Un “accorato appello… per la pace in Terra Santa” e un minuto di silenzio sono stati proposti da papa Francesco dopo la preghiera dell’Angelus di Domenica, insieme ai pellegrini radunati in piazza san Pietro. Il papa ha chiesto anzitutto di “continuare a pregare” e ha rivolto l’invito ai presenti, ma anche a “quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale”. Il pontefice ha ricordato l’incontro dell’o8 Giugno scorso nei giardini vaticani, a cui hanno partecipato il patriarca ecumenico Bartolomeo I, il presidente israeliano Shimon Peres e quello dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, “insieme ai quali abbiamo invocato il dono della pace e ascoltato la chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza”. E ha commentato: “Qualcuno potrebbe pensare che tale incontro sia avvenuto invano. Invece no, perché la preghiera ci aiuta a non lasciarci vincere dal male né rassegnarci a che la violenza e l’odio prendano il sopravvento sul dialogo e la riconciliazione”.
“Esorto – ha aggiunto – le parti interessate e tutti quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale a non risparmiare la preghiera e alcuno sforzo per far cessare ogni ostilità e conseguire la pace desiderata per il bene di tutti. E invito tutti ad unirvi nella preghiera”. Qui il papa ha chiesto a tutti di pregare in silenzio, per poi continuare: “Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace… Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono”.
In precedenza il pontefice aveva commentato il vangelo della domenica (Matteo 13,1-23), quella del seminatore “che senza risparmio getta la sua semente su ogni tipo di terreno”. Gesù, dice il papa, ha spiegato la parabola: “La semente caduta sulla strada indica quanti ascoltano l’annuncio del Regno di Dio ma non lo accolgono; così sopraggiunge il Maligno e lo porta via. Il Maligno infatti non vuole che il seme del Vangelo germogli nel cuore degli uomini. Questo è il primo paragone. Il secondo è quello del seme caduto sulle pietre: esso rappresenta le persone che ascoltano la parola di Dio e l’accolgono subito, ma superficialmente, perché non hanno radici e sono incostanti; e quando arrivano le difficoltà e le tribolazioni, queste persone si abbattono subito. Il terzo caso è quello della semente caduta tra i rovi: Gesù spiega che si riferisce alle persone che ascoltano la parola ma, a causa delle preoccupazioni mondane e della seduzione della ricchezza, rimane soffocata. Infine, la semente caduta sul terreno fertile rappresenta quanti ascoltano la parola, la accolgono, la custodiscono e la comprendono, ed essa porta frutto. Il modello perfetto di questa terra buona è la Vergine Maria”.
“Questa parabola – ha concluso – parla oggi a ciascuno di noi, come parlava agli ascoltatori di Gesù duemila anni fa. Ci ricorda che noi siamo il terreno dove il Signore getta instancabilmente il seme della sua Parola e del suo amore. Con quali disposizioni lo accogliamo? Com’è il nostro cuore? A quale terreno assomiglia: a una strada, a una pietraia, a un roveto? Dipende da noi diventare terreno buono senza spine né sassi, ma dissodato e coltivato con cura, affinché possa portare buoni frutti per noi e per i nostri fratelli”. Papa Francesco ha poi aggiunto a braccio: “E ci farà bene ricordare che anche noi siamo seminatori. Dio semina semi buoni. E possiamo domandarci: che tipo di seme esce dalla nostra bocca? Le nostre parole possono fare tanto bene e tanto male; possono ferire o guarire, incoraggiare o deprimere. Ricordiamo che è importante quello che esce dal cuore, non quello che entra”. a cura di Ornella Felici