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La terza settimana del Sinodo di Francesco, simbolo di una chiesa di popolo

Si apre lunedì 19 ottobre la terza e ultima settimana del Sinodo, che si conclude il 25 ottobre e non è ancora chiaro come. Ma è chiaro il momento delicato nella vita della chiesa cattolica – delicato come non mai nei cinquanta anni precedenti.

Sinodo

La seconda settimana si era aperta con la “rivelazione” della lettera dei tredici cardinali consegnata a papa Francesco il primo giorno del Sinodo (al momento attuale non è stato pubblicato il testo definitivo della lettera, non è chiaro se ve ne fosse solo una o diverse versioni di essa, e non è chiaro chi fossero i firmatari: alcuni hanno confermato, altri hanno smentito in modo più o meno credibile, altri non hanno né confermato né smentito). L’iniziativa dei cardinali ha evidenziato il panico e la confusione dello schieramento contrario a Francesco (che ha la sua base in alcuni prelati delle gerarchie cattoliche anglofone e italiane), e ha avuto l’effetto contrario a quello desiderato, indebolendo e dividendo la minoranza dei vescovi refrattaria a qualsiasi cambiamento nella disciplina della chiesa. La libertà di criticare il papa è elemento cruciale e necessario al buon funzionamento del “sistema cattolico”; l’accusa al papa di aver manipolato l’assemblea dei vescovi ha più a che fare con una mentalità paranoica che con una sana coscienza di chiesa.

È infatti innegabile che il dibattito tra i vescovi al Sinodo è libero: la stragrande maggioranza dei vescovi è stata eletta da altri vescovi (nazione per nazione), e non è stata nominata dal papa. Sono evidenti anche le linee di faglia sulle questioni più dibattute (divorziati risposati, omosessualità), con la dorsale africana-nordamericana da una parte e la dorsale europea e latinoamericana dall’altra. Non è un caso che le reazioni più virulente al Sinodo come procedura finalizzata ad un “discernimento” della chiesa siano provenute dagli ambienti neo-conservatori americani, ideologicamente vicini a quelli degli “atei devoti” italiani (più una buona parte dei neo-cattolici americani, convertiti da chiese protestanti). Gli ambienti per i quali il cattolicesimo è essenzialmente un costrutto legale mirato al disciplinamento della sessualità ha propugnatori che godono di visibilità e di buoni contatti con l’establishment ecclesiastico: si veda sul “The New York Times” l’articolo di Ross Douthat (neofita e neocattolico, intellettuale organico degli ambienti dei “teocon” repubblicani) che accusa il papa di cospirare contro la dottrina cattolica e definisce “spazzatura” l’argomento della pastoralità della dottrina cattolica. È questo un caso da manuale di eversione (accusare il papa di tradimento della fede) prestata alla conservazione – conservazione non della fede cattolica, ma di una ideologia politico-religiosa che durante i tre decenni scorsi aveva trovato rifugio nel cattolicesimo nordatlantico.

Il Sinodo affronta la settimana finale sotto un segno diverso, dopo il passaggio del discorso di sabato 17 di papa Francesco al Sinodo: invece di una commemorazione di rito dei cinquanta anni di storia del Sinodo dei Vescovi, Francesco ha letto uno dei discorsi-chiave del suo pontificato, la magna charta di una chiesa sinodale e non più verticistica. La sinodalità della chiesa – il “camminare insieme” – è parte integrante del suo messaggio sociale: “Il nostro sguardo si allarga anche all’umanità. Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni in un mondo che – pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica – consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che ‘cammina insieme’ agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell’autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell’uomo per le generazioni che verranno dopo di noi”.

Il cattolicesimo vive una fase di passaggio che non va sottovalutato, anche da parte di chi lo osserva da lontano: il tentativo di passare da un finto unanimismo alla ricerca di un consenso che non richieda unanimità; da una chiesa eurocentrica a una chiesa globale; da una chiesa papista e clericale a una chiesa in cui il papa è garanzia della comunione della chiesa e non il censore; da una chiesa in cui la realtà esistenziale degli uomini e delle donne del nostro tempo è vista come parte integrante dello spazio della chiesa e non come terra incognita, al di là di confini tracciati ideologicamente.





Redazione Papaboys (Fonte www.huffingtonpost.it/Massimo-faggioli)

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