L’AMORE INFINITO DI DIO
Una vera visione di Dio, – specialmente dopo Gesù Cristo, Verbo incarnato, vero Dio e vero Uomo, nato bambino e morto povero per noi, perdonandoci e scusandoci sulla Croce – non può dubitare del fatto che tutta la storia dell’umanità, e di ogni uomo, va letta in quest’ottica: ho in cielo un Padre buono, che è l’Amore in Se stesso, che è mio babbo, che veglia su di me, che trasforma tutto in bene se credo in Lui, alla Sua Parola, se ricorro a Lui, se pongo la mia fiducia in Lui, se Lo invito a fare ciò.
Senza questa visione di bambini che confidano in Dio, non si può entrare in cielo: «Se non ridiventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18, 3). Ora questo Regno è l’Amore in se stesso, è la luce in se stessa, è la pace in se stessa.
È questo che ci vuol far capire la vita di santa Veronica. Lei, affidandosi, conoscendo bene il suo nulla, anzi il nulla di ogni creatura davanti al “tutto” del Creatore, è stata portata a «nuotare in Dio», a «fondersi in Dio» nell’Amore fino a concludere la sua beata esistenza con queste parole, già citate: «L’amore si è fatto trovare! Questo è il segreto del mio patire! Ditelo a tutte, ditelo a tutte!».
Sì, solo per amore si accetta e si capisce il patire. Perché?
Perché Dio è Santo; e la Vita Eterna è l’unione con Dio, con «Il Santo», con La Santità stessa. Non potremo unirci a Lui, se siamo ancora macchiati. Ecco il motivo del dolore, del patire, che ci purifica per unirsi a Dio, per fondersi e bearsi in Lui per tutta l’Eternità; ma anche già da adesso, a misura della nostra accettazione e sopportazione di questa purificazione, dovuta a causa del peccato.
Con questa ottica, umile e verace, si capisce che la sentenza di Dio sul primo uomo, dopo il peccato originale, non va vista come punizione, bensì come rimedio: è la via indispensabile per la purificazione degli effetti disastrosi del peccato.
Ecco anche il motivo del purgatorio, verso il quale – al dire della Santa – corrono le anime contente, malgrado le pene, per purificarsi e poter godere dell’abbraccio eterno di un Dio così bello, così buono, così puro, così Santo. Le anime del purgatorio si comportano così perché hanno visto, nel giudizio particolare subito dopo la morte, la verità di questo Dio buono, misericordioso, offeso dai peccati, e hanno visto palesemente l’orrore del peccato che macchia l’anima rendendola incapace di avvicinare «E Santo», e perciò si affrettano al rimedio.
Questo ci svela santa Veronica nella sua esperienza. Beati noi se, pur non vedendo, crederemo a ciò: «Beati quelli che crederanno pur senza aver visto» (Cv 20, 29).
Ecco anche il motivo dello stesso inferno, che non è punizione, ma è una conseguenza inevitabile per coloro che rifiutano questo amore, che non credono, che non accettano di lasciarsi purificare, che non vogliono l’«ordine» stabilito da Dio per la Vita Eterna, tramite i Suoi Comandamenti e le Sue Leggi che sono leggi di vita, d’amore, e trascurandole si perde la vita perché si rifiuta di accettare le regole del Paradiso.
Dio, nel suo infinito amore, non obbliga l’uomo che ha creato, ma nemmeno lo distrugge, perché la vita è un dono, e «i Doni di Dio sono irrevocabili» (Rm 11, 29), ma insegnandoli la Verità, invita l’uomo a scegliere la vita: «Ti ho messo davanti la vita e la morte; scegliti la vita» (DI 30, 19); e in questa verità, gli presenta anche l’inferno, non per minacciarlo, ma per fargli intendere il risultato delle sue scelte, della sua disobbedienza, per aiutarlo a rifiutare il peccato, per spingerlo a lottare, per il suo bene… dunque glielo presenta «per amore, per misericordia, per giustizia», affinché l’uomo non possa un giorno lamentarsi di Dio accusandolo di non avergli fatto sapere ciò, di averlo lasciato nel buio, senza la luce totale della verità.
Ecco il ruolo importantissimo di santa Veronica! Ecco il suo contributo al «trionfo dell’amore». Sì, Dio è Amore; sì, il Paradiso è stupendo; ma, nello stesso tempo c’è anche l’inferno per chi non crede al Paradiso, per chi non lo pensa e non lo desidera e non vuole sacrificare certe vanità per meritarselo, per chi rifiuta questo Amore, che è anche ordine, obbedienza: «Chi mi ama osserva i miei comandamenti» (Gv 14, 23). «Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato» (Gv 14, 24).
Ma il demonio e la nostra natura umana superba vogliono farci vedere le cose al rovescio.
E perché?
Il demonio, perché è il «padre delle menzogne» (Gv 8,44), ci odia e vuole farci credere che Dio non è Amore se crea l’inferno, o, peggio ancora, che Dio è falso e l’inferno non esiste.
La nostra natura umana, sia perché è superba, autosufficiente e indisciplinata e cerca una falsa libertà che non vuole sottomettersi alle leggi di Dio, sia perché è ferita e debole e non vuole tralasciare le sue delizie, i cosiddetti «piaceri», gioie…
Sì, l’uomo è creato per la felicità, e perciò la cerca spontaneamente; ma leggendo gli Scritti della Santa, e meravigliandosi di questo Dio regnante, dominante, operante, oceano infinito d’amore, di luce, di pace… inizieremo a vedere molto più meschine e effimere le nostre “gioie”, i nostri “piaceri”, a vedere anzi la loro pericolosità, il veleno nascosto come nel frutto del giardino dell’Eden che era «bello e piacevole» (Gn 2, 6), e convincersi della vanità di questo mondo passeggero; e allora inizieremo a dire con san Francesco: «Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto».
Quanto sono vere queste parole! Come le ha vissute bene la Santa!
Anche lei, per eccesso di luce e di amore e di conoscenza di Dio, piangeva come san Francesco perché «d’Amore non è amato». Avrebbe voluto correre per il mondo intero a gridare che Dio è Amore, un Dio Creatore, Redentore, che, per Sua natura, non può che dare, amare, fino alla pazzia, alla follia della croce che Veronica ha toccato e descritto; e a gridare anche la penitenza e la conversione, per poter gustare ciò: «Convertitevi, il Regno dei cieli è vícino!» (Mt 3, 2).
Leggiamo qualche brano di questo «poema d’amore» quasi unico che è sparso nel Diario di questa «eletta tra gli eletti»:
– «… Più l’abisso del mio nulla è profondo, più mi riposo nella considerazione degli attributi divini. Mi fermo su quello della misericordia e, come in uno specchio, vedo di quale amore Dio mi ha amata e mi ama ancora. Io spero in questo amore…».
– «Ho sperimentato l’amore. La mia anima è immersa nell’immensità di questo mare; l’amore trasforma la mia anima nell’amore stesso. La mia anima è in Dio. Dio è nella mia anima. Dio parla con la voce del silenzio, l’anima risponde, ma la sua risposta è l’eco della voce di Dio, che in lei ama se stesso. La mia anima, con l’amore, sembra che conosca Dio in Dio stesso e condivida la sua felicità eterna. Dio la tira a Sé con trasporti, slanci, rapimenti, frutti dell’amore, e la conoscenza nuova di Dio produce una nuova trasformazione in Dio».
– «O padre della mia vita, sposo dell’anima mia, cuore del mio cuore, tornate nel mio cuore!… stelle che splendete davanti a Lui, ditegli che io languisco d’amore…».
Dio godeva degli ardori della Santa, ritornava, la consolava: «Sono l’Amore in persona; Io t’amo e ti porto nel mio Cuore. Il mio Cuore è la vita del tuo. Tu sei la Sposa del mio Cuore!». Le chiede: «Questo cuore che vedo nel tuo petto, di chi è?». «Vostro o Signore». «Allora me lo prendo». E lo fa riporre sul Cuore di Maria che è presente; poi lo ripone sul proprio petto. «Ed ora qual è il mio cuore?», domanda la Santa. E Gesù risponde: «Il tuo cuore sono io… ti ho trasformata in Me; tu sei divenuta Me stesso».
Quante volte arrivava all’unione: prima parla di «unione strettissima» nella quale l’anima si sente attratta come il ferro dalla calamita, «legata» dolcemente, «ingolfata» nel mare dell’amore di Dio; più tardi aggiungerà l’esperienza di sentirsi ««uniformata», “trasformata» in Dio; e nell’ultima tappa, quando riceve in ogni comunione la «grazia delle tre grazie», raggiungerà il culmine dei saggi dell’unione dei beati nel cielo: è il momento delle «comunicazioni intime» che passano tra Dio e l’anima, quindi ineffabili. «Non si possono descrivere», afferma, ma riesce a riferire al confessore gli effetti che lasciano in tutta la persona.
«…in un istante mi è parso di sentire infondere il Divino Amore in tutta l’anima mia; ed ella farsi una stessa cosa col Divino Amore… non sapevo se ero in cielo o in terra; avevo cognizione di me stessa, parevami di essere il più vile vermicciolo della terra… vedevo che sono nulla. A questo mi si aggiungeva la vista di tante ingratitudini… un Dio tanto benefico, tanto grande, tanto misericordioso essere stato tanto offeso da una ingrata creatura!… ero assorta in Dio… vedevo i Divini attributi di Dio… Iddio era mia memoria, Iddio era mio intelletto, Iddio era mia volontà; tutto Iddio nell’anima, e tutta l’anima in Dio. Di quello che ho provato in questi momenti, non se ne può parlare… l’anima mia restava via più distaccata da tutto quello che non è Dio… parevami di stare come in una fornace…
«L’umanità patisce tanto in queste operazioni del Divino Amore… voleva lagnarsi… ma stava cheta, e lo spirito gridava forte: O Amore! O Amore! O Amore, tanto poco conosciuto dalle creature e da me, in particolare! No, No; non sarà più così, perché voglio voi solo e con voi resto…
– «…l’anima ha sperimentato in sé, in quel punto, certe operazioni del Divino Amore… parevami di notare in Dio quella sua immensità di amore infinito che si manifestava a quest’anima; ed essa, per via di quelle comunicazioni intime fra Dio e l’anima, restava tutta unita al sommo bene… era tutta, in tutto, trasformata nel suo Dio di amore… e l’amore medesimo operava in lei, e per lei tutta immersa in Dio che si comunicava tutto ad essa… queste cose non si possono mai spiegare con parole… solo dico che l’anima, in quel punto, resta così assorta in Dio, che, tornata ai propri sentimenti, le pare ogni cosa novità! Oh! Che pena le è il vedersi così carcerata in questo corpo mortale! Resta una nausea di tutte le cose terrene…
– «…mentre l’anima stava tutta nuotando nel mare immenso della Divinità, in quel istante, si è rappresentato avanti l’anima mia Gesù, in quel modo che uscì alla luce per redimere noi peccatori… in quel punto vi fu un non so che in questa anima; parvemi mi mutasse in un’altra; e mi pare che, in quello stesso punto, Iddio mi ponesse in Sé e riempisse questo cuore e questa anima tutta di amore. Sentivo certi impulsi che levavano me da me, e nel tempo medesimo mi sentivo essere tutta unita al Sommo Bene… ».
Caro lettore, il Diario è arcipieno di questo linguaggio sublime. Un bene così grande merita un po’ di penitenza, di astinenza.
E se non sarà possibile imitare la Santa in tante cose, voglia Dio che questi Scritti ci aiutino ad umiliarci profondamente, accorgendosi a quali livelli Dio chiama l’uomo, creato a Sua immagine e somiglianza, e come invece siamo ancora strisciando nel fango dei falsi piaceri che ci offre il mondo e il principe di questo mondo.