«Sono io che seguo la Chiesa. Semplicemente predico la dottrina sociale della Chiesa. Non è la mano tesa a un nemico, non è un fatto politico, è un fatto catechetico». Questa è la risposta che Papa Francesco sul volo di ritorno a Roma dal Sudamerica ha dato a una giornalista francese che gli chiedeva se la Chiesa poteva essere disposta a seguirlo in questo suo aperto sostegno a movimenti popolari di cartoneros e campesinos che lottano contro l’esclusione considerati «troppo laici».
Il dirompente discorso di giovedì scorso ai movimenti popolari, come le visite al carcere di Palmasola in Bolivia e quella al Bañado Norte, il quartiere emarginato di Asunción, hanno certamente segnato il passo decisivo di questo viaggio che ha presentato il volto di una Chiesa che non beatifica alcun governo ma è capace di accompagnare i processi di cambiamento e di sviluppo inclusivo che, seppure con limiti e con difficoltà questi Paesi – sia l’Ecuador come la Bolivia e il Paraguay – stanno cercando di portare avanti. E allo stesso tempo ha mostrato il volto di una Chiesa che non fa il discorso sui poveri ma sa essere realisticamente dentro al «fedele popolo di Dio» e quindi prossima ai poveri che del popolo sono il centro perché loro stanno al centro del Vangelo.
L’insistenza con la quale Francesco ha affrontato negli incontri con le autorità civili i temi legati alla giustizia sociale e all’inclusione, mettendo in discussione l’attuale modello di sviluppo e l’«economia che uccide», e collegando in modo inscindibile il tema dell’ambiente con quello della povertà, è la stessa con la quale ha ripetuto negli incontri ecclesiali l’incoraggiamento ad alzarsi e sostenere concretamente, a collaborare con opere di promozione umana, promuovere la cultura dell’incontro, la pace e la giustizia partendo dalle realtà, e a custodire e lavorare in una dimensione di prossimità nel rispetto delle diversità per il bene comune. Con il suo passaggio ha seminato così a quelle comunità del popolo di Dio l’invito ad essere lievito per la società e segnato la strada per rialzarsi dalle macerie di una guerra fredda ormai lontana per rimettersi in cammino lungo le strade segnate dal Concilio, troppo spesso lasciato ai margini, come lo sono i poveri. E da qui Bergoglio ha spiegato la radice profondamente evangelica di questo approccio ai poveri che è il distintivo della Chiesa di Cristo. La preferenza dei poveri non è uno sforzo pietistico a cui devono sottoporsi gli apparati ecclesiali per “concedersi” a chi sta in difficoltà.
«Un aspetto fondamentale per promuovere i poveri – ha spiegato – è nel modo in cui li vediamo. Non serve uno sguardo ideologico, che finisce per utilizzarli al servizio di altri interessi politici o personali. Le ideologie finiscono male, non servono. Le ideologie dicono di fare tutto per il popolo, ma non fanno nulla con il popolo!». Non si tratta di discorsi, di diagnosi eleganti, di strumentalizzazioni ideologiche o di strategie. Si tratta invece di partire dalla realtà, cioè dalla concretezza delle situazioni. «La prima cosa – ha spiegato il Papa – è avere una vera preoccupazione per la loro persona, apprezzarli, essere disposti a imparare da loro. I poveri hanno molto da insegnarci in umanità, in bontà, in sacrificio. E noi cristiani in loro vediamo il volto e la carne di Cristo, che si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà».
È questo sguardo che permette a Francesco di immergersi nei processi, accompagnando le moltitudini dall’interno condividendone le sofferenze e di dire parole coraggiose, in piena sintonia con la tradizione cristiana.
«Iniziamo insieme un cammino, vescovo e popolo», aveva detto Papa Francesco dalla loggia di San Pietro, nel giorno in cui fu eletto vescovo di Roma e successore di Pietro. Nel suo viaggio in America Latina questo cammino ha avuto passaggi luminosi. Parole e gesti, incontri e sorprese in cui si è visto cosa succede quando le vite degli uomini e delle donne vengono per grazia illuminati dal Vangelo. Ed è significativo che Francesco abbia fatto riferimento alla Chiesa che non vive di luce propria, ma di quella di Cristo scendendo dall’aereo nel primo discorso ufficiale a Quito. Francesco ha suggerito continuamente qual è la sorgente perenne della vita cristiana: il gesto di Dio che ci precede, il suo dono che viene prima di tutti i nostri ragionamenti e le nostre prestazioni e pretese di “protagonismo”. E proprio nella prima tappa del suo passaggio, parlando ai religiosi ha raccontato con parole valide per tutti il dinamismo della gratuità come tratto proprio e inconfondibile della vita cristiana: «Voi non avete pagato l’ingresso per entrare per entrare nella vita religiosa. Non ve lo siete meritato. Se qualche religioso, sacerdote o seminarista o suora che c’è qui crede di esserselo meritato, alzi la mano!» L’andata in Sudamerica di Francesco è anche il viaggio di ritorno alla gratuità della Chiesa.
Di Stefania Falasca per Avvenire