All’udienza generale il Pontefice pensa a tanti padri e madri che ancora oggi vanno a dormire col tormento di non avere pane per i loro figli. E ricorda come esso sia un pane regalato per l’umanità, che va condiviso. Quindi richiama l’attenzione sulla salvaguardia dell’ambiente e sulla prossima iniziativa “24 ore per il Signore”. Al termine, consegna un’onorificenza pontificia ad un’anziana suora missionaria in Africa
Il cibo “non è proprietà privata, ma provvidenza da condividere, con la grazia di Dio”. Così il Papa all’udienza generale in Piazza San Pietro, analizzando la seconda parte del “Padre nostro”, quella in cui presentiamo a Dio “le nostre necessità”, pronunciando una parola che profuma di quotidiano, “pane”. È Gesù, spiega il Pontefice commentando il brano evangelico di Matteo sui “cinque pani e due pesci”, che ci insegna “a chiedere al Padre il pane quotidiano” per “l’intera fraternità umana”. Ci farà bene, dice, fermarci a pensare ai tanti “bambini affamati” del mondo d’oggi
Pensiamo ai bambini che sono in Paesi in guerra: i bambini affamati dello Yemen, i bambini affamati nella Siria, i bambini affamati in tanti Paesi dove non c’è il pane, nel Sud Sudan. Pesiamo a questi bambini e pensando a loro diciamo insieme, a voce alta, la preghiera: “Padre, dacci oggi il pane quotidiano”. Tutti insieme
Invochiamo il pane quotidiano, aggiunge il Papa, uniti “a tanti uomini e donne” per i quali questa preghiera “è un grido – spesso tenuto dentro – che accompagna l’ansia di ogni giorno”.
Quante madri e quanti padri, ancora oggi, vanno a dormire col tormento di non avere l’indomani pane a sufficienza per i propri figli! Immaginiamo questa preghiera recitata non nella sicurezza di un comodo appartamento, ma nella precarietà di una stanza in cui ci si adatta, dove manca il necessario per vivere. Le parole di Gesù assumono una forza nuova. L’orazione cristiana comincia da questo livello. Non è un esercizio per asceti; parte dalla realtà, dal cuore e dalla carne di persone che vivono nel bisogno, o che condividono la condizione di chi non ha il necessario per vivere.
Francesco mette in risalto la “semplicità” della domanda per il “pane necessario” per “vivere”, che poi significa anche “acqua, medicine, casa, lavoro”:
Il pane che il cristiano chiede nella preghiera non è il “mio” ma è il “nostro” pane. Così vuole Gesù. Ci insegna a chiederlo non solo per sé stessi, ma per l’intera fraternità del mondo. Se non si prega in questo modo, il “Padre nostro” cessa di essere una orazione cristiana. Se Dio è nostro Padre, come possiamo presentarci a Lui senza prenderci per mano? Tutti noi. E se il pane che Lui ci dà ce lo rubiamo tra di noi, come possiamo dirci suoi figli? Questa preghiera contiene un atteggiamento di empatia, un atteggiamento e di solidarietà. Nella mia fame sento la fame delle moltitudini, e allora pregherò Dio finché la loro richiesta non sarà esaudita. Così Gesù educa la sua comunità, la sua Chiesa, a portare a Dio le necessità di tutti: “Siamo tutti tuoi figli, o Padre, abbi pietà di noi!”.
Il pane che chiediamo al Signore nella preghiera, spiega il Pontefice, “è quello stesso che un giorno ci accuserà”.
Ci rimprovererà la poca abitudine a spezzarlo con chi ci è vicino, la poca abitudine a condividerlo. Era un pane regalato per l’umanità, e invece è stato mangiato solo da qualcuno: l’amore non può sopportare questo. Il nostro amore non può sopportarlo; e neppure l’amore di Dio può sopportare questo egoismo di non condividere il pane.
Francesco ricorda anche il Vangelo di Giovanni in cui si racconta di una folla affamata e di un solo bambino “disposto a condividere la sua provvista: cinque pani e due pesci”. Gesù moltiplicò quel gesto generoso: quel bambino, evidenzia il Papa, aveva capito la lezione del “Padre nostro”.
Il vero miracolo compiuto da Gesù quel giorno non è tanto la moltiplicazione – che è vero -, ma la condivisione: date quello che avete e io farò il miracolo. Egli stesso, moltiplicando quel pane offerto, ha anticipato l’offerta di Sé nel Pane eucaristico. Infatti, solo l’Eucaristia è in grado di saziare la fame di infinito e il desiderio di Dio che anima ogni uomo, anche nella ricerca del pane quotidiano..
La preghiera di Gesù, osserva dunque Francesco, parte da una domanda impellente “che molto somiglia all’implorazione di un mendicante” per il pane quotidiano: un’evidenza, nota il Papa, che spesso dimentichiamo, cioè “che non siamo creature autosufficienti, e che tutti i giorni abbiamo bisogno di nutrirci”. Gesù non chiede – ricorda il Papa – “invocazioni raffinate”: tutta l’esistenza umana, “con i suoi problemi più concreti e quotidiani”, puòdiventare “preghiera”.
Il Pontefice lo ripete pure nei saluti nelle varie lingue. In quello ai pellegrini italiani ricorda in particolare che, come ogni anno, si svolge la tradizionale iniziativa «24 ore per il Signore»: venerdì, quando alle ore 17.00 celebrerà nella Basilica Vaticana la Liturgia Penitenziale, e sabato prossimi.
Quanto sarebbe significativo che anche le nostre chiese, in questa particolare occasione, fossero aperte a lungo, per chiedere la misericordia di Dio ed accoglierla nel Sacramento del Perdono.
Il Papa salutando i fedeli polacchi presenti in Piazza San Pietro ricorda poi che domani, nei Giardini Vaticani, verrà piantata una quercia dei boschi polacchi, “come segno dei legami vivi e forti tra la Santa Sede e la Polonia che cent’anni fa riacquistò la sua indipendenza”.
Proprio il 30 marzo 1919 la Santa Sede ha riconosciuto la libera Repubblica Polacca, riallacciando poi con essa i rapporti diplomatici. Quest’albero è anche un simbolo dell’impegno della Polonia a favore della salvaguardia dell’ambiente naturale. Ringraziando Dio per il dono della libertà, preghiamo affinché essa sia sempre usata per la crescita spirituale, culturale e sociale del vostro Popolo, e per lo sviluppo integrale di ogni persona.
Al termine dell’udienza generale, il Papa ha consegnato un’onorificenza pontificia a suor Maria Concetta Esu, 85 anni, originaria della Sardegna, missionaria in Africa: aveva conosciuto la religiosa delle Suore Figlie di San Giuseppe di Genoni nel 2015 a Bangui, durante il viaggio apostolico nella Repubblica Centrafricana.
Il servizio è di Giada Aquilino – Città del Vaticano per Vaticannews.va
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