Altri due grandi paesi in cui l’emergenza sanitaria non lascia intravedere una fine sono Russia e Brasile, quest’ultimo appena salito al secodno posto come numero di vittime dietro agli Usa e davanti alla Gran Bretagna. Due grandi economie emergenti con un alto tasso di crescita dei contagi (mille infettati al giorno solo a Mosca, record di morti nello stato di San Paolo questa settimana) ma è il Brasile a preoccupare davvero anche se l’Oms sostiene che il sistema sanitario “non è ancora sopraffatto”. In entrambi i paesi, comunque, si allevia il lockdown mentre la pandemia infuria. Una dinamica diversa da quella vista in Italia e in Europa.
Il successo contro la pandemia in Asia può essere rivendicato da Corea del Sud e Singapore. Modelli da imitare, almeno nella prima fase. Nelle ultime settimane però, in entrambi i paesi , sono scoppiati focolai che hanno costretto a riconsiderare il ritorno alla normalità. A Seul, dove vive metà della popolazione, il coronavirus è riesploso nei night club e nei bar di Itaewon, in un’azienda di stoccaggio merci poi in un centro commerciale. Il governo sudcoreano ha deciso oggi 12 giugno che le misure di allerta e prevenzione rimarranno in vigore a tempo indeterminato e ha rinviato la riapertura delle scuole. Un’altra lezione per l’Europa perché dimostra oltre ogni ragionevole dubbio di virologo che il coronavirus può tornare facilmente ovunque anche nel più virtuoso dei paesi.
Singapore è stato a lungo indicato come il paese del lockdown morbido che ha ottenuto grandi risultati con app e tracciamento. In realtà, in questo momento, è il paese del sudest asiatico con il più alto numero di casi causa focolai negli alloggi dormitori in cui dormono centinaia di lavoratori immigrati. A inizio giugno hanno ripreso le scuole e molte imprese ma le riaperture continueranno in modo graduale perché si è scoperto che metà dei nuovi casi sono asintomatici e, a dispetto delle avventate dichiarazioni dei tecnici dell’Oms, gli asintomatici fanno paura.
L’Iran merita un discorso a parte anche se non possiamo fidarci completamente dei dati forniti dal regime. O forse potremmo ragionare in altri termini: se persino il regime non nasconde che il 12 giugno si sono registrati 2.369 contagi nelle ultime 24 ore vuol dire che la situazione è seria e non è molto migliorata da marzo, mese in cui l’Iran era il primo paese colpito dall’epidemia assieme all’Italia fuori dalla Cina.
Fonte (Il Sole 24 ore)
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