del telefono. Ma poi trova la forza di parlare. Delle quattro religiose (Hélène, Huguette, Danielle e Dominique) che formano la comunità delleFiglie della Carità a Saint-Etienne-du-Rouvray, solo Dominique era assente alla Messa di padre Jacques, interrotta poi dall’irruzione dei terroristi.
È con suor Hélène che i terroristi hanno avuto queldialogo surreale riportato dal settimanale cattolica LaVie. «Conosci il Corano?», avrebbe chiesto uno dei due jihadisti. «Sì, ho letto molte sure (capitoli), e quelle che mi hanno colpito in modo particolare sono quelle sulla pace».
«La pace, è quello che vogliamo –, replica il terrorista –. Fino a quando cadranno le bombe in Siria, noi continueremo gli attentati. Quando voi vi fermerete, ci fermeremo anche noi». Poi l’aggressore chiede: «Hai paura di morire?». Alla risposta negativa della suora, domanda ancora: «Perché?». «Credo in Dio e so che sarò felice».
Eppure, l’odio non trapela mai da quella voce. «Abbiamo ottime relazioni con i musulmani – aggiunge ad Avvenire una delle religiose, che chiede l’anonimato – e non mi meraviglia affatto che essi saranno presenti alle celebrazioni domenicali». Anzi, la religiosa era già sicura di averne visto qualcuno ieri sera alla Messa nella chiesa di Santa Teresa in via Madrillet e seguita alle 20.30 da una veglia di preghiera in memoria di padre Jacques. «Siccome mi occupo del vestiario – aggiunge la suora –, incontro spesso famiglie musulmane a Santa Teresa, a pochi metri dalla loro moschea». «Il nostro rapporto è intimo, improntato alla condivisione e alla fraternità. Vengono per essere ascoltati, per condividere. Nei giorni di festa alcuni ricambiano la nostra accoglienza con delle torte orientali».
A Madrillet, le suore di questa congregazione fondata da san Vincenzo de’ Paoli e Luisa di Marillac curano spesso l’animazione pastorale al centro Trampoline: risveglio alla fede, catechismo e catecumenato. Cambierà qualcosa adesso? «Non potrà mai cambiare. La nostra è una realtà cosmopolita, semplice, familiare. La nostra casa sorge in un quartiere a maggioranza maghrebina e africana. Solo una strada ci separa da un altro quartiere franco-portoghese».
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/CAMILLE EID)
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