Sulla situazione ad Amatrice, uno dei paesi più colpiti dal terremoto di questa notte, il servizio di uno degli inviati della Radio Vaticana, Giancarlo La Vella, che ha raccolto anche testimonianze tra i sopravvissuti.
Ad Amatrice si respira la polvere, quella sollevata stanotte dalla violenta scossa delle 3.36, e quella che viene sollevata in queste ore dall’opera di recupero dei tanti volontari che stanno lavorando incessantemente, qui e negli altri centri colpiti dal sisma. Tanti quelli provenienti dall’Aquila che, sette anni dopo quel terremoto che ha colpito il capoluogo abruzzese, rispondono generosamente alla richiesta di aiuto della vicina Amatrice. Una polvere che asciuga le lacrime dei tanti che rimangono in attesa, vicino alla propria abitazione crollata, che dalle macerie giunga la buona notizia del ritrovamento in vita di un parente o di un amico del quale da stanotte non si sa più nulla. E’ emergenza, drammatica, soprattutto nelle decine di frazioni della zona tra Lazio e Marche dove ancora non è arrivato alcun soccorso, anche perché spesso si tratta di aree isolate dal crollo di ponti o strade. I corpi senza vita continuano a essere estratti dalle macerie. Ma ascoltiamo due testimonianze, quella di un disabile e poi quella di una turista sarda:
R. – La prima cosa che ho fatto è stata mettere il cuscino grande sulla testa. Mi sono vestito da solo, ho messo le scarpe, il tutore e tutto il resto, e sono sceso per le scale: stavo al secondo piano. Sono arrivato di sotto: le case tutte crollate, c’era un mucchio di sassi alto più di due metri… Mi sono seduto lì ad aspettare che qualcuno mi portasse via.
D. – Sarà possibile pensare di ricominciare in un paese come Amatrice?
R. – Ricominciare è una parola un po’ grossa! Certamente, bisogna sempre ricominciare. Però è anche necessario costruire strutture antisismiche. Solo così si può, perché è una zona altamente sismica.
D. – Lei, invece, era qui in vacanza …
R. – Sì, siamo della Sardegna ed eravamo qui a trascorrere un po’ di vacanze. È stato drammatico! Ci siamo messi a urlare, abbiamo rotto un vetro, poi hanno sfondato le due porte e ci hanno tirato fuori. È stata una cosa bruttissima e siamo vivi per miracolo, visto quello c’è intorno…
D. – Perdere tutto in pochi secondi…
R. – Significa che la vita è un attimo e non bisogna veramente attaccarsi a niente, perché basta poco che ti viene portato via tutto, tutto!
D. – C’è l’aiuto della fede in questi momenti?
R. – Io ho pregato da subito e forse – anzi sicuramente – è quello che mi ha protetto!
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