In pochi l’hanno notato, ma nel discorso ai movimenti popolari tenuto il 9 luglio a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, Papa Francesco è tornato a citare, seppure en passant, la teoria del «trickle-down», cioè dello «sgocciolamento», secondo la quale i benefici concessi alle classi più abbienti – ad esempio dal punto di vista fiscale – favoriscono l’intera società e «sgocciolano» anche sui poveri. In sostanza, secondo questa tesi, quando il liquido (la ricchezza) all’interno del bicchiere cresce, ad un certo punto tracima e sgocciola in basso, provocando ricadute favorevoli sia sulla classe media come sui più poveri.
Di questo Francesco aveva parlato al numero 54 dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (novembre 2013). «Alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare».
Poche settimane dopo, rispondendo a una domanda della «Stampa» e di Vatican Insider a proposito delle critiche ricevute dagli Usa, Papa Bergoglio aveva citato nuovamente la teoria del «trickle-down»: «Nell’esortazione non c’è nulla che non si ritrovi nella Dottrina sociale della Chiesa. Non ho parlato da un punto di vista tecnico, ho cercato di presentare una fotografia di quanto accade. L’unica citazione specifica è stata per le teorie della “ricaduta favorevole”, secondo le quali ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. C’era la promessa che quando il bicchiere fosse stato pieno, sarebbe trasbordato e i poveri ne avrebbero beneficiato. Accade invece che quando è colmo, il bicchiere magicamente s’ingrandisce, e così non esce mai niente per i poveri. Questo è stato l’unico riferimento a una teoria specifica. Ripeto, non ho parlato da tecnico, ma secondo la dottrina sociale della Chiesa. E questo non significa essere marxista».
Seppure indiretto, un riferimento a queste teorie lo si ritrova anche nella recente encilica «Laudato si’», dedicata alla custodia del creato, che lega inscindibilmente il tema della salvaguardia dell’ambiente a quello della giustizia sociale. «In alcuni circoli – scrive Francesco – si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali, allo stesso modo in cui si afferma, con un linguaggio non accademico, che i problemi della fame e della miseria nel mondo si risolveranno semplicemente con la crescita del mercato. Non è una questione di teorie economiche, che forse nessuno oggi osa difendere, bensì del loro insediamento nello sviluppo fattuale dell’economia». In un successivo passaggio della stessa enciclica, il Papa osserva: «Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui».
A queste citazioni si è ora aggiunto un capoverso del discorso ai movimenti popolari, che Francesco ha tenuto a Santa Cruz de la Sierra lo scorso 9 luglio, durante il viaggio in Bolivia. Un testo che può essere considerato una «mini-enciclica» sociale. Il Papa ha dapprima osservato: «L’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è semplice filantropia. È un dovere morale. Per i cristiani, l’impegno è ancora più forte: è un comandamento. Si tratta di restituire ai poveri e ai popoli ciò che appartiene a loro. La destinazione universale dei beni non è un ornamento discorsivo della dottrina sociale della Chiesa. È una realtà antecedente alla proprietà privata. La proprietà, in modo particolare quando tocca le risorse naturali, dev’essere sempre in funzione dei bisogni dei popoli. E questi bisogni non si limitano al consumo». Quindi ha aggiunto, con evidente riferimento alla teoria del «trickle-down»: «Non basta lasciare cadere alcune gocce quando i poveri agitano questo bicchiere che mai si versa da solo. I piani di assistenza che servono a certe emergenze dovrebbero essere pensati solo come risposte transitorie. Non potranno mai sostituire la vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale».
Pochi mesi fa, nell’intervista pubblicata nel libro «Papa Francesco: Questa economia uccide» (Piemme), il professor Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna, ha spiegato perché Bergoglio abbia ragione dal punto di vista scientifico. «La tesi della “ricaduta favorevole” – afferma lo studioso – è nota in letteratura economica come tesi “dell’ effetto di sgocciolamento”, efficacemente resa dall’aforisma – per primo usato, pare, dall’economista americano Alan Blinder – secondo cui “una marea che cresce solleva tutte le barche”. Per lungo tempo il pensiero neoliberista ha creduto ad essa: non vi sarebbe dunque da preoccuparsi per la distribuzione del redito e delle ricchezze perché poi tutti finiranno con lo stare meglio. L’importante è accrescere le dimensioni della torta (il PIL) senza preoccuparsi del taglio delle singole fette. È in ciò il fondamento del ben noto adagio dei conservatori: “non ci preoccupiamo dei poveri perché per ciascuno ricco in più c’è un povero in meno”».
«Ebbene – aggiungeva Zamagni – il Papa ci dice che nelle attuali condizioni storiche (globalizzazione dei mercati e finanziarizzazione dell’economia) l’effetto di sgocciolamento non si può più verificare, come qualsiasi economista non accecato da posizioni preconcette ben sa… Dunque il Papa ha ragione sotto il profilo scientifico».
Di Andrea Tornielli per Vatican Insider (La Stampa)
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