“La svuota carceri “ è praticamente operativa, centinaia, migliaia di detenuti, uomini e donne, lasciano le proprie celle, i propri fantasmi, plotoni di senza fissa dimora del proprio disagio stanno per ritornare in seno alla società, in mezzo a noi: ma chi è ritornato tra noi, chi c’è di fronte a noi, chi busserà alla mia porta?
La “svuota carceri” ha compiuto il suo corso, un po’ meno il coraggio della coerenza politica che dovrebbe formare, educare alla partecipazione di una società che chiede continuamente giustizia, mai parole sciocche che non consentono alcun interesse collettivo.
Questo nuovo decreto, varato per opporre un argine ai troppo suicidi, per riconsegnare dignità alla pena, ai detenuti e operatori, per non rimanere inchiodati a una sopravvivenza imposta e fuori legge, lontana da ogni legalità, umanità, equità, appare sempre più uno sberleffo a ogni possibile volontà di ragionevolezza.
Ancora una volta s’è preferito aggirare il vero problema endemico di ogni amministrazione penitenziaria, imbragando con il passamontagna del male minore l’inattuabilità delle norme vigenti.
La “svuota carceri” è un misero solco scavato nel deserto delle parole, perchè deprivato di strumenti appropriati, mentre per liberare la Giustizia dalle troppe ingiustizie-rallentamenti-indifferenze- occorre una precisa assunzione di RESPONSABILITA’, una misura IDONEA, che liberi i tribunali dalle scartoffie e dalle tonnellate di arretrati, una DECISIONE che consegni dignità-e diritto alla pena, a quella flessibile ed a quella certa, a quella pena che grida di non rimanere interpretazione per pochi eletti.
Domandiamoci con onestà intellettuale quanti di questi uomini e donne, pur sempre detenuti, potranno essere assunti qua e là, quanti di costoro potranno essere adibiti a lavori di pubblica utilità “dentro” istituzioni pubbliche e private ( so bene di cosa sto parlando, dal momento che gestisco come responsabile servizi interni della Comunità Casa del Giovane, un laboratorio di lavoro pubblica utilità per soggetti incappati nell’etilometro, in reati a bassa pericolosità sociale, per cui conosco il carico delle EVENTUALI difficoltà), oppure quanta di questa erranza umana sarà in grado di fare i conti con una buona vita fatta di rispetto e di reciprocità, perchè diventati “esperti” di una auspicata destrutturazione e ristrutturazione, essendo stati precedentemente attraversati da una qualche formazione intramuraria. Quella grande maturità raggiunta nel panorama penitenziario italiano forse andrebbe valorizzata con maggiore incisività di interventi più che mai urgenti.
Vincenzo Andraous
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