ROMA – Il Presidente della Repubblica rappresenta tutto il paese, ed è comunista dalla nascita, il Presidente del Popolo della Libertà rappresenta gli italiani che lo hanno votato, ed è anticomunista dalla nascita: in questa piccola affermazione riassumiamo tutta la vicenda che il paese sta vivendo in queste ore. Berlusconi è stato condannato in maniera definitiva a 4 anni (secondo lui è la magistratura di sinistra ad averlo incastrato) ed una speranza di “grazia immediata”, diciamoci la verità, la nutriva. Ed ancora la nutre. Il Presidente Napolitano è invece preso tra una serie di “fuochi” amici e nemici tra i quali: 1) è il capo supremo della magistratura 2) rappresenta tutti gli italiani sia quelli pro Berlusconi sia quelli ‘contro’ – divisi circa al 50% 3) ha formato questo governicchio di larghe intese che è la speranza di chiudere con decenza (prima o poi ndr) un mandato ricco di problematiche e difficoltà, un governicchio che è appeso ad un filo, mentre i problemi dell’Italia sono ben ancorati alla crisi. Che fare? Quali decisioni prendere? Ad oggi, questa è la nota emessa dal Quirinale nel corso della serata.
“La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un’azione di governo che, con l’attivo e qualificato sostegno del Parlamento, guidi il paese sulla via di un deciso rilancio dell’economia e dell’occupazione”. E’ quanto si legge in una dichiarazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (ripreso direttamente dal sito della Presidenza della Repubblica)
“In questo senso – ha continuato il Capo dello Stato – hanno operato le Camere fino ai giorni scorsi, definendo importanti provvedimenti; ed essenziale è procedere con decisione lungo la strada intrapresa, anche sul terreno delle riforme istituzionali e della rapida ( nei suoi aspetti più urgenti ) revisione della legge elettorale. Solo così si può accrescere la fiducia nell’Italia e nella sua capacità di progresso. Fatale sarebbe invece una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni; il ricadere del paese nell’instabilità e nell’incertezza ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente delineatesi, peraltro in un contesto nazionale ed europeo tuttora critico e complesso. Ho perciò apprezzato vivamente la riaffermazione – da parte di tutte le forze di maggioranza – del sostegno al governo Letta e al suo programma, al di là di polemiche politiche a volte sterili e dannose, e di divergenze specifiche peraltro superabili. Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi. Mi riferisco, in particolare, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere. Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò vale dunque nel caso oggi al centro dell’attenzione pubblica come in ogni altro. In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella scia delle valutazioni già prevalse nei due precedenti gradi di giudizio; ed è comprensibile che emergano – soprattutto nell’area del PdL – turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo ( fatto peraltro già accaduto in un non lontano passato ) e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza. Ma nell’esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica, non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza. Né è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche. Intervengo oggi — benché ancora manchino alcuni adempimenti conseguenti alla decisione della Cassazione — in quanto sono stato, da parecchi giorni, chiamato in causa, come Presidente della Repubblica, e in modo spesso pressante e animoso, per risposte o “soluzioni” che dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica. A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzi tutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto. In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta. L’articolo 681 del Codice di Procedura Penale, volto a regolare i provvedimenti di clemenza che ai sensi della Costituzione il Presidente della Repubblica può concedere, indica le modalità di presentazione della relativa domanda. La grazia o la commutazione della pena può essere concessa dal Presidente della Repubblica anche in assenza di domanda. Ma nell’esercizio di quel potere, di cui la Corte costituzionale con sentenza del 2006 gli ha confermato l’esclusiva titolarità, il Capo dello Stato non può prescindere da specifiche norme di legge, né dalla giurisprudenza e dalle consuetudini costituzionali nonché dalla prassi seguita in precedenza. E negli ultimi anni, nel considerare, accogliere o lasciar cadere sollecitazioni per provvedimenti di grazia, si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda quale prevista dal già citato articolo del C.p.p.. Ad ogni domanda in tal senso, tocca al Presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso — sulla base dell’istruttoria condotta dal Ministro della Giustizia — per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull’esecuzione della pena principale.
Quali speranze e quali aspettative dalle prossime giornate della politica “nostrana”? Mentre il Pd cerca di ordinare le priorità dell’esecutivo ed interne, provando a tenere a bada Renzi e mentre il Pdl si sta trasformando sempre di più – di ora in ora – in Forza Italia, mentre i 5 Stelle urlano all’attacco diretto in caso di “Grazia a Silvio” e mentre Casini sta ancora cercando di capire se il Centro esiste ancora o è solo “se stesso”, andiamo avanti e godiamoci un buon ferragosto. Ah! Per noi cristiani (anche per i politici che si dicono cattolici) il 15 agosto è la festa dell’Assunzione! Meno male che l’Assunzione è di Maria, e non ha niente a che vedere con il lavoro, perché altrimenti, celebrare l’Assunzione…. con questa disoccupazione, sarebbe stato quasi un reato!
Ornella Felici /Redazione Papaboys
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