Per loro Francesco, oltre ad essere «la massima autorità, santissima», è l’ultima opzione. Gli operai della Fábrica Militar de Pólvoras y Explosivos Villa María, nel cuore dell’Argentina, le hanno provate tutte pur di tenersi stretto il loro lavoro. Ma la minaccia di 600 licenziamenti incombe. Entro la fine dell’anno molti contratti non saranno rinnovati. Ecco perché hanno usato tutte le risorse in loro possesso, incluso inviare un loro rappresentante a Roma per bussare alla porta del Papa, Gustavo Vílchez, dirigente dell’Associazione dei Lavoratori di Stato.
Francesco lo ha ricevuto la sera di sabato 4 novembre nella Casa Santa Marta, rabbuiandosi in volto nel sentire i suoi racconti. Vílchez, chiamato «Cartucho», ha atteso che il Pontefice finisse la cena. Poi si è avvicinato a lui dopo esser stato presentato da Alicia Peresutti, avvocato del popolo di Villa María e amica di lungo corso di Jorge Mario Bergoglio. Il quale ha abbracciato l’uomo, prendendolo per mano come a voler trasmettere la sua vicinanza a lui e a tutti gli altri suoi colleghi, ai quali ha assicurato il suo sostegno e le sue preghiere.
«Volevo chiederle la benedizione per tutti i compagni e le nostre famiglie e vedere se in qualche modo sia possibile fermare i licenziamenti, non solo i nostri ma anche tutti quelli in Argentina» ha detto Vílchez al Papa, come raccontato a Vatican Insider. «Il Papa, sorpreso dalla notizia, mi ha stretto forte la mano, mi ha detto che dava la sua benedizione a ognuno e che avrebbe pregato per noi, per le
nostre famiglie, per i colleghi, affinché possiamo conservare la fede. Ho visto che era molto stanco e che aveva bisogno di andare a dormire».
Simbolicamente Francesco ha benedetto una maglietta utilizzata dagli operai delle Fabbriche militari. È questa una compagnia statale dedicata alla produzione di polvere da sparo, esplosivi, proiettili, cartucce e altri materiali a uso della polizia (locale, provinciale, federale) e delle forze di sicurezza del Paese. Le quali, però, non acquistano i prodotti delle Fabbriche, come ha lamentato Vílchez: «Comprano tutto all’estero: in Germania, in Italia…».
A causa del calo delle vendite, il Ministero per la Modernizzazione del governo nazionale ha ordinato che seicento lavoratori, su un totale di 2.500, venissero licenziati entro la fine dell’anno. Secondo il leader sindacale è un «enorme svuotamento» che prelude alla chiusura delle fabbriche.
I rappresentanti degli operai hanno chiesto udienza a tutti i leader politici e amministrativi, a deputati, senatori, segretari e anche al ministro della Difesa, Óscar Aguad. Il risultato, tuttavia, è stato sempre negativo. Ecco perché si sono rivolti al Papa. Lo hanno fatto con la speranza che il Pontefice possa condividere le difficoltà di una parte della popolazione del suo Paese natale. «Siamo sicuri che il Papa è attento a persone come noi… Non è estraneo alla situazione in Argentina, a tutto quello che stiamo attraversando con questo governo, ai licenziamenti e alle minacce di licenziamenti futuri», ha detto Gustavo Vílchez.
Bergoglio, ha aggiunto, è «la persona più indicata» a «porre un freno a questa ondata di licenziamenti», problematica che sta investendo tutta l’Argentina. E ha sottolineato che i suoi colleghi erano entusiasti all’idea di appellarsi al Papa «perché molti sono convinti che qualcosa può veramente cambiare grazie a lui».
«Noi – ha concluso Vílchez – crediamo che il Santo Padre abbia grande influenza su ognuno dei responsabili di quello che stiamo vivendo, e non solo per le sue origini argentine. È una delle personalità che, con la sua fede, le sue preghiere, le sue parole, può fare qualcosa di molto importante; è rispettato, amato, è l’unico che può trovare una soluzione a questo momento difficile che vive l’intero paese».
Fonte www.lastampa.it
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