Nella Domenica della canonizzazione di Giovanni Paolo II Rai Uno ha trasmesso in anteprima mondiale il film tratto dal libro ‘Era uomo, era Santo’ di Lino Zani, suo maestro di sci e amico per 21 anni. Ecco un’intervista molto particolare e bella al signor Zani.
Signor Zani, è stato per 21 anni il maestro di sci di Papa Giovanni Paolo II, come lo ha conosciuto?
Ho incontrato Karol Wojtyla per la prima volta nel 1984, quando con il suo segretario personale organizzammo una “vacanza segreta” nel rifugio che gestivo con la mia famiglia al Ghiacciaio della Lobbia, sull’Adamello. Furono tre giorni bellissimi, di sciate e passeggiate sulle montagne.
Da lì è poi nata la vostra grande amicizia, che sciatore era Karol Wojtyla?
Durante quei tre giorni nacque una bella amicizia e per una decina d’anni andammo di frequente a sciare insieme. Poi nel 1994 lui si ruppe il femore e quindi non poté più sciare. Wojtyla era uno sciatore bravissimo e con un bellissimo stile, non aveva problemi a scendere da qualsiasi pendio.
Lei è stato anche un testimone speciale dello straordinario rapporto tra Giovanni Paolo II e la montagna, cosa rappresentava per lui?
L’ho raccontato anche nel libro, la montagna ti obbliga a “spogliarti” di tutto, anche delle cariche. Sulle montagne anche il Papa tornava ad essere quel ragazzo polacco che aveva vissuto la gioventù sui Monti Tatra, in Polonia. Per Giovanni Paolo II la montagna era soprattutto un momento di evasione dal Vaticano, e queste piccole fughe gli permettevano di trovare quei silenzi e quella concentrazione necessaria per pregare. La montagna era il suo santuario dove poteva stare più vicino al Signore.
Infatti proprio durante le vostre passeggiate capitava spesso che Giovanni Paolo II si fermasse a pregare…
Sì, e le posso dire che uno dei ricordi più belli della mia vita risale al secondo giorno della sua prima vacanza sull’Adamello. Wojtyla trovò infatti un grande sasso e chiese infatti di poter fermarsi un momento a pregare: era una giornata bellissima, con il sole e senza un filo d’aria. Noi eravamo tutti attorno e ci sembrava di rovinare il momento solo muovendoci sulla neve… quel silenzio, quella pace, è stato uno dei ricordi più belli ed emozionanti che mi sono rimasti.
Dove andavate a sciare e fare le passeggiate?
In diversi posti, come dicevo prima abbiamo iniziato sul Ghiacciaio dell’Adamello, sopra i 3000 metri. Poi il Monte Bianco, la Marmolada, le Dolomiti, in Cadore, e poi il Gran Sasso in Abruzzo, che piaceva molto a Wojtyla anche perché era vicino a Roma
Ma come faceva il Papa a “scappare” dal Vaticano per venire a sciare?
Partivamo dal Vaticano con due auto, lui già vestito da sci. Arrivavamo a destinazione, noleggiavamo l’attrezzatura, sciavamo cinque o sei ore, mangiavamo e rientravamo. Nessuno sapeva niente, nessuno o pochissimi lo riconoscevano durante queste sciate. Dopo un po’ però la voce si è sparsa ma gli abitanti del posto hanno saputo mantenere il segreto, se no non avremmo più potuto andare…
Giovanni Paolo II amava molto il contatto con la gente, e una volta, mentre stavate sciando, un bambino l’ha riconosciuto…
Sì, è successo dopo un po’ di anni, quando ormai la gente del posto sapeva di queste sue “fughe dal Vaticano”. Se non ricordo male era un martedì grasso, quindi durante le vacanze di Carnevale, e c’erano dei ragazzini che sciavano sulle piste. Uno di questi bambini ha riconosciuto il Papa (forse perché glie l’ha detto uno degli impiantisti), fatto sta che gli è andato incontro e gli ha chiesto «ma tu sei il Papa?», lui gli ha detto di sì e l’ha invitato a sciare per tutta la mattina. La mamma del ragazzino, che stava prendendo il sole, ad un certo punto l’ha visto sciare con quattro adulti e gli ha chiesto cosa stava facendo… lui ha risposto semplicemente «sto sciando con il Papa». La signora, visto il periodo, l’ha preso per uno scherzo di Carnevale ed è tornata a prendere il sole. Quando poi è venuta a prendere il figlio per il pranzo e si è trovata davanti davvero il Papa… stava per svenire! Poi si è fatta benedire.
Giovanni Paolo II amava davvero molto il rapporto con la gente, e io sostengo che la sua vera santità fosse proprio in questo grande bisogno di stare con tutta l’umanità, lui da tutte le persone riceveva qualcosa. Ad ognuno riservava una stretta di mano, una parola, negli ultimi anni bastava il suo sguardo incredibile per dare una grande felicità a tutti, anche alle persone malate o con dei problemi. Questa è la vera santità di Giovanni Paolo II.
Ma lei riusciva ad andarlo a trovare in Vaticano?
Si, la nostra amicizia è durata 21 anni e soprattutto negli ultimi tempi (dal 2001) lavoravo a Roma, quindi l’ho incontrato tantissime volte anche in Vaticano. Avevamo un rapporto diretto, potevo andare alla sua Messa, ci trovavamo spesso.
So anche di un episodio legato alle sue fidanzate… è vero che ne presentava sempre una diversa al Papa?
Diciamo che, essendo un maestro di sci, la mia vera passione era la montagna, la libertà, andare in giro per il mondo. Ho avuto diverse fidanzate ed ero molto difficile da “imbrigliare”. Alcune di queste ragazze le ho presentate a Giovanni Paolo II, che poi mi diceva «ma questa non è quella dell’altra volta», e io «si, ma questa è quella giusta». Mi chiedeva allora quando avrei messo la testa a posto… l’ultimo miracolo Papa Giovanni Paolo II l’ha fatto quattro anni fa, quando da lassù mi ha mandato finalmente la persona giusta. Oggi sono sposato e felice.
Quale è l’insegnamento più importante che le ha lasciato Papa Giovanni Paolo II?
Sicuramente mi ha insegnato questo suo modo bellissimo e intenso di pregare: anche io ho imparato a trovare questi santuari sulle montagne, luoghi belli, mistici, dove regna il silenzio e diventi un tutt’uno con la natura e con il Signore. E poi, parlando “da montanari”, una volta mi ha detto «la montagna ci offre un grande insegnamento: dalla cima si può solo scendere, tornare indietro». Basta riflettere un momento per capire la grandezza di questa frase.
Fonte www.gdp.ch
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