Grazie alla Vergine con l’occhio nero e la bellissima pagina di Don Tonino Bello dedicata a Maria, l’8 Dicembre entra nella nostra storia personale di risurrezione: è la Festa dell’Immacolata Concezione delle Beata Vergine Maria.
L’8 dicembre nella solennità dell’Immacolata Concezione celebriamo il dogma che vuole Maria preservata dal peccato originale, immune dall’esserne toccata sin dall’inizio del concepimento. Una verità di fede che nulla toglie all’umanità della Vergine, alla sua tenerezza materna cui guarda l’umanità, specie quella più sofferente e dimenticata.
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Il santuario della Madonna delle Grazie, a Galatone, in Puglia
Del resto, pesantissime sono state le prove cui Maria di Nazareth è stata sottoposta durante la sua esistenza terrena. Un carico di angoscia e dolore di cui l’arte si è fatta spesso interprete. Nel santuario dedicato alla Madonna delle Grazie. a Galatone, in provincia di Lecce ad esempio è custodito il dipinto della “Vergine con l’occhio nero”, visto il livido scuro che le circonda l’orbita destra.
A dire il vero quella caratteristica non è frutto di una scelta pittorica, bensì della rabbia di Antonio Ciuccoli, incallito giocatore d’azzardo che, nel 1586, dopo l’ennesimo tracollo finanziario, trovò rifugio, ubriaco, nella cappella pugliese. Qui al culmine dell’ira, lanciò una pietra contro il quadro, danneggiandolo. La storia racconta poi che l’uomo fu condannato a morte per un omicidio non commesso. In ogni caso il quadro oggi rappresenta l’immagine visiva del patire innocente tanto che nei giorni scorsi la “Vergine con l’occhio nero” è stata uno dei “volti” della giornata contro le violenza sulle donne.
Così la invoca don Tonino Bello
La sofferenza di Maria accettata con la sapienza della fede ha ispirato e continua a ispirare santi e mistici, Tra loro “don Tonino Bello” (1935-1993) il vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi che alla Vergine ha dedicato pagine bellissime, come questa:
Santa Maria, Vergine della notte,
noi t’imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore, irrompe la prova,
sibila il vento della disperazione,
o il freddo delle delusioni o l’ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell’ora del nostro calvario,
Tu, che hai sperimentato l’eclissi del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di Madre la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Se nei momenti dell’oscurità ti metterai vicino a noi
le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l’aurora.
Fonte www.avvenire.it – Riccardo Maccioni