Ad eccezione del debutto della Russia contro l’Arabia Saudita, finora gli incontri sono stati abbastanza bilanciati, anche quelli che hanno coinvolto grandi candidati alla vittoria dei Mondiali. È il caso di Brasile-Svizzera, partita finita con un pareggio.
Uno dei protagonisti dell’incontro è stato l’allenatore della Svizzera, Vladimir Petkovic, che ha saputo organizzare una squadra che ha sostenuto l’offensiva brasiliana.
Petkovic, nato e cresciuto nell’ex Yugoslavia, ha lasciato il suo Paese da giovane quando era già un calciatore, e ha fatto carriera in Europa. A 17 anni ha giocato come professionista in varie squadre svizzere di secondo piano.
Dopo essersi ritirato dal calcio e aver iniziato a fare l’allenatore, ha lavorato per cinque anni per la Caritas, tra il 2003 e il 2008, coordinando i disoccupati. Durante il giorno lavorava con loro e aiutava in un locale gestito dalla Caritas, al pomeriggio dirigeva le divisioni minori della Svizzera, mentre terminava la preparazione per ottenere la licenza di allenatore della UEFA.
All’epoca, mentre portava avanti una grande campagna con il Bellinzona che lo ha portato a giocare la finale della Coppa Svizzera, ha spiegato in un’intervista a SwissInfo.ch: “Oltre al calcio, ho un diploma di allenatore per adulti, e in questo contesto lavoro nel campo dell’educazione, ad esempio con i disoccupati. È un’attività che mi ha permesso di conoscere gruppi di persone molto eterogenei, con cui bisogna stabilire rapporti differenziati”.
“Questo mi ha arricchito personalmente, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei gruppi e dei conflitti. Queste esperienze si sono dimostrate assai preziose per il mio lavoro. Oggi il calcio non è più un lavoro esclusivamente fisico. Richiede anche molta preparazione intellettuale per mettersi nelle condizioni giuste e poi trasmettere le indicazioni nel modo adeguato. A medio termine mi piacerebbe concentrarmi completamente sul calcio, perché la combinazione delle due attività è molto dura, soprattutto a livello mentale”.
L’opera sociale, della quale ha sempre detto di essere molto orgoglioso, è stata di grande importanza quando è stato chiamato nella prima grande squadra in cui ha lavorato, la Lazio. Il presidente del club ha detto allora di aver scelto Petjovick proprio per i valori che aveva, oltre ad altre virtù come il fatto di parlare molte lingue, ideale per un club in cui convivevano più di dieci nazionalità. Dopo un stagione coronata da una Coppa nella quale la Lazio ha battuto in finale la Roma, sua classica rivale, è stato convocato a dirigere la Nazionale svizzera.
Tra le sfide che ha affrontato nella sua patria adottiva, una lo chiamava in causa in modo particolare: una squadra multirazziale, di nazionalità svizzera ma con origini albanesi, bosniache, turche, africane, sudamericane… La sua esperienza da immigrato e il suo lavoro in contesti delicati lo hanno reso un leader ideale per una squadra dal grande potenziale.
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